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Ivan

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Ivan sin da bambino è stato sovrappeso dato che mangiava con gusto tutto quello che gli veniva messo nel piatto. Da adolescente poi era francamente obeso, il che aveva comportato episodi sgradevoli di bullismo da parte dei compagni di scuola. La madre era intervenuta presso gli insegnanti che però avevano minimizzato i fatti sino a che la madre aveva deciso di togliere Ivan dalla scuola per trasferirlo in un istituto privato cattolico. Situazione migliorata per Ivan che però mangiava sempre in eccesso senza sapersi “limitare”. La madre è sempre stata ambivalente con Ivan: lo invitava a controllarsi però preparava tutti i piatti che il ragazzo desiderava oltre a merendine e dolci vari. Gli unici scontri in famiglia erano tra Ivan ed il padre, anch’egli sovrappeso, che però voleva impedire al ragazzo di continuare così.
Il padre aveva anche preso per Ivan un appuntamento presso un centro specializzato sui disturbi alimentari cui era seguito un ricovero estivo di quasi tre mesi. Nel corso del ricovero Ivan era riuscito, con sua grande sorpresa, a perdere peso e normalizzare i parametri del sangue, ovviamente fuori scala.
Alla ripresa della scuola Ivan è un bel ragazzo, desideroso di mantenere il suo corpo in forma, vista la fatica fatta per perdere quei tanti chili di troppo. Si sta avviando ai suoi diciotto anni con spirito positivo ed essendo appassionato di calcio fa i provini per entrate nella squadra del suo paese. Riesce ad essere preso ed è estremamente contento, oltretutto una sana attività fisica lo aiuta a mantenersi in forma ed a mangiare in modo più sano.
Passa un anno molto positivo dal punto di vista scolastico e sportivo, in più è attratto da una ragazzina vicina di casa, dolce e simpatica. In breve cominciano a frequentarsi e sono una coppia tenera e gioiosa. Ivan riesce a mantenere il suo peso “forma”, certo ogni tanto si abbuffa di dolci ma sono piccoli cedimenti “sotto controllo”.
La positività del momento è scossa dalla notizia che la ragazzina deve lasciare il paese al seguito della famiglia, dato che i genitori, guardiani in una villa, devono seguire i proprietari in una città lontana.

I due giovani riescono a vedersi ancora per un pò, faticosamente, poi la ragazza decide di chiudere la storia con Ivan anche perché sembra abbia simpatia per un ragazzo appena conosciuto nella città in cui si sono trasferiti.
Il nostro Ivan è sconvolto, si sente tradito, abbandonato e deluso. Dapprima si chiude in un mutismo che spaventa i genitori, lascia gli allenamenti sportivi e riprende a mangiare in modo compulsivo.
Spesso non va a scuola, a casa è passivo e annoiato e mangia, mangia, mangia…
I genitori sono disperati, ipotizzano un nuovo ricovero al centro per i disturbi alimentari ma Ivan si oppone con tutte le sue forze. Continua il braccio di ferro in famiglia, Ivan perde l’anno di scuola a causa delle troppe assenze e prende sempre più peso.
Ma un episodio fa precipitare il tutto: un giorno nel mentre di una discussione con la mamma Ivan le da una spinta e la donna nel cadere si rompe un polso. Tragedia; la mamma è scossa ed Ivan di più, non voleva certo farle del male! Il padre rientra dal lavoro, accompagna la moglie al pronto soccorso ed ha uno scontro violento con Ivan, addirittura si mettono le mani addosso.
A questo punto il padre da un ultimatum ad Ivan, dato che non studia andrà a lavorare con un amico che è muratore ed appena possibile uscirà di casa.
Un vicino di casa cerca di fare da paciere ed ospita a casa sua per un pò il ragazzo, nel mentre ci interpella e chiede di proporre qualcosa come Soremax.

Dato che l’unica persona di cui Ivan si fida è il vicino di casa, sfruttiamo ciò per riuscire ad incontrarci una prima volta. Il colloquio è teso, Ivan appare molto aggressivo e totalmente non collaborativo dato che pensa i genitori lo vogliano “spedire” nuovamente al centro sui disturbi alimentari. Gli parliamo del progetto Soremax che non prevede ricoveri ma lavoro psicologico e “educazione alimentare” per persone come lui che utilizzano il cibo non (solo) per nutrirsi ma per coprire una mancanza o una sofferenza profonda.
Ci chiede di pensarci su per un pò, senza promettere niente.
Passa quasi un mese e francamente pensavamo non avrebbe mai risposto. Invece ci chiama per fissare un incontro, sempre con la presenza del vicino di casa, che con grande sensibilità sta aiutando Ivan come fosse suo figliolo.
Concordiamo con Ivan un piano di terapia sul versante psicologico, ovviamente, ed un accompagnamento sul cibo nel senso di imparare a conoscere il valore degli alimenti, il sapore, il colore, l’odore e gli abbinamenti. Accompagnamento che mette in secondo piano le calorie, gli zuccheri o il peso del cibo assunto per privilegiare il piacere che il cibo stesso dovrebbe rappresentare per ciascuno di noi.
Si, il piacere del cibo, non nemico, problema, difficoltà o quant’altro. Se il piacere torna ad essere centrale nell’assunzione del cibo si è costretti ad affrontare ciò che ci può togliere questo piacere, ovvero una sofferenza che potrebbe essere legata al senso di vuoto, alla tristezza, all’impotenza, alla noia od alla perdita di senso della vita.
Lavoriamo con Ivan in questo senso ed ovviamente lo stimoliamo a riprendere ciò che gli piaceva molto: tornare a giocare nella sua squadra di calcio. I compagni di squadra l’hanno accolto con grande gioia ed è stato molto di aiuto ad Ivan per riprendere una vita “normale”.
Ora è necessario lavorare per “ricomporre” la famiglia, dopo i difficili trascorsi.
La mamma di Ivan è disponibile, ovviamente, mentre il padre è ancora arrabbiato e deluso dal comportamento del figlio.
Prevediamo alcuni incontri tra i genitori ed Ivan, tutti assieme dapprima in nostra presenza poi solo tra loro. È un lavoro faticoso e delicato, con alti e bassi tra padre e figlio, che sembrano pacificarsi poi, di colpo, tornano ad essere "cane e gatto”. La “guerriglia” continua sino a quando il padre offre ad Ivan la possibilità di rientrare a casa, con la promessa (beninteso) di contenersi nel mangiare e scusarsi per tutto quello che ha fatto loro patire.
È una specie di periodo di prova per Ivan che in cuor suo desidera davvero riuscire per il bene suo e dei suoi genitori.
Ebbene il “periodo di prova” è stato superato ed Ivan, con l’accompagnamento alimentare, riesce a contenersi con il cibo ed è molto contento di avere ritrovato il suo posto nella squadra di calcio… ed in famiglia.
Ivan finiti gli studi superiori decide di iscriversi all’Università al corso di Scienze Motorie, per dare conto della sua passione per il calcio e, come dice lui: “… Anche per ringraziare i miei genitori per tutto quello che hanno fatto e fanno per me…”


