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Ah la nostalgia...! - (parte terza)

Nel percorrere i duemila chilometri tra Srinagar e Katmandu siamo passati da Amritsar, luogo sacro per i Sikh, con il famoso Tempio d’Oro, conosciuto in tutto il mondo. I Sikh, riconoscibili dalla caratteristica fascia sui capelli, devono comportarsi onestamente e condurre una vita sobria ed è loro proibito bere, fumare e mangiare carne animale. Le donne poi sono trattate alla stregua di sorelle, madri o figlie e quindi assai rispettate. Nel lungo percorso abbiamo attraversato zone di religione musulmana e potuto visitare alcune moschee.
Una delle innumerevoli moschee

Quello sono io obbligato a mettere una palandrana nera per visitare la moschea...
Alla fine del nostro estenuante viaggio per il Nepal abbiamo raggiunto la sua capitale Katmandu.
Ci è parsa una città animata e coloratissima, con due anime che convivono: luoghi di culto e di devozione e luoghi di svago simil-occidentali. Abbiamo anche incontrato molti giovani europei che vivevano li da anni ma che ci sono apparsi “perduti” e alla ricerca di non si sa bene cosa… se non all’utilizzo di droghe di ogni genere. 
La valle di Katmandu
Effige della Kumari al vecchio Palazzo Reale
A Katmandu è venerata sia dai buddisti che dagli induistisi la vergine bambina o Kumari, rinchiusa in un palazzo di pietra rossa ed abbigliata sempre di rosso. L'attuale Kumari Reale è Trishna Shakya. Verrà sostituita all'arrivo della prima mestruazione o a seguito di perdite di sangue (basta un piccolo graffio) o malattia, infatti per restare pura la Kumari non può ricevere le cure di alcun medico. La Kumari reale di Kathamndu è colei che pone la Tika, il sacro segno rosso, sulla fronte del Re e con il suo potere di Dea vivente può portare prosperità alla popolazione del Nepal. Vive praticamente segregata nella sua "prigione dorata" e deve sempre atteggiarsi a Dea vivente e dispensare serenità, lungimiranza e pace al Re del Nepal, ai suoi familiari ed alla popolazione tutta. Attualmente il Nepal è una Repubblica ma l'ultimo Re è ancora venerato e considerato una manifestazione del dio Vishnu.
La piazza Durbar a Katmandu
A Katmandu come scrivevo prima vi sono molti locali "occidentali": bar, fast food, negozi di souvenir ed alimentari. Ricorderò sempre che abbiamo mangiato un ottimo cream caramel (veramente due o tre) e bevuto Coca Cola in un bar non lontano dal nuovo Palazza Reale, tanta era la fame di cose dolci che avevamo, dopo tanti giorni di cibo "vegetariano".
Per visitare i dintorni di Katmandu abbiamo noleggiato delle biciclette e Nicola ed io ci siamo fatti confezionare da un sarto locale dei meravigliosi pantaloni rigati, comodi per i nostri continui spostamenti su due ruote nella valle, ricca di cittadine da visitare.
Stupa di Swayambhunath
Assai famoso è lo Stupa di Swayambhunath luogo sacro per i buddisti ed antico complesso religioso situato in cima ad una collina nella valle di Kathmandu ad ovest della città. È anche conosciuto come il Tempio delle scimmie per via delle numerose scimmie che popolano il sito.
Un'esperienza davvero forte ed a momenti difficile da sopportare è rappresentata dalla visita al Tempio di Pashupatinath che è il più importante tempio induista del Nepal. Si trova lungo il corso del fiume Bagmati ed è consacrato al dio Pashupati, manifestazione di Śiva. È uno dei sette gruppi di monumenti che permettono alla valle di Kathmandu di essere considerata patrimonio dell'umanità.
Pashupatinath: i fedeli al bagno rituale
Una salma in attesa di essere bruciata
L'inizio della cerimonia di cremazione. In bianco gli "addetti"
Gli induisti credono che la loro anima si potrà incarnare nuovamente se i loro corpi, prima di essere cremati, saranno avvolti in sudari arancioni, bagnati con l'acqua del fiume sacro Bagmati e cosparsi di petali di fiori. La salma poi viene messa sulle cataste di legna e darà fuoco il figlio maggiore per il padre ed il figlio minore per la madre. Le ceneri sono poi disperse nell'acqua del fiume sacro. Noi abbiamo assistito dalle scalinate alla devozione dei fedeli, attorniati da scimmiette dispettose ed a tratti aggressive, solo con i turisti però! Il Tempio è frequentato da molti bambini, malati o mutilati, senza un braccio o una gamba, in cerca di elemosina o qualcosa da mangiare. Esperienza terribile per noi, nell'assoluta indifferenza dei fedeli! Ma l'India è così, magia e sofferenza al contempo.
Altra visita è rappresentata dalla cittadina di Patan, poco distante da Katmandu. Patan è considerata la più antica tra le città reali nella valle di Kathmandu e l'UNESCO l'ha dichiarata patrimonio dell'umanità. La piazza centrale, Durbar Square vede templi, idoli, cortili e fontane mete di devoti e turisti. Il tempio più importante è dedicato a Krishna, anche se, occorre ricordarlo, Patan è un centro di devozione sia per gli induisti che per i buddisti, che convivono pacificamente.
Patan, Durbar Square
Patan, fontane di devozione
Patan, Durbar Square
Patan, Durbar Square
Patan, Durbar Square. Nicola alla sommità (notare i magnifici calzoni colorati)
Patan, Durbar Square


