Il disturbo di separazione, l'ansia di separazione

La psicologia conosce bene e da lungo tempo una sofferenza dei bambini che viene chiamata "ansia di separazione".

Ansia che può presentarsi anche in bambini piccoli, pur se molte osservazioni cliniche riguardano età verso gli 11-12 anni.
Nucleo centrale è l'ansia provocata dalla separazione dei genitori e il conseguente timore di non sapere in quale casa vivere, con chi e in quale "clima" familiare.
Spesso quest'ansia viene percepita in maniera indiretta e secondaria, dato che il bambino o la bambina iniziano a manifestare disagio rispetto alla scuola che, di fatto, è il loro "lavoro" quotidiano.
Parliamo ovviamente di situazioni protratte nel tempo, con caratteristiche strutturali, dato che momenti di difficoltà verso la scuola o ansia di separazione, fanno parte del vivere di ogni essere umano, in relazione con altre figure, anche genitoriali.
Dato che i genitori perfetti non esistono (per fortuna), non esistono nemmeno figli o figlie perfetti...
In tali situazioni è anche possibile che si manifestino sintomi psicosomatici nei bambini e ciò potrebbe paradossalmente allertare con maggiore efficacia taluni genitori.
Va da se che la reazione dei genitori, separati o conviventi, può fare la differenza rispetto a tale sofferenza.
Se la reazione dei genitori implica il farsi carico della difficoltà, soprattutto condividendo il "peso" di interventi di rassicurazione sul bambino, l'ansia potrebbe tornare a livelli tollerabili da parte del bambino.
Sappiamo però che tale contingenza, in coppie conflittuali, può incrementare il livello di rabbia e svalorizzazione dell'altro genitore, colpevolizzato "unilateralmente" per quanto accade.
Così si butta benzina sul fuoco della sofferenza del bambino, e Gardner ce lo ha insegnato bene, in breve tempo l'alienazione di un genitore è cosa fatta e la PAS si può "installare" a pieno diritto.
   


Incontri sui disturbi del comportamento alimentare: anoressia, bulimia ed obesità


La rilevanza epidemiologica dei disturbi alimentari su più fasce di età, pone oggi una serie di interrogativi alla psicologia, sia da un punto di vista clinico che teorico.

Se consideriamo l'anoressia, la bulimia e l'obesità, alcune tra le nuove manifestazioni del disagio contemporaneo, può essere utile scandirne una lettura aggiornata che tenga conto delle loro attuale fenomenologia e delle possibili correlazioni con altri quadri sintomatici. In questi incontri vengono trattate le specificità delle relazioni esistenti fra stati psicologici e possibile sviluppo di dipendenze alimentari.


anoressia ed infanzia:

si tratterà della specificità dell'anoressia infantile rispetto a quella adulta, si metteranno in evidenza gli elementi comuni e ciò che crea una differenza legata alla particolare posizione infantile. Si parlerà della funzione genitoriale, soprattutto per quel che riguarda il riconoscimento dei desideri dei bambini, che non sempre coincidono con le loro domande, a volte impossibili.


anoressia ed adolescenza:

l'adolescenza racchiude al suo cuore una delle fasi più traumatiche e rivoluzionarie della vita dell'essere umano: la pubertà. Si tratta di un tempo in cui si verifica il riemergere delle pulsioni dopo la fase di latenza.

La repentina trasformazione del corpo trascina il soggetto a confrontarsi, spesso prematuramente, con la propria identità sessuale. Il rapporto che giovani adolescenti anoressico-bulimiche intrattengono con lo specchio, oggetto amato o detestato, rivela come l'immagine riflessa del corpo ritorni loro con effetti di estraniazione e profonda angoscia. Cosa ha impedito loro di arrivare sufficientemente preparate a questo salto esistenziale al punto che vi possono rispondere con l’anoressia o la bulimia? Nel corso degli incontri verranno affrontati i punti che strutturano ed influenzano la lettura che queste ragazze fanno del trauma della pubertà: l'incidenza della madre nel suo rapporto con la femminilità, il peso di una stile di vita che sempre meno tiene conto della fragilità e dell'incertezza in cui l'adolescente è immerso, trascinandolo verso ruoli, atteggiamenti, scelte che ancora non è in grado di fare. Il dato statistico che coniuga l'insorgenza dell'anoressia-bulimia con l'epoca adolescenziale mostra infatti come questi sintomi siano degli “espedienti” per attraversare la crisi puberale.