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I genitori di Amelie e Manon

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Laure ed Eric sono i genitori di Amelie di diciassette e Manon di quindici anni.
È una famiglia serena in cui la comunicazione tra i membri è buona e nel tempo non vi sono mai stati problemi di sorta. Certo le due ragazze adolescenti iniziano la loro “ribellione” verso l’autorità genitoriale ma è un fatto del tutto normale nel processo di crescita delle giovani.
Nei confronti della scuola le ragazze sono molto diverse: Amelie non ha voglia di studiare dato che appena potrà vuole andare a lavorare per avere maggiore autonomia ed andare a vivere per conto proprio. Manon invece è molto studiosa ed ha già chiaro cosa vorrà fare da grande: la veterinaria per dare conto della sua passione per gli animali.
Spesso le due ragazze escono assieme con comuni amici e nel gruppo di pari hanno i loro primi flirt ed entrambe parlano delle loro “storielle” con la mamma. Un bel giorno Amelie conosce un ragazzo straniero che fa di tutto per stare con lei. All’inizio Amelie non è interessata ma la corte serrata del ragazzo la porta ad accettare.
Amelie ed il giovane si frequentano per alcuni mesi e Manon viene a sapere che il ragazzo frequenta brutte persone ed è ambiguo, dato che ha interesse anche per lei!
Una sera le due sorelle hanno uno scambio piuttosto acceso proprio a causa del ragazzo, Amelie pensa che la sorella sia solo gelosa e non crede assolutamente a quanto le dice per metterla in guardia. Lo scontro è violento, addirittura Amelie dice che appena possibile andrà a convivere con il ragazzo. Per la prima volta la famiglia è confrontata ad uno scontro tra Amelie, mamma, sorella e papà. Amelie non vuole sentire ragioni, andrà a convivere con il ragazzo dato che entro poche settimane sarà maggiorenne e non è possibile impedirglielo.
Detto fatto Amelie esce di casa nel dolore di tutti, soprattutto Manon che si sente sia colpevole che responsabile di quanto accaduto alla sorella. Non solo, Amelie risponde con difficoltà a telefonate e messaggi dei genitori ed è molto arrabbiata con la sorella che non riesce più a parlarle.
Manon risente moltissimo dell’uscita di casa della sorella, salta alcune volte la scuola, è svogliata e mangia poco dato che ha sempre “mal di stomaco” e difficoltà a digerire.
In breve Manon perde peso vistosamente, mangia solo qualche barretta proteica per non svenire ed è francamente depressa.
I genitori sono molto preoccupati e per il tramite del loro farmacista, con cui hanno confidenza, sentono parlare di Soremax.
Ci contattano pieni di dolore e delusione per quanto accade alle loro figlie, la grande fuori di casa con un ragazzo di cui sanno pochissimo e che appare ben poco affidabile, la piccola in piena anoressia e depressione.
Incontriamo due persone addolorate, spente, ferite che si sentono totalmente impotenti nei confronti delle figliole così tanto amate e che non “riconoscono” più.

Il lavoro con i genitori passa per il senso di impotenza, di colpa e per la rabbia, molto pericolosi dato che non permettono loro di agire, proporre soluzioni e smarcarsi da possibili ricatti delle figlie.
Dapprima lavoriamo sui sensi di colpa dei genitori che si materializzano nella tragica domanda: “… Che cosa (noi genitori) abbiamo sbagliato con le nostre figlie…?”  