Il nostro viaggio volge al termine, da Katmandu torniamo a Delhi per imbarcarci su un volo PanAm (allora esisteva) per Roma e poi rientro alle nostre case. E, come ho sentito dire da un anziano indù: "Tu occidentale non puoi fare nulla per cambiare l'India, ma l'India certo ti cambierà". Come non dargli ragione!

P.S. le foto sono tutte mie, allora si usavano gli apparecchi fotografici caricati con pellicole per diapositive che poi erano riversate in foto classiche. Ovviamente con perdita di definizione e luminosità... Spero non me vogliate!

Il 25 aprile del 2015 un terribile terremoto ha scosso il Nepal con magnitudo locale 7,8 ed epicentro a 34 chilometri a sud-est di Lamjung. Il sisma ha provocato più di 8.000 morti e danni ingentissimi in Nepal e nelle zone himalayane di India, Cina, Bangladesh e Pakistan. Oltre alle drammatiche perdite umane anche la torre Dharahara situata nella piazza Durbar di Katmandu e gran parte del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO in Nepal sono andati distrutti.




Ah la nostalgia...! (parte prima)

Qualche giorno fa stavo sistemando alcune foto nel computer e, per caso, mi sono imbattuto in una cartella che aveva come titolo: Ladakh 1984. Ho aperto il file e sono stato colpito da una forte emozione: rivedere i volti di quei compagni di viaggio, ricordare i luoghi e, soprattutto, gli odori mi ha fatto ritornare a quel viaggio affascinante. Una grande nostalgia mi ha assalito: quanti anni sono passati da allora, ero giovane, pieno di capelli (!) con voglia di vivere e viaggiare, speranzoso in un mondo migliore, motivato al mio lavoro e fortemente impegnato nel "sociale" con tanti altri amici e colleghi. Figlio, anche se giovane, del mitico '68, (avevo conosciuto Mario Capanna in Università Statale a Milano), avevo la percezione che tutto si potesse cambiare e migliorare, largo ai giovani ed alla loro determinazione ad una società più giusta, equa e solidale. Cosa sia rimasto di quel sogno, beh... quello che abbiamo attorno è certamente lontano da quanto sperato e immaginato. I meno giovani ricorderanno una delle parole d'ordine di allora: "Vogliamo tutto e subito...!" Ma non voglio entrare in considerazioni politiche dato che quei tempi sembrano anni luce lontano dagli anni che stiamo vivendo! Vorrei porre attenzione al sentimento della nostalgia, ritorno ad un tempo che fu, ricordo di momenti passati ed emozioni ancora vive che ci fanno piacere da una parte ma dolore dall'altra, dato che non potranno più verificarsi... Noi tutti che viviamo all'estero dobbiamo confrontarci con tale sentimento di nostalgia, anche se non possiamo certo considerarci gli emigrati con la valigia di cartone.
Le motivazioni di tale uscita dai confini d'Italia sappiamo bene quali sono, lavoro, possibilità di mettere su famiglia agevolmente, bisogno di emanciparsi dalle famiglie, ricerca di un'affermazione professionale che spesso in Italia è ben poco riconosciuta...
E poi c'è la nostalgia. Non credo minimanente a coloro i quali mi dicono che non hanno nostalgia di casa, del paese, della città, degli amici, dei familiari, della pizzeria di loro cugino, della spiaggia vicino casa. Nostalgia anche per chi, come noi nizzardi, in mezz'ora possiamo andare a Ventimiglia e parlare in italiano con i negozianti, che sovente ci rispondono in francese...!
Bando alla nostalgia, se vorrete seguirmi vi racconterò un po' di quel mitico viaggio, che dividerò in tre parti per comodità di lettura e non abusare della vostra pazienza.