anoressia e femminilità:

i disturbi alimentari sono notoriamente correlati ad una preoccupazione eccessiva che il soggetto rivolge nei confronti dell'immagine corporea, immagine che, in modo particolare nella nostra cultura, si vuole fare aderire all'ideale estetico dominante che pone come modello la magrezza del corpo. Questo ideale ha un'incidenza particolare nel mondo femminile, in quanto rende la donna suscettibile o meno di occupare la posizione di oggetto del desiderio maschile. Il rapporto col desiderio e con la sessualità è chiaramente al centro di questo disagio, mostrando tutti gli aspetti sintomatici che legano il soggetto femminile ad uno sviluppo psicologico particolarmente complesso. In realtà, l'amenorrea stessa, che accompagna stabilmente le varie forme di anoressia, testimonia sintomaticamente gli effetti di una chiusura alla via materna e femminile (vedi nuove sterilità), e ci porta ad interrogarci sul fatto che in questi quadri sintomatologici, appaia un certo rifiuto, non solo delle capacità riproduttive proprie della donna, ma anche dell'assunzione di un corpo che, in quanto femminile, tenga conto del piano della differenza sessuale.

Non a caso, l'anoressia-bulimia si manifesta spesso come esito di una disfunzione del legame madre-figlia, enfatizzato dalla carenza del ruolo paterno che sempre più caratterizza l'attuale contesto socio-culturale. La diffusione del disagio riguarda il mondo femminile in tutte le fasce d'età, da quella adolescenziale all'età adulta. Così come il menarca, nella pubertà, segna un momento particolarmente delicato nella sviluppo psico-affettivo, anche la menopausa è oggi una causa ricorrente dell'insorgenza tardiva del disturbo alimentare. Inoltre, i nuovi contesti familiari, che si differenziano dalla famiglia tradizionale anche per il cambiamento del ruolo sociale delle donne, hanno determinato una nuova configurazione e una nuova ridistribuzione dei ruoli all'interno della famiglia che mostra come la popolazione di sesso femminile sia oggi più che mai divisa all'interno di diversi ambiti: da quello materno a quello affettivo e professionale.


il trattamento della famiglia:

l’incontro sul trattamento della famiglia si propone di delineare innanzitutto i fondamenti teorici del lavoro con genitori e con le famiglie. Si evidenzierà, anche attraverso esempi clinici, l'importanza dell'utilizzo dei concetti fondamentali della psicoanalisi e si affronteranno le principali

caratteristiche dei diversi contesti familiari, esaminando sia le diverse caratteristiche di padri e madri sia, in un secondo momento, le logiche familiari più frequenti nelle famiglie di soggetti anoressico-bulimici.



come orientarsi di fronte ad una persona che chiede aiuto:

le persone anoressiche o bulimiche raramente chiedono aiuto, quasi sempre la domanda di cura è una domanda preoccupata della famiglia, o della scuola. Questo spiega l'importanza cruciale che nell'anoressia-bulimia occupa il trattamento della persona sofferente con un lavoro preliminare antecedente e strutturante la cura stessa. L'accoglienza si basa su una serie di manovre cliniche che accompagnano e sostengono il paziente nell'avviarsi di un discorso di tipo terapeutico. Se si salta questo snodo logico la cura e' destinata al fallimento.

Nel corso dell'incontro saranno esaminate, in modo dettagliato, le ragioni per cui questo tipo di pazienti vada pensato come sempre "in difetto" di domanda, e i criteri minimi per orientarsi nella difficile evenienza di dovere fare fronte ad una richiesta di aiuto da parte di una persona che presenti tale sofferenza.

