Monaco Italia Magazine: intervista sulla nostalgia



Italiani all'Estero, Nostalgia : Come Superarla? Ft.Slawa Bowman
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di Angela Valenti Durazzo – La nostalgia e la lontananza da casa. Nelle località francesi a pochi chilometri dal confine italiano, nella sfavillante ed esclusiva Monte Carlo, nelle apprezzatissime città turistiche di Nizza, Cannes ecc. Non si può dire che gli italiani che scelgono di trasferirsi a Monte Carlo ed in Costa Azzurra rispecchino la figura del classico emigrante, alle prese spesso con giornate fredde e piovose e con un paesaggio e consuetudini poco mediterranee.
Niente a che vedere insomma con quanto prova il protagonista del film “Quo Vado”di Checco Zalone, pugliese emigrato in Norvegia che guardando alla tv Albano e Romina tornati nuovamente a cantare assieme, esclama commosso “io qua mi sono perso tutto questo!” per poi concludere “La madre terra Italia comincia a far sentire il suo richiamo”.
Il suo richiamo, infatti, la madre terra Italia lo fa sentire un po’ da per tutto nonostante la gran parte delle persone siano soddisfatte della propria scelta.
A gennaio 2017, gli iscritti all’AIRE, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, risultavano a livello mondiale 4,9milioni (il 3,3% in più rispetto al 2016). Circa il 41 per cento di questi tra i 25 e 39 anni.
Si parla spesso di fuga di cervelli ed in generale di chi trova una sistemazione stabile oltre confine. Come si rapportano dunque queste persone con la propria patria? Quanto e quando sentono nostalgia per l’Italia? Lo abbiamo chiesto a Massimo Felici, psicologo e psicoterapeuta che vive e lavora a Nizza.
Nel mio lavoro – ci ha spiegato – ho incontrato poche persone che non vogliono assolutamente tornare indietro, girerebbero tutto il mondo senza alcun problema e non sembrano avere nostalgia di casa, ma nella maggior parte dei casi le persone esprimono nostalgia della loro città, della loro casa, degli affetti rimasti in Italia”.
Dottor Felici da chi ed in quali occasioni si fa sentire la nostalgia?
La nostalgia viene avvertita da persone che nella gran parte dei casi sono più che convinte della loro scelta avendo magari un buon lavoro, un buono stipendio ed una vita soddisfacente qui. Tanti giovani fanno un colloquio in Francia, dopo 15 giorni magari vengono assunti, ma dentro di loro l’avvertono come una soluzione temporanea. “Sto qui un paio d’anni e poi torno a casa” è il pensiero di molti. Ma dopo due o tre anni si rendono conto della difficoltà di tornare indietro essendo oramai ben sistemati. E’ in quel momento che avviene il distacco ed anche la consapevolezza di essersi incamminati in un’autostrada che dall’Italia portava alla Francia e che in seguito potrebbe portare anche in altri Paesi Europei. Superata una certa frontiera, infatti, il mondo si apre.
Ed è in questa fase che può subentrare la nostalgia?
E’ in questa fase che realizzo che sono qua e devo scegliere se mettere radici, di conseguenza può intervenire un momento di crisi nonostante si tratti di persone in gamba che però non sono a casa loro, quindi si devono ambientare. Occorre imparare bene il francese poiché molti sul posto di lavoro parlano in inglese; i legami sentimentali a distanza diventano difficili da gestire ed entrano in crisi e dall’altro lato creare delle nuove relazioni non è così scontato ed immediato per tutti. Inoltre avere trovato rapidamente un posto di lavoro ed uno stipendio comporta un’accelerazione dei tempi: si compra casa, ci si sposa, si fanno i figli e quindi cambia tutto.
Tutti ad un certo momento proviamo nostalgia?
Per quello che ho potuto osservare solo una piccola parte fa saltare i ponti con la propria terra. Queste persone negano la nostalgia, si tratta per lo più di un atteggiamento difensivo. La gran parte invece sente la mancanza della propria città, della casa, dei parenti, del cibo, degli amici d’infanzia.
Cosa occorre fare a questo punto?
La nostalgia va elaborata se no può togliere energie ed annichilire la persona. Se non viene elaborata è come un elastico che si tende e poi torna indietro, quindi fa male. Occorre allora affrontare il punto e costruire dei legami, metaforicamente costruire la propria casa. La nostalgia fa parte di un percorso nel quale occorre aprirsi se no si rischia di confinarsi in una mattonella ristretta.
Ed i legami fra italiani all’estero?
E’ importante mantenere e coltivare nel tempo i legami con i connazionali e con le proprie origini, ma se stare esclusivamente fra connazionali all’inizio è rassicurante alla lunga può diventare asfittico. Dobbiamo accettare la consapevolezza che siamo in cammino ed apprezzare sia la nostra comunità ed il nostro Paese che le belle cose che ci sono dove ci siamo trasferiti, che per quanto riguarda la nostra realtà sono: lavoro, buon cibo, cultura, teatro, sole, mare ecc. Inoltre qui ci sono molte occasioni di uscire anche senza spendere nulla, ci sono iniziative e luoghi aperti a tutti. Quando lo si fa è come se si superasse davvero la frontiera.
Italiani all'Estero. La Nostalgia: Come Superarla?
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40 anni fa veniva promulgata la Legge 180, cosiddetta Legge Basaglia