Proprio nulla Laure ed Eric, essere genitori è un mestiere difficilissimo e non vi è alcuna garanzia di riuscita!
Nella fattispecie non possiamo dire che Laure ed Eric siano stati cattivi genitori, emotivamente distanti. Anzi, sempre attenti, presenti e disponibili al dialogo con la ragazze. Dialogo che è rimasto vivo sino ai primi flirt delle ragazze, che divengono sempre momenti “esplosivi” per via della sessualità che si affaccia per le giovani.
Per Amelie l’incontro con il ragazzo ha comportato un “terremoto” emotivo che ha portato ad una separazione con i familiari, vissuti come ostacolo alle sue scelte di vita.
Prendere consapevolezza di questo permette a Laure ed Eric di attenuare il loro senso di impotenza, ridurre la delusione (e la rabbia) che vivono a proposito delle vicende in atto. Concordiamo con Laure ed Eric di tenere una posizione ferma ma “civile” con Amelie, è la sua vita e deve fare esperienza anche con il ragazzo.
In pratica “alleggerire” la tensione con Amelie perché rimanga aperto un canale di comunicazione tra la ragazza ed i familiari.
Per quanto riguarda Manon proponiamo ai genitori un percorso di terapia per la ragazza che ha vissuto malissimo l’uscita di casa della sorella per cui si sente in colpa dato che il loro violento litigio ha riguardato il ragazzo di Amelie.
Tentiamo anche un’operazione ardita e chiediamo alle due sorelle un incontro in nostra presenza per un tentativo di “pacificazione”. É un azzardo, ne siamo convinti, ma lo proponiamo ugualmente. Il tentativo fallisce, Amelie non è disponibile e non se ne fa nulla.
Andiamo avanti con il lavoro per alcuni mesi sino ad un’inattesa svolta: Amelie ci chiede di potere parlare con noi. Accettiamo senza indugio, curiosi di cosa possa avere mosso la ragazza a farci tale richiesta. L’Amelie che incontriamo è triste e ansiosa dato che il suo ragazzo esce spesso la sera con gli amici e non la coinvolge, oltre a ricevere un sacco di messaggi di ragazze e questo la ingelosisce tantissimo. In breve Amelie ora considera in ben altra luce le parole di Manon, non scaturite da gelosia ma da una sincera preoccupazione per la sorella.
Si susseguono una serie di incontri in cui cerchiamo al massimo di essere “neutrali”, per consentire a tutti i membri della famiglia di verbalizzare preoccupazioni, aspettative ed anche rabbia per gli accadimenti. Riproponiamo l’incontro tra le due sorelle, in uno scenario del tutto mutato. Riteniamo utile che siano solo le due ragazze ad incontrarsi, senza la nostra presenza, ora di certo ingombrante.
Amelie e Manon ci dicono che l’incontro è stato molto utile, emozionante ed avvio di un chiarimento e di una pacificazione, desiderata e sperata da entrambe.
Non solo, Manon è assolutamente convinta di non vedere mai più il ragazzo che l’ha fatta soffrire  (con la sua “complicità) con cui dovrà fare i conti, evidentemente. Le due sorelle tornano a casa insieme, tra la sorpresa e gioia dei genitori! L’unità familiare può ricomporsi, senza recriminazioni ma con la grande voglia di guardare avanti tutti assieme.
A parte uno spiacevole strascico dovuto a dei tentativi di contatto da parte dell’ex ragazzo di Manon, che la ragazza fronteggia con il pieno appoggio dei familiari, il quadretto familiare si rasserena.

Le direttrici del lavoro terapeutico ora vedono Amelie confrontarsi con il suo desiderio di emancipazione dalla famiglia senza però avere ancora gli “strumenti emotivi” per non cadere in situazioni come quella vissuta con l’inaffidabile ragazzo.
Per Manon invece il lavoro verte sulla ridda di emozioni legate ai sensi di colpa per avere messo a parte la sorella di quanto aveva saputo del ragazzo, pur a fin di bene, con il feroce scontro seguito che aveva rotto l’alleanza e complicità delle ragazze.
Anche la ricomposizione del quadro familiare consente a Manon di affrontare il cibo in un modo più sano, lentamente riprende a mangiare e torna ad un peso più adeguato.
In uno degli incontri Manon ci dice che il suo non mangiare era sia una punizione per avere fatto stare male Amelie, sia un modo per essere meno attraente per i ragazzi vissuti come “predatori” ed inaffidabili che, di certo, non guardano una tutta pelle ed ossa…!

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Anna ed il suo passato

 

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Anna è una giovane italiana di 28 anni che da quattro anni vive in Francia, a Nizza.
La ragazza è sempre stata molto fotogenica al punto da riuscire a pagarsi l’affitto e gli studi universitari con servizi fotografici che le permettevano di mantenersi senza fatica. Per un po’ di tempo aveva pensato di “lanciarsi” nel mondo dello spettacolo ma, saggiamente, aveva preferito investire negli studi universitari di lingue straniere.
Proprio nel corso degli studi all’Università per Stranieri di Perugia, Anna aveva conosciuto Vincent. Era scattata la scintilla tra i due giovani ed al termine degli studi di Vincent in Italia la ragazza aveva deciso di seguirlo a Nizza ed era iniziata la loro convivenza.

Anni appaganti sia dal punto di vista relazionale che lavorativo, sino al momento in cui avevano seriamente pensato ad un figlio. Anna rimane incinta in breve tempo e la gravidanza prosegue senza difficoltà. Nasce una bimba e la coppia è al “settimo cielo” per la gioia.
La città di Nizza che inizialmente era gradevole ed offriva tanti servizi per una coppia con una bimba piccola, alla lunga si rivela “faticosa” da vivere tanto da far progettare alla coppia un trasferimento in un villaggio lontano una trentina di chilometri da Nizza. Il lavoro da remoto permette alla coppia di gestire al meglio il trasferimento, contenti della loro piccola ma gradevole casetta con un po’ di giardino.
La gioia per la bimba non riesce a togliere ad Anna la sofferenza per avere preso molti chili durante la gravidanza, peso che non è riuscita a ridurre nei mesi successivi.
Anna tiene sempre molto al suo aspetto fisico e si rende conto che l’eccesso di peso le fa vivere male il suo essere donna e madre… Ne parla con Vincent, che inizialmente sottovaluta la sofferenza di Anna, poi comprende che è un argomento troppo delicato e doloroso per la sua compagna.