Cibo e cultura


Il rapporto con il cibo è basilare per l’essere umano, sia dal punto di vista propriamente nutritivo che culturale ed emotivo.
Il latte, sia materno che del biberon, che è il suo sostituto, è il primo cibo con il quale il bambino prende contatto nella sua vita. E’ un cibo assolutamente privilegiato dato che adempie a varie funzioni: non solo nutre, ma attorno ad esso viene organizzato il rapporto con la madre, a cominciare dal pianto dovuto alla fame ed alla soddisfazione successiva all’essere stato nutrito, e per il tramite della nutrice stessa, indirettamente in rapporto a tutto il resto del mondo.
Possiamo dire che il bambino è soddisfatto dal latte che assume, tanto quanto dal rapporto con la madre che lo nutre.
Proprio tale funzione materna introduce il bambino in un mondo che ha un certo tipo di funzionamento, dove vi sono giorni e notti, degli orari, dei momenti per il gioco, per il sonno e per il cibo. Vale a dire che la madre adempie ad una funzione nutritiva, ma soprattutto di mediazione culturale e sociale.
Il valore sociale del cibo è parte importante della tradizione culturale dei popoli, si trasmette da una generazione all’altra e conforma un tratto di identità. Di fatto molti rituali religiosi, e non, includono cibi e bevande. I festeggiamenti di solito hanno luogo attorno ad una tavola ricca di cibo. L’importanza del banchetto (convivio) è innegabile, la tavola familiare costituisce un luogo fondamentale di incontro, di scambio e di legame affettivo.
Possiamo dire che il cibo è così pervasivo nella nostra vita e nella nostra cultura da costituire un “organizzatore emotivo” insostituibile con cui noi tutti dobbiamo fare i conti, bene o male.
E’ risaputo che in un viaggio in India o Estremo Oriente perderemo peso, in un viaggio negli USA prenderemo peso; per fare contente mamme e suocere prenderemo peso e… il migliore farmaco anti-depressivo è la cioccolata.
L’assunzione di cibo poi è strettamente connessa con il numero che la bilancia ci rimanda: il peso corporeo, gioia per molti o tormento forse per i più…
Del resto ciascuno di noi ha avuto, o ha, momenti conflittuali con il cibo o con particolari tipi di alimenti, senza che in ciò si possa ravvisare un qualche sintomo o patologia non meglio definita.
Tali momenti spesso sono strettamente legati a situazioni emotive e familiari, di fronte a cambiamenti attesi o meno nella nostra vita. E’ esperienza comune che le pene d’amore fanno perdere peso, il matrimonio invece fa prendere peso, una figlia/o che non mangia fa arrabbiare tanto la mamma e conferma la natura sovversiva del digiuno in ogni comunità umana.
Del resto è risaputo che con lo “sciopero della fame” ci si vuole sottrarre al carceriere, al padrone, al potere… spesso ravvisato nella mamma o nella famiglia.
Se gettiamo uno sguardo sulla cultura del cibo ai nostri giorni, potremo fare alcune riflessioni interessanti. 
L’offerta di cibo è quanto mai varia, in termini di qualità (cibo regionale, nazionale o etnico) e quantità, ed aggiungerei di fruizione nel tempo: infatti è possibile mangiare (ora anche da noi in Italia) a qualunque ora del giorno e della notte.
Le coordinate culturali sembrano essere quattro: cibo genuino, etnico, “fast food” e  biologico.
I cibi genuini sono identificati come gustosi e semplici, a valenza regionale, soprattutto paste o riso, pesce e carni, insaccati, formaggi, latticini, il farro (il cibo dei legionari romani), lenticchie e funghi.
Il cibo etnico ha soprattutto valenza culturale, un po’ di tendenza, un po’ tanto per cambiare, ma non ha molta presa rispetto alle nostre cucine regionali forti e molto connotate.
Il “fast food” sull’esempio di McDonald’s è un cibo uguale in qualunque parte del mondo, calibrato e standardizzato sul modello culturale americano. E’ noto che tale alimentazione comporta un eccesso di calorie, ed è negativo per la grande quantità di caffeina e, soprattutto, zuccheri e grassi contenuti nei cibi, ma è molto apprezzato dai ragazzi e dagli adolescenti e… non solo.
McDonald’s ha inaugurato il filone del cibo-spazzatura: il “fast food” va di pari passo con la cultura dell’usa e getta, non a caso McD produce montagne di rifiuti ogni giorno in tutto il mondo. A tale proposito è interessante la creazione in Italia nel 1986 dell’Associazione “Slow food”… il cui nome dice tutto. 
Il cibo biologico considera l’intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo e promuove la bio-diversità dell’ambiente in cui opera ed esclude l’utilizzo di prodotti di sintesi e OGM.
Per completezza va fatta menzione anche della pratica dell’happy hour, espressione inglese che significa letteralmente "ora felice", ed è la fascia oraria in cui alcuni bar e altri esercizi pubblici praticano sconti, tipicamente sulle bevande alcoliche e sui salatini.
È una pratica di promozione delle vendite nata nei paesi anglosassoni per attirare la clientela nei pub dopo l'uscita dal lavoro, velocemente importata in Italia. Di fatto per molti l’happy hour sostituisce la cena, poiché spesso l’alternativa sarebbe quella di mangiare da soli a casa, davanti al televisore.
Credo che ognuno di noi possa collocarsi all’interno di queste coordinate culturali, dove preferisce, senza che ciò possa considerarsi anormale o segnale di un distorto rapporto con il cibo.
Però qualche domanda possiamo porcela, dato che, con il tempo, il cibo che assumeremo ci porterà a fare i conti con il nostro peso e le modifiche al nostro corpo, in un rapporto quanto mai incatenato tra cibo – peso – corpo, che molti vivono in modo conflittuale.