    
Franco Basaglia
 
Il 13 maggio del 1978 veniva promulgata la legge n° 180 in tema di "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori". Tale legge è comunemente conosciuta come Legge Basaglia, dal nome dello psichiatra che si era tanto battuto per la riforma dei manicomi in Italia.
Ma chi era Franco Basaglia? Nato a Venezia nel 1924, studia medicina a Padova e poi si specializza in malattie nervose e mentali. Per me, padovano di studi, ha sempre rappresentato una figura mitica di "rivoluzionario" psichiatra, coraggioso medico capace di umanizzare una istituzione "totale" come il manicomio.
La rivoluzione di Basaglia ha origine nell'anno 1961, poco dopo la libera docenza in psichiatria, quando rinuncia alla carriera universitaria per dirigere l'ospedale psichiatrico di Gorizia.
Lui stesso descrive l'impatto con la realtà ospedaliera di Gorizia traumatico e durissimo, i malati sono sedati farmacologicamente, contenuti (legati), lasciati in stanzoni a vegetare...
Sconvolto, sente di dovere affrontare questa realtà di emarginazione. E' molto colpito dall'esperienza della comunità terapeutica di Maxwell Jones e decide con altri giovani medici di trasformare l'ospedale psichiatrico da luogo di alienazione a spazio di cura e parola per i pazienti ricoverati.
Getta alle ortiche il vecchio "strumentario" di cura: massicce dosi di farmaci, contenzione ai letti, elettroshock, porte chiuse a chiave...
I medici ed il personale tutto si rapportano ai malati soprattutto con la parola, d'ora in poi i pazienti saranno trattati come uomini e donne in crisi, persone sofferenti con la loro imprescindibile dignità.
Non solo, successivamente Basaglia introduce all'interno dell'ospedale atelier di pittura e teatro e una cooperativa di lavoro che coinvolge e retribuisce i malati.
Questa rivoluzione si concretizza nel libro "L'istituzione negata", dirompente volume che si colloca storicamente proprio nell'anno 1968.
Per Basaglia il manicomio va chiuso e vanno realizzati servizi sul territorio per avvicinare i malati mentali, senza strapparli dal contesto sociale e familiare in cui vivono.
In questo senso il manicomio aveva sempre nascosto allo sguardo dei cosiddetti "normali" i "matti", la malattia mentale, creando una barriera di fatto invalicabile e rassicurante per i "sani".
nel 1973 Basaglia passa al manicomio di Trieste e ne diviene direttore. Nello stesso anno fonda il movimento Psichiatria Democratica, che darà spazio a tanti giovani psichiatri, convinti che nella relazione tramite la parola con i pazienti, si nasconde un potente elemento della cura.
Basaglia ha creato le condizioni, soprattutto politiche, per la promulgazione della famosa legge 180, che il Parlamento Italiano approva nel 1978, legge ancora in vigore per l'assistenza psichiatrica.
Successivamente Basaglia è chiamato a Roma a dirigere i Servizi Psichiatrici della Regione Lazio.
Come non ricordare anche Franca Ongaro, moglie di Basaglia e sua instancabile collaboratrice, e dopo la sua morte divulgatrice del suo pensiero, anche politico, come senatrice.
Così pure vorrei ricordare Giovanni Jervis, altro psichiatra formatosi con Basaglia all'ospedale di Gorizia, di cui ho studiato con grande passione il "Manuale critico di psichiatria".
Vorrei anche ricordare l'ottimo film prodotto da Rai Uno: "C'era una volta la città dei matti...", dell'anno 2009, che narra l'esperienza di Franco Basaglia e la drammatica realtà degli ospedali psichiatrici prima della legge 180.