Anna si forza a tentare varie diete, inefficaci, dato che ha sempre appetito, anche se le è chiaro che spesso mangia per noia.
Decide di consultare un nutrizionista che le propone un piano molto curato e personalizzato che però riesce a seguire solo per pochi mesi, con sua grande delusione.
Anna disperata parla un giorno con la sua sorellina minore che la “fulmina” con un trucco vecchio come il mondo. Le dice: “… Mangia quello che vuoi e poi va a vomitare senza farti vedere da Vincent. All’inizio non è facile, però poi riuscirai con grande facilità…”
Anna non ci aveva pensato, è un’idea grandiosa, potrà mangiare poi vomitare e tornare a piacersi e guardarsi con serenità allo specchio.
In breve tempo il peso sembra tornare quasi normale, Anna si sente forte e “vincente”, tanto non fa del male a nessuno!
Il “trucco” funziona per più di un anno sino a quando Vincent, che sospettava qualcosa, la trova in bagno a vomitare e ne rimane molto scosso.
Momenti molto tesi tra i due, Anna minimizza ma Vincent è spaventato e consapevole della sofferenza della sua compagna.
Dopo una nottata di parole, chiarimenti, emozioni e pianti Vincent propone ad Anna di chiedere un aiuto di coppia e decidono di contattare Soremax.
I primi colloqui evidenziano un legame di coppia forte ed autentico, Anna e Vincent si amano e sono davvero “complici” oltre ad essere genitori attenti e premurosi con la loro piccola.
Ma qualcosa di “opaco” traspare dalle parole di Anna in riferimento alla sua adolescenza: è sempre stata una bellissima ragazza, alta, sportiva, dinamica e con gran voglia di vivere e viaggiare.
Con difficoltà proviamo ad approfondire alcune esperienze un po’ forti del suo passato e vista la delicatezza della tematica preferiamo vedere Anna separatamente da Vincent, la terapia psicologica non è certo guardare dal buco della serratura ma prendere consapevolezza della propria storia personale. Ci dice Anna: “… Per un certo periodo ho utilizzato droghe leggere, alcool, ed avuto rapporti promiscui con ragazzi incontrati nei miei viaggi in Europa…”
In questo spazio protetto Anna ricorda un episodio con un ragazzo incontrato durante un viaggio in nord Europa, non ricorda bene, la memoria forse l’inganna ma qualcosa di brutto certo è accaduto. Lo si deduce dagli effetti: per qualche mese dopo il viaggio era molto nervosa, irascibile ed aggressiva. Soprattutto aveva smesso di mangiare, sino all’amenorrea e non voleva essere toccata da nessun ragazzo. Faticosamente ricorda che un ragazzo l’aveva costretta ad un rapporto senza il suo consenso. Per paura aveva lasciato fare il giovane ma poi era stata molto male e… ora ricorda bene, aveva vomitato per tutta la notte per lo spavento e lo schifo.
La vergogna le aveva impedito di parlare di quanto accaduto con i familiari e le amiche, che in effetti l’avevano messa in guardia da comportamenti sin troppo “disinvolti” con ragazzi appena conosciuti.
Ora Anna può e deve lavorare su questo suo trauma e soprattutto sugli effetti dello stesso. Sta a lei rompere il segreto e decide di parlarne con Vincent. È un racconto doloroso e sofferto, tra i pianti, quello che Anna confida a Vincent che è assai colpito e reagisce con un abbraccio fortissimo che lega ancor di più i due ragazzi.
Rotto il terribile segreto di quell’episodio e di un passato che vorrebbe cancellare e di cui sente di dovere mettere a parte Vincent, Anna passa delle settimane che definisce come in catalessi. Si sente spenta, senza forze ed energie psicologiche mentre Vincent le è di grande aiuto e segue quasi totalmente la bimba.
Dopo una fase di alcune settimane di anoressia, Anna riprende lentamente a mangiare ma è terrorizzata di non essere in grado di “tenere dentro” il cibo ma dovere correre in bagno a vomitare.
Per venire incontro a tale paura proponiamo un accompagnamento proprio sul cibo: scelta di cosa mangiare, preparazione fatta da Anna stessa, cottura e poi… in tavola, senza badare a calorie, zuccheri e pesature varie. Ciò è fatto proprio per aiutare Anna a valorizzare la percezione del cibo, il sapore, la fragranza, il gusto, il colore e non la quantità che per lei è associata al dovere poi andare a vomitare per “liberarsi” di ciò che ha mangiato.
Si tratta di un lavoro delicato e molto personalizzato che permette ad Anna di scoprire il cibo in una luce assai diversa da prima ovvero esperienza di gusto e sapore e non quantità, zuccheri o calorie che per lei sono inaccettabili.
Anna è sorpresa di questo approccio che le permette di “imparare” un modo nuovo di mangiare, dolcemente, senza fretta o forzature dato che il peso è l’ultimo pensiero per Soremax, semmai la diretta conseguenza di una ritrovata serenità che può riflettersi anche sul cibo e sul benessere della ragazza.

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Chiara e la sua bulimia


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Chiara è una ragazza trentenne che si è appena sposata. Per il marito prova dei sentimenti che non aveva mai provato per nessuno prima, tanto da ritenerlo proprio l’uomo della sua vita.
Dice: “…Per il momento va abbastanza bene… Certo abbiamo avuto qualche contrasto, ma penso sia normale in ogni matrimonio…”

La ragazza consulta Soremax perchè vuole risolvere il problema che la tormenta da tanti anni: la bulimia. Fa delle abbuffate di ogni cosa le capiti a tiro, poi presa dai sensi di colpa va a vomitare, ripromettendosi di non farlo più, invano. Mette in relazione l’esordio del suo disturbo con quelli che definisce “gravi problemi familiari”, originati dal fatto che la madre e le figlie avevano dovuto seguire il padre che per il lavoro era stato costretto a trasferirsi lontano da casa.
Trasferimento del tutto sgradito dalle donne di casa, ed oggetto di aspre discussioni in famiglia. Il trasferimento: “…Ha creato tanti problemi familiari, ci sono state ripercussioni per tutti e io mi sono presa sulle spalle i problemi di tutta la mia famiglia”. La ragazza continua raccontando di aver sempre avuto un “bellissimo rapporto” con la madre, alla quale, a causa delle difficoltà attraversate dalla famiglia, si è legata ancora di più: “Per la mamma è stato molto difficile perché trasferendosi ha dovuto lasciare tutte le sue amiche e quando è arrivata nella nuova cittadina non conosceva nessuno, era completamente sola…” Chiara continua: “…La mamma ha riversato su di me tutte le sue frustrazioni attaccandosi ancora di più di quanto già non fosse…mi ricordo che anche quand’ero più piccola facevamo tutto insieme, l’accompagnavo dappertutto… Ma a me non pesava, perché, ripeto, ho sempre avuto un rapporto meraviglioso con lei…con mio padre meno, perché l’ho sempre sentito più distante… Comunque, nello stesso periodo in cui ci siamo trovati ad affrontare questa situazione veramente pesante, è successo anche che mi sorella è rimasta incinta, ha provato a vivere per qualche mese con questo ragazzo, poi ha visto che non andava ed è tornata a casa con la bambina. Papà non voleva ma mia mamma ha insistito tanto ed è riuscita nel suo intento… Ed io mi sono sempre fatta carico di tutti i problemi della mia famiglia…” Non solo, al padre qualche anno dopo viene diagnosticata una cardiopatia che lo porta ad avere serie complicazioni fisiche e getta tutta la famiglia in grave preoccupazione.