PARTE PRIMA: il LADAKH
Correva l'anno 1984, a cavallo tra agosto e settembre tredici giovani si incontrano per intraprendere un viaggio con Avventure nel Mondo con destinazione: India, Ladakh e Nepal
Incontro a Roma e partenza per Delhi con sosta tecnica all'aeroporto di Gedda. Ricordo ancora che noi "occidentali" eravamo confinato dietro transenne per non mescolarci con i sauditi, che osservavano con disprezzo noi "infedeli".
Arrivati a Delhi il nostro gruppo ha noleggiato tre auto (uguali alle nostre Fiat 1100) con autisti per raggiungere la cittadina di Leh, capitale del Ladakh, chiamato anche piccolo Tibet. Il Tibet è stato annesso "con dolcezza" dalla Cina ed allora impossibile da visitare, con il Dalai Lama costretto all'esilio. Diversi giorni di viaggio per percorrere i circa 1.000 km su strade terribili, con frequenti soste per aggiungere acqua ai radiatori delle vetture. Tenete conto che siamo ad altezze sul livello del mare oltre i 2.000 metri, quindi per chi come noi non è abituato all'altezza ogni sforzo è una prova di coraggio.
La strada per Leh
Prima di arrivare a Leh abbiamo visitato i Gompa di Lamayuru ed Alchi, luoghi di preghiera e raccoglimento per i buddisti del Ladakh. Dappertutto l'effige di Budda, con lunghe orecchie, simbolo di saggezza. 
Ingresso al Gompa di Alchi
I monaci dalla tunica rossa ci hanno sempre accolto con cortesia e curiosità, hanno avuto pazienza quando li abbiamo fotografati nel mentre delle loro cerimonie, ci hanno offerto the e quanto avevano da mangiare per rifocillarci. Una bevanda molto utilizzata (soprattutto d'inverno e qui il freddo è terribile), è il the con il burro rancido di yack. Dire che per i nostri gusti è orripilante è poco, ma io, solo ed impavido ho accettato l'offerta e bevuto la pozione sotto gli occhi divertiti dei monaci e lo sguardo preoccupato di Nicola, amico e collega di lavoro nonché medico che già mi vedeva rotolare a terra tra gli spasmi...! Ebbene sono sopravvissuto e da allora digerisco anche i sassi!

Un monaco al Gompa di Alchi
Budda al Gompa di Lamayuru
Dopo tanti giorni di viaggio siamo giunti a Leh, che si trova ad oltre 3.500 metri d'altezza. Di grande effetto è il grande palazzo di Leh del XVII secolo, realizzato sul modello della precedente residenza del Dalai Lama (il palazzo del Potala in Tibet), che si affaccia sul bazar e sui labirinti di stradine della città vecchia. 
Un paio di giorni di riposo (si fa per dire) e via per un'ascensione a cavallo per la grotta di Amarnath ad oltre 3.800 metri, per vedere il Lingam di Shiva. La grotta è un importante luogo di culto e di preghiera per gli induisti. Ma ne parleremo la prossima puntata...
Il grande palazzo di Leh






La maggior parte del gruppo alla grotta di Amarnath (3.880 metri)

  











Monaco Italia Magazine: intervista sulla nostalgia



Italiani all'Estero, Nostalgia : Come Superarla? Ft.Slawa Bowman
Ft.Slawa Bowman -unsplash