I dolori del corpo


Si parla sempre molto di somatizzazione: ovvero una sofferenza che percepiamo consapevolmente o a livello inconscio e che non riusciamo ad esprimere emotivamente e con il tempo ci fa ammalare. In questa lettura, malesseri e dolori sono secondari ad emozioni eccessive o non riconosciute che agiscono sulla persona. Un "sintomo" sempre molto importante e spia di un disagio più profondo è, ad esempio, l'insonnia. Cosa ci tiene svegli, quali preoccupazioni ci portano all'insonnia? Ovviamente intendo insonnia protratta nel tempo, una notte agitata capita a tutti. Tanti pensieri, dolorosi o fonte di dubbi portano all'emicrania, la testa fa male perché non sappiamo come agire. Il mal di schiena spesso è legato ad un peso psicologico che non si vuole o può sopportare, qualcosa di troppo. Che dire poi del raffreddore, a volte capita senza apparente infreddatura, magari siamo delusi e spossati, oppure il mal di gola: vorremmo forse urlare qualcosa ma non possiamo-vogliamo...! E l'influenza? Ricordo un mio professore che a mo' di battuta diceva: "Che cosa ti "influenza" così tanto da farti stare male...? Che dire poi delle sofferenze legate al nostro stomaco: cosa non riusciamo a digerire (psicologicamente) o quale persona ci intossica, sino ad arrivare alle dolorosissime coliche che di certo veicolano tanta rabbia inespressa verso qualcosa o qualcuno. Per non parlare del cibo, troppo o troppo poco, ma ora potremmo aggiungere anche quanto male si mangia, per ansia, svogliatezza, solitudine. Il vomito, spesso è davvero provvidenziale perché ci permette di espellere qualcosa di tossico ma ci dice anche che dobbiamo "rigettare" qualcosa che non possiamo più assimilare. E' esperienza di molti che le pene d'amore incidono fortemente sulla nostra alimentazione: c'è chi mangia il doppio e chi ha lo "stomaco chiuso" e perde peso. Per non parlare della pressione alta o delle tachicardie, legate a scelte difficili della propria vita. La fame d'aria, i dolori al petto (intercostali) segnalano un peso eccessivo della vita, paure o problemi percepiti come insormontabili. Dolori muscolari, crampi, male alle articolazioni e artrosi indicano rigidità della persona che mal si addicono per affrontare la vita. Stitichezza e diarrea sono all'opposto ma stanno ad indicare qualcosa di importante che non riusciamo ad espellere o che dobbiamo allontanare da noi con violenza... Va da se che il nostro sistema immunitario, delicato e complesso, se viene messo a dura prova lascia aperta la porta a innumerevoli sofferenze come la febbre, che non è una malattia ma il segnale d'allarme di qualcosa che non va. Sta a noi comprendere cosa scatena questa febbre, infezione, allergia, dolore muscolare... Per non parlare delle allergie, sono in aumento vertiginoso, certo ci sono i pollini e le graminacee, ma troppi bambini e ragazzi soffrono di allergie talvolta violente che creano difficoltà respiratorie. Il respiro rappresenta lo scambio con l'ambiente dentro-fuori, ebbene che rapporto abbiamo con la realtà che ci circonda e cosa ci portiamo dentro? 
Queste suggestioni vogliono essere soltanto una possibile lettura di molte sofferenze del nostro corpo, un modo per dare senso anche all'intervento del medico e non accontentarsi solo dei farmaci per tamponare-curare i sintomi.
Accettare che la malattia porti anche un senso e non sia solo un "accidente" o una sventura, potrebbe permettere di capire qualcosa di più del nostro modo di vivere, di ciò che desideriamo e di ciò che vorremmo tenere lontano dalla nostra vita emozionale ed affettiva.

I 5 punti più importanti dell'eredità di Freud



Massimo Recalcati

Inserisco il filmato dell'amico e collega Massimo Recalcati, sull'eredità di Freud.
Buona visione...

https://www.youtube.com/watch?v=ut774f4Fxfs