Chiara all’inizio gestiva, di fatto, tutta la famiglia poi non è più riuscita ed è lì che si è ammalata. Dapprima era anoressica, poi ha cominciato a mangiare e vomitare e dedica almeno un’ora al giorno ad abbuffarsi, a volte capita anche più volte al giorno. Chiara ha provato a imporsi di smettere, invano, è come una dipendenza,  però più mentale che fisica, ci dice. Quando ha incontrato il futuro marito si è innamorata follemente di lui ed in pochi mesi hanno deciso di sposarsi.
“…Sposandomi credevo di risolvere in quel modo tutti i miei problemi, perché provavo un sentimento che non avevo mai provato prima, invece non è stato così… Ad essere onesta all’inizio credevo che il matrimonio mi avrebbe aiutato molto a risolvere la mia bulimia”.

Chiara dice che ha subito parlato al marito del suo problema. L’uomo molto comprensivo si è reso assolutamente disponibile ad aiutarla, sentendosi in colpa perché a causa del suo lavoro (in proprio come idraulico) spesso è via di casa tutto il giorno sino a tardi.
“…Forse questa è una difficoltà del nostro matrimonio, il fatto che ci vediamo poco, intendo, ma la mia bulimia non c’entra con lui, non è colpa sua, è un problema mio e voglio assolutamente risolverlo, perché a 30 anni ormai sono stanca…”

Di fatto Chiara continua ad occuparsi della famiglia di origine e del bimbo della sorella dato che la mamma del piccolo deve andare al lavoro. Per il fatto che Chiara non lavora (la mantiene il marito) si sente “obbligata” ad occupare il suo tempo a seguire gli altri senza mai lamentarsi.
Il lavoro terapeutico comincia a dare i suoi frutti e Chiara ammette che è davvero stanca di correre per gli altri, tenuto conto poi che quando è lei ad avere bisogno nessuno l’aiuta. Ci dice questo delusa e infastidita, quasi sorpresa di pensare e sentire così. Dapprima chiede al marito di accettare un’offerta di lavoro come impiegato presso un’officina, il che gli permette di fare orari di ufficio e smettere di lavorare sino a tardi, sabato compreso.
Riesce anche a dimezzare gli impegni con il nipotino e si ripromette di non passare tutti i giorni dalla mamma, che le trasmette tristezza e sconforto per via delle difficili condizioni del padre.
Chiara in un “momento di follia”, come dice lei, si iscrive per prendere la patente,  dato che prima non aveva potuto per motivi economici.
La patente le permette di recuperare un’autonomia insperata, spesso va dalle poche amiche che ha e visita dei paesini vicino. Inoltre si compra un bel set per dipingere con l’acrilico, tecnica semplice per una principiante come lei.
La pittura è sempre stata una passione per Chiara, passione che ha sempre dovuto lasciare da parte sino ad oggi.
Si iscrive ad un corso base di disegno, poi ad una serie di lezioni sulla tecnica dell’acrilico, poi ad un corso sulla pittura ad olio, che ritiene la tecnica più confacente per lei.
Con la sua macchinetta si può permettere di seguire i corsi, fare visita ai familiari e dedicare del tempo a sé, in una ritrovata (e meritata) indipendenza.
Un bel giorno Chiara ci dice che è incinta, non sta più nella pelle dato che pensava fosse già tardi vista la sua età!
La gravidanza, anzi la gioia della gravidanza le da una forza immensa e sente ora di essere capace di “tenere a bada” il sintomo bulimico, che già si era assai ridotto nei mesi precedenti.
Chiara passa una gravidanza senza difficoltà ed il rapporto con il cibo è quasi normalizzato, evita alcuni alimenti ma per lei è davvero una grande vittoria, mangiare e non dovere correre a vomitare.
Chiara in seduta dice: “… Si sente spesso prima il dovere e poi il piacere, io aveva fatto di queste parole i miei comandamenti, di fatto mi ero imprigionata senza speranza…”

Nella storia di Chiara emerge subito la centralità del rapporto tra la ragazza e la madre, che lei definisce “bellissimo”, ma che ha all’apparenza tutte le caratteristiche di una dipendenza reciproca, all’interno della quale Chiara è stata collocata dalla madre stessa nel ruolo di suo partner, andando così ad occupare il posto del padre e caricando sulle proprie spalle il peso della famiglia e dei suoi problemi, proprio come spetterebbe fare “all’uomo di casa”.
Il padre, definito da Chiara “distante”, sembra non contare nulla all’interno di questa famiglia, in cui la madre si allea sempre con le figlie. L’oscillazione, che evidentemente Chiara sperimenta nella relazione con la madre, tra una posizione di dipendenza e l’esigenza d’indipendenza, della quale è anche ben consapevole, si concretizza nel rapporto con il cibo, dove l’iniziale anoressia sembra manifestare il desiderio di emancipazione della ragazza non solo rispetto alla madre, ma probabilmente da tutto il nucleo familiare, mentre il successivo cedimento della bulimia segna il suo rimanere inchiodata ad una situazione troppo gravosa.
Questo passaggio di Chiara dall’anoressia alla bulimia, inoltre, esprime il fallimento nel suo progetto di mantenersi “più forte”, sino a quando non ce “l’ha più fatta”, e in questa sua ammissione si palesa il sentimento di sconfitta e cedimento insito nella bulimia.
Il matrimonio sembrerebbe l’ennesimo tentativo, in parte anche consapevole “Credevo che sposandomi avrei risolto i miei problemi” afferma Chiara riferendosi ai disturbi alimentari “Ma non è stato così” nel tentativo di emanciparsi dal difficile ruolo che occupa rispetto alla famiglia di origine.
La ragazza vive come una tappa decisiva l’avere trent’anni, come se quest’età segnasse per lei un passaggio decisivo e la necessità di apportare un cambiamento.
Ed un grande cambiamento è avvenuto: Chiara ora accudisce Elena, la piccola appena nata che ha impresso un enorme e gioioso rilancio alla sua vita…

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Carla e il suo gruppo

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Carla ha 32 anni ed ha esordito con il sintomo anoressico a 13 anni. Ha iniziato a non mangiare più determinati cibi arrivando, per sottrazione, ad eliminarne tantissimi. A seguito di ciò ha subito un ricovero durato due mesi all’età di 15 anni, mediato dalla sua famiglia d’origine. Ne sono poi seguiti altri, in cui la sua famiglia di origine non aveva una parte attiva, “…Facevo la valigia dopo essermi messa d’accordo con il medico curante e andavo a farmi ricoverare”.
Carla ci racconta che la sua vita si svolge fra il lavoro e le cure psicologiche, lavora come psicomotricista per bambini. E’ molto impegnata nel suo lavoro, per il quale manifesta una grande passione e che la mette in contatto con bambini che hanno gravi problemi di relazione e di comunicazione. Questo lavoro delicato e complesso, con bambini in difficoltà, non le suscita angoscia, anzi a suo dire le consente di darsi e di sostenere un’identità. Relativamente al lavoro dice di avere più problemi con i colleghi, soprattutto quando questi pensano di andare al di là del rapporto lavorativo e propongono situazioni di relazione anche solo amicale. Carla non ha amicizie e frequentazioni, vive in una parte della casa dei genitori, con i quali condivide un comune ingresso. Ha provato a vivere in un alloggio lontano dai genitori ma non ce l’ha fatta poiché ad un certo punto l’angoscia e le crisi di panico hanno avuto il sopravvento. Oltre a questo fa delle gite in bicicletta, rigorosamente da sola, in confini abbastanza precisi dentro i quali si sente protetta.
Ha sempre frequentato gruppi di terapia corporea, gruppi in cui il lavoro psico-fisico è centrale per mettere in relazione le emozioni con il corpo. Ci dirà che ha pensato di entrare a far parte di un gruppo terapeutico Soremax perché nonostante tutti questi anni di lavoro su di sè, continua ad avere problemi legati al cibo, anche se oggi riesce a gestirli meglio, pertanto sentire le esperienze di altre persone che hanno difficoltà con il cibo pensa possa esserle utile.

Carla arriva alla prima seduta di gruppo molto impaurita e angosciata. Si siede su di una sedia libera, la più vicina alla porta di uscita e da allora quello sarà il suo posto, che non abbandonerà più. Nelle prime sedute di gruppo anche se sollecitata dalle altre partecipanti, parlerà poco e non si collegherà ai discorsi che vengono fatti nel gruppo.
Per alcuni mesi Carla porterà la sua difficoltà ad entrare nel gruppo, in particolare dirà che esso è diverso dagli altri, di cui ha fatto parte. Racconterà di come sia difficile ed angosciante farne parte: “…Qui siamo sempre le stesse, ci si vede sempre lo stesso giorno e alla stessa ora, si parla solo. Nei gruppi di analisi corporea c’è sempre qualcuno nuovo, non ci sono mai sempre le stesse persone anche i luoghi dove si svolgono possono cambiare”.
Per Carla alcuni elementi di costanza e di socialità del gruppo sembrano quasi intollerabili, l’angosciano e la preoccupano, anche il solo parlare piuttosto che l’agire le sembra inutile.
Questa difficoltà a prendere parte alle sedute la porterà a saltarne molte per un certo periodo.  L’impressione è che tali assenze siano il segno di un’ angoscia quasi insopportabile della vicinanza, a cui si può rispondere solo con l’allontanamento.
Evitiamo di “sollecitare troppo” Carla a partecipare, è bene si conceda un tempo un po’ più lungo prima di decidere se il gruppo è utile per lei. Quando Carla riprende le sedute ci racconterà soprattutto cosa le succede o le è successo negli stage di analisi corporea, non sempre facili da comprendere da parte delle altre ragazze. Poco a poco, dopo un certo tempo, Carla inizierà a legarsi a qualche discorso che nel gruppo si sta svolgendo, mantenendo comunque sempre una sua parvenza d’estraneità. In particolare inizia a legarsi ai discorsi che il gruppo fa sui genitori e loro bizzarrie. In uno di questi racconti, ad un certo punto, Carla spiegherà come a casa dei suoi genitori, non abbia mai avuto un posto che fosse veramente il suo. Ovvero lei aveva un suo posto a tavola, un suo letto, ma entrambi, quando erano presenti ospiti, venivano offerti a quest’ultimi. Al punto  che Carla non si siederà più al suo posto ma in uno che normalmente rimaneva vuoto e che comunque non sentirà mai suo.Tutto ciò verrà legato anche alla paura che Carla ha relativamente al suo posto nel gruppo, alla possibilità che le venga sottratto, che possa essere occupato da qualche d’un altro.
Ora ha inizio una “seconda fase” in cui Carla, pur mantenendo una sua posizione un po’ isolata e ritrosa, inizierà a legarsi, per quanto le è possibile, ai discorsi che avvengono nel gruppo.