di Angela Valenti Durazzo – La nostalgia e la lontananza da casa. Nelle località francesi a pochi chilometri dal confine italiano, nella sfavillante ed esclusiva Monte Carlo, nelle apprezzatissime città turistiche di Nizza, Cannes ecc. Non si può dire che gli italiani che scelgono di trasferirsi a Monte Carlo ed in Costa Azzurra rispecchino la figura del classico emigrante, alle prese spesso con giornate fredde e piovose e con un paesaggio e consuetudini poco mediterranee.
Niente a che vedere insomma con quanto prova il protagonista del film “Quo Vado”di Checco Zalone, pugliese emigrato in Norvegia che guardando alla tv Albano e Romina tornati nuovamente a cantare assieme, esclama commosso “io qua mi sono perso tutto questo!” per poi concludere “La madre terra Italia comincia a far sentire il suo richiamo”.
Il suo richiamo, infatti, la madre terra Italia lo fa sentire un po’ da per tutto nonostante la gran parte delle persone siano soddisfatte della propria scelta.
A gennaio 2017, gli iscritti all’AIRE, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, risultavano a livello mondiale 4,9milioni (il 3,3% in più rispetto al 2016). Circa il 41 per cento di questi tra i 25 e 39 anni.
Si parla spesso di fuga di cervelli ed in generale di chi trova una sistemazione stabile oltre confine. Come si rapportano dunque queste persone con la propria patria? Quanto e quando sentono nostalgia per l’Italia? Lo abbiamo chiesto a Massimo Felici, psicologo e psicoterapeuta che vive e lavora a Nizza.
Nel mio lavoro – ci ha spiegato – ho incontrato poche persone che non vogliono assolutamente tornare indietro, girerebbero tutto il mondo senza alcun problema e non sembrano avere nostalgia di casa, ma nella maggior parte dei casi le persone esprimono nostalgia della loro città, della loro casa, degli affetti rimasti in Italia”.
Dottor Felici da chi ed in quali occasioni si fa sentire la nostalgia?
La nostalgia viene avvertita da persone che nella gran parte dei casi sono più che convinte della loro scelta avendo magari un buon lavoro, un buono stipendio ed una vita soddisfacente qui. Tanti giovani fanno un colloquio in Francia, dopo 15 giorni magari vengono assunti, ma dentro di loro l’avvertono come una soluzione temporanea. “Sto qui un paio d’anni e poi torno a casa” è il pensiero di molti. Ma dopo due o tre anni si rendono conto della difficoltà di tornare indietro essendo oramai ben sistemati. E’ in quel momento che avviene il distacco ed anche la consapevolezza di essersi incamminati in un’autostrada che dall’Italia portava alla Francia e che in seguito potrebbe portare anche in altri Paesi Europei. Superata una certa frontiera, infatti, il mondo si apre.
Ed è in questa fase che può subentrare la nostalgia?
E’ in questa fase che realizzo che sono qua e devo scegliere se mettere radici, di conseguenza può intervenire un momento di crisi nonostante si tratti di persone in gamba che però non sono a casa loro, quindi si devono ambientare. Occorre imparare bene il francese poiché molti sul posto di lavoro parlano in inglese; i legami sentimentali a distanza diventano difficili da gestire ed entrano in crisi e dall’altro lato creare delle nuove relazioni non è così scontato ed immediato per tutti. Inoltre avere trovato rapidamente un posto di lavoro ed uno stipendio comporta un’accelerazione dei tempi: si compra casa, ci si sposa, si fanno i figli e quindi cambia tutto.
Tutti ad un certo momento proviamo nostalgia?
Per quello che ho potuto osservare solo una piccola parte fa saltare i ponti con la propria terra. Queste persone negano la nostalgia, si tratta per lo più di un atteggiamento difensivo. La gran parte invece sente la mancanza della propria città, della casa, dei parenti, del cibo, degli amici d’infanzia.
Cosa occorre fare a questo punto?
La nostalgia va elaborata se no può togliere energie ed annichilire la persona. Se non viene elaborata è come un elastico che si tende e poi torna indietro, quindi fa male. Occorre allora affrontare il punto e costruire dei legami, metaforicamente costruire la propria casa. La nostalgia fa parte di un percorso nel quale occorre aprirsi se no si rischia di confinarsi in una mattonella ristretta.
Ed i legami fra italiani all’estero?
E’ importante mantenere e coltivare nel tempo i legami con i connazionali e con le proprie origini, ma se stare esclusivamente fra connazionali all’inizio è rassicurante alla lunga può diventare asfittico. Dobbiamo accettare la consapevolezza che siamo in cammino ed apprezzare sia la nostra comunità ed il nostro Paese che le belle cose che ci sono dove ci siamo trasferiti, che per quanto riguarda la nostra realtà sono: lavoro, buon cibo, cultura, teatro, sole, mare ecc. Inoltre qui ci sono molte occasioni di uscire anche senza spendere nulla, ci sono iniziative e luoghi aperti a tutti. Quando lo si fa è come se si superasse davvero la frontiera.
Italiani all'Estero. La Nostalgia: Come Superarla?
Ft©arvalens