Carla parlerà del suo rapporto con la madre e di quello della madre con lei. Ci dirà: “Mia madre non mi ha mai desiderata, ne aveva già fin troppo di mia sorella, non voleva altri figli, era mio padre che voleva altri figli, che desiderava che la propria moglie fosse madre”.
Aggiunge: “…Mia madre si è sempre lamentata della mia nascita, ed io mi sento riconosciuta da lei solo quando mi critica o mi rimprovera”. Il padre è invece descritto da Carla come un padre che non ha mai saputo difenderla presso sua madre, troppo preoccupato dalle reazioni della moglie, anche se gentile e affettuoso verso la figlia quando non era arrabbiato. Emerge però che questa gentilezza del padre verso Carla era rimproverata dalla madre, la quale spesso rimproverava il marito d’eccessive attenzioni verso la figlia. Questa accusa e la gelosia che la madre mostrava verso Carla per le attenzioni che il padre le dedicava, risuoneranno spesso in Carla che non riuscirà mai a dare un confine preciso e neppure a comprendere cosa la madre rimproverasse veramente al marito.

Va sottolineato come Carla continui a non avere relazioni amicali, ancora meno relazioni sentimentali che non riesce neanche ad immaginare, solo l’idea la fa entrare in uno stato d’angoscia. Inoltre le sue gite in bicicletta, a cui si accennava prima, devono svolgersi entro confini precisi in quanto oltre tali confini sente che potrebbe essere aggredita e che ha dovuto rinunciare ad una casa fuori da quella genitoriale a causa della paura e dell’angoscia che la prendeva di notte a sentire i rumori nella strada immaginando che potesse essere oggetto di un’aggressione.
Gli altri discorsi a cui Carla si potrà collegare nel gruppo sono in particolare quelli relativi a condotte autolesive, che anche altre partecipanti hanno avuto nella loro storia. In particolare  racconterà che beve tisane cosi calde, da ustionarsi la gola tanto da dover ricorrere a cure di pronto soccorso, dicendo di non rendersi conto del loro calore se non solo dopo che si è ustionata.
Un giorno Emma, una compagna di gruppo, racconta che deve uscire dalla stanza che ha in affitto per dei lavori urgenti (la rottura di un tubo) e per alcune settimane non sa dove dormire.
Carla è sconvolta perché di getto e senza pensarci su si offre di ospitare a casa sua la compagna per qualche tempo…
Il suo viso manifesta lo sgomento che prova, però sente che ha fatto bene a offrire accoglienza a Emma. Tutto il gruppo è piacevolmente colpito dall’offerta di Carla, si comprende che per lei è un passo molto importante vista la sua paura della vicinanza delle persone.
Le due ragazze “convivono” bene assieme per alcune settimane tanto che Carla offre ad Emma la possibilità di restare da lei in affitto nella stanza in più che ha a casa sua.
Detto fatto si accordano, Carla sembra più “morbida” e curiosa di conoscere maggiormente Emma, con cui si deciderà ad andare in bicicletta nei suoi soliti percorsi.
Emma poi, che ha un rapporto molto più sereno con il cibo, si offre di preparare dei piatti “light” da mangiare assieme a Carla. La presenza di Emma nello “spazio psicologico” di Carla rappresenta un passo molto importante di socializzazione ed affettività.
Sono passati molti mesi, Emma è sempre inquilina di Carla e la convivenza funziona.
Sarete sconvolti nel sapere che un bel giorno Carla ha invitato tutte le sue compagne del gruppo per un aperitivo, la cui preparazione “materiale” è affidata ad Emma. Carla vive con piacere la presenza delle compagne a casa sua, è sorpresa di non sentirsi angosciata, anzi spesso si ritrova a sorridere con le altre…
Che dire, un evento inatteso ha spinto Carla ad offrire ospitalità ad Emma, un’apertura “al mondo” frutto della fiducia e confidenza che si è creata nel gruppo tra le ragazze. Ancora una volta il gruppo, in quanto tale, ha mostrato la “forza” della sana socialità, della confidenza e fiducia che può instaurarsi tra le ragazze nel frequentarsi per un periodo sufficiente di tempo.
Il lavoro terapeutico continua e Carla sente di non essere più così terrorizzata dalla presenza di altre persone anzi, mangia addirittura assieme ad altre ragazze…


Il testo è redatto nel rispetto del Codice della Privacy-GDPR-regolamento UE 2016/679






Angela

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Angela è una ragazza siciliana che proviene da una famiglia di modeste origini e delle tre figlie è l’unica che ha voglia di studiare, con l’aiuto dei genitori che ripongono in lei tante speranze.
Si laurea in lingue e dato che nella sua città ha trovato soltanto lavori precari, senza indugio lascia casa sua per andare a Parigi per un’offerta interessante in un’azienda multinazionale. Può ben utilizzare la sua conoscenza dell’inglese e soprattutto del francese che orgogliosamente tutti le riconoscono di alto livello.
La vita a Parigi non è facile per lei, va a vivere con un’amica siciliana per dividere le spese, il ritmo della capitale è frenetico ed il clima proprio la fa soffrire, ma per via del buon lavoro mette in conto di dovere “sopportare” ciò per qualche anno, poi si vedrà…
Angela non è mai stata una mangiona però a Parigi va proprio male con il cibo: compra “schifezze” senza fare molto caso agli ingredienti, spesso salta il pranzo e poi si abbuffa alla sera, è molto sregolata e troppo spesso a cena beve del vino in quantità eccessiva. La coinquilina, che è appassionata alla cucina, cerca di aiutarla con piatti gustosi ed equilibrati ma invano.
Il vino comincia ad essere un vero problema per Angela, ne beve troppo e spesso, poi sta male in casa. L’amica comincia ad essere in difficoltà quando Angela è alticcia tanto che decide di lasciare la casa per cercare un’altra sistemazione. Nel momento in cui Angela resta sola in casa la bottiglia diviene il solo svago, nutrimento, ansiolitico e compagno.
Dopo qualche ritardo di troppo in ufficio riceve una lettera di richiamo per gli orari che non rispetta ed il suo capo, che pur l’apprezza, cerca di metterla con le “spalle al muro” a fin di bene.
Dopo uno scambio assai teso Angela promette di farsi seguire in un gruppo di aiuto per alcolisti altrimenti il suo posto di lavoro è a rischio.
Passano alcuni mesi ed Angela sembra recuperare “il controllo” sul vino però non mangia più e perde peso a vista d’occhio. Sul lavoro i colleghi sono preoccupati per Angela, le stanno vicino ed aiutano per quello che possono ma la ragazza (ora è astemia) è decisamente sottopeso.
Angela da troppo tempo non va a casa in Sicilia ed i genitori decidono (senza dirle nulla) di andare a Parigi da lei per capire cosa stia accadendo. La trovano in pessime condizioni, confusa e “perduta”.
Insistono per tornare tutti assieme in Sicilia, il lavoro verrà dopo, si tratta di salvare Angela che è in un vicolo cieco.
Di fatto la portano a casa per curarla. Il medico di famiglia chiarisce che la ragazza va seguita in un centro adatto e consiglia una comunità specializzata nei disturbi alimentari in Lombardia.
Angela non vorrebbe andare ma è senza forze e si lascia convincere. Descrive così la sua esperienza: “…Sembrava una caserma, camerate con vari letti, niente privacy, orari e doveri quotidiani. Ragazze che camminavano senza meta, sedute di psicoterapia quotidiane e tanti psicofarmaci.”
Dopo due mesi Angela decide di lasciare la comunità nonostante il parere contrario dei medici e dei familiari e riprende a bere, torna a casa ma ha con sé il telefono di uno psicoterapeuta di Soremax, ricevuto da una compagna di stanza.
Ci chiama e vista la distanza possiamo proporle inizialmente delle sessioni via Skype in attesa di vedere poi come procedere. Angela coraggiosamente si rende disponibile a venire a Nizza, città che pensa le potrebbe anche piacere.
Il lavoro di persona consente ad Angela di iniziare ad affrontare sia le tematiche relative al cibo che la sua dipendenza dall’alcool, sempre presente sullo sfondo della sua vita.
Trova una stanza in affitto ed un lavoretto come lavapiatti in una pizzeria in città per potere continuare il lavoro terapeutico.
Sul lavoro si fa apprezzare, è sprecata come lavapiatti, ovviamente, ed una cliente della pizzeria le propone di seguire il suo bambino in casa come nounou. Angela accetta, ha orari normali ed i bimbi le piacciono, anzi ne vorrebbe uno suo. Un giorno viene in seduta molto angosciata, racconta un sogno ma è troppo confuso da interpretare: c’è del vino… una festa… dei ragazzi… e altro poco chiaro.
Di colpo ricorda che un ragazzo quando era ancora adolescente l’aveva fatta bere molto ad una festa e poi lei si era ritrovata in strada con lui ubriaca e senza la giacca che aveva con se. È molto scossa, comincia a farsi largo l’idea che il ragazzo le possa avere fatto qualcosa mentre era ubriaca dato che non l’ha più visto o sentito. Inizia a piangere, ha una voglia spasmodica di bere, il che darebbe conto dell’uso del bere come “antidoto” all’angoscia di contenuti sessuali rimossi.
È un passaggio doloroso e traumatico che ora lentamente giunge alla coscienza di Angela e permette di rileggere la sua dipendenza dall’alcool e l’uso che fa del bere per “dimenticare”.
Passa un mese difficilissimo che preoccupa anche noi, sembra che il bere ed il cibo siano totalmente fuori controllo per Angela. Intensifichiamo le sedute per creare una specie di “perimetro psicologico” attorno ad Angela che lentamente emerge dalle sue angosce. Il lavoro psicologico e sensoriale sul tema del cibo prosegue, senza mai perdere di vista anche la dipendenza dall’alcool.
Dopo oltre un anno di terapia psicologica in abbinamento ad un mirato accompagnamento sul tema del cibo per farle riprendere il piacere del cibo stesso via profumo, colore, gusto e giusti  abbinamenti, Angela ha messo qualche chilo di peso ed è molto più attenta a ciò che mangia in termini di qualità, senza calcolare zuccheri o calorie.
Ha molto meno bisogno di bere e fisicamente si sente più leggera e “lucida”. Il lavoro continua, ma Angela non è più a rischio della sua vita, può fare dei progetti sia in termini di lavoro che di vita personale, in una parola ha ritrovato la speranza di vivere, che per lunghi anni era totalmente scomparsa da lei.

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Valerie

 

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Valerie è una ragazza diciannovenne che si trasferisce a Nizza per cercare un lavoro lontano dal suo paesino di nascita.
Ha due fratelli più grandi di lei che descrive rozzi ed appassionati solo al calcio.
Con i genitori la relazione è “essenziale”, descrive il padre come un gran lavoratore (è muratore) che non fa mancare nulla in casa ma parla pochissimo ed ha difficoltà ad interagire con Valerie.
La mamma è la classica casalinga che si occupa di fare andare avanti la casa, lava e cucina per tutti i “suoi maschietti”. Valerie descrive la mamma coma una brava persona, dedita al sacrificio per i familiari e che non chiede nulla per sé.
Appena presa la patente papà e mamma le regalano una piccola Smart, che è un regalone per lei, del tutto inaspettato.
É molto contenta della vetturetta e comincia a pensare di lasciare il suo paesino per venire a Nizza, cercare lavoro e poi si vedrà…
I genitori sono dispiaciuti