https://monacoitaliamagazine.net/italiani-allestero-nostalgia-come-superarla

La nostalgia


Nostalgia è una parola greca che significa "dolore del ritorno" ed è uno stato psicologico o sentimento di tristezza e di rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari.
Scrive il filosofo Antonio Prete: << Tutti viviamo nella incompletezza. Non siamo onnipotenti. Solo se accettassimo la finitezza come nostro orizzonte la nostalgia potrebbe apparire come un elemento positivo. La nostalgia ci dice costantemente che tutto ciò che abbiamo vissuto, che abbiamo amato, che abbiamo coltivato nel passato, non tornerà più, non ci appartiene più >>
Ecco quindi il sentimento della nostalgia per qualcuno o qualcosa che si è lasciato.
Sentimento potente: in una conferenza a Milano qualche anno fa il Prof. Prete ci raccontava che i soldati svizzeri, che andavano a combattere come mercenari in giro per l'Europa, sino al 18° secolo, dopo un po' di tempo lontani dalle loro case cominciavano ad ammalarsi, diventavano tristi, perdevano l'appetito e molti morivano! Pensate, questa malattia veniva chiamata dai medici di allora "mal du Suisse".
Cosa accadeva a questi sfortunati giovani: erano costretti ad abbandonare le loro terre per andare a combattere come soldati di ventura al soldo di eserciti stranieri, lontani dalle proprie famiglie e dalle valli alpine che li avevano visti crescere. Prima di ammalarsi gravemente molti giovani disertavano e fuggivano per tornare alla loro amata Svizzera.

Ecco la cura: tornare nei luoghi natii e dalle persone amate per stare meglio e "guarire".

E noi che viviamo qui a Nizza come la mettiamo con la nostalgia...?
Certo, non andiamo in guerra al soldo di eserciti stranieri, anche se talvolta dobbiamo combattere le nostre battaglie sia lavorative che personali qui in Francia.
Riferimento personale: ogni volta che torno alla "mia" Milano, sono preso da sentimenti contrastanti, so che la città è molto inquinata, caotica, stressante e piena di contraddizioni.
Però un sentimento di nostalgia mi avvolge sempre nel rivedere i luoghi ove abitavo e lavoravo, passare davanti alla mia vecchia scuola, alla casa che avevano abitato i miei genitori, parlare con gli amici rimasti. Guarda caso di solito vado sempre a mangiare da Spontini, mitica pizzeria che frequentava già dalle scuole medie!
Nostalgia allo stato puro, anche se sono sempre più convinto della scelta di vivere e lavorare qui a Nizza.
   
Nel mio lavoro ho incontrato poche persone che non vogliono assolutamente tornare indietro, girerebbero tutto il mondo senza alcun problema e non sembrano avere nostalgia di casa, ma nella maggior parte dei casi le persone esprimono molta nostalgia della loro città, della loro casa, delle persone rimaste in Italia.
Nostalgia è anche nostalgia della lingua, non a caso si parla di lingua madre, che evoca per noi connotazioni affettive profonde e familiari.
Ecco allora che la sfida è riuscire ad accettare che se siamo qui è per trovare un lavoro migliore, per imparare una lingua, trascorrere serenamente gli anni della pensione, convivere con la nostra compagna o.... per fuggire da qualcuno.
Ma accettare il sentimento di nostalgia è anche permettere alla nostra lingua (o ai dialetti) di vivere e farci sentire a casa, in relazione con altre persone, così come il cibo è una potente medicina anti-nostalgia, che ci fa sentire subito a casa nostra.
Credo sia davvero importante mantenere dei legami sociali con altri italiani per non dimenticare mai le nostre radici culturali legate anche alla lingua, ed al contempo frequentare colleghi ed amici francesi per evitare di chiudersi come un ristretto gruppo di nostalgici, pieni di quello struggimento che diviene un "mal du Suisse".

PS : Avete visto con che piacere molti di noi aspettano il pacco inviato dalla mamma da casa in Italia! Pacchi che molto spesso saranno aperti e goduti in momenti conviviali con i propri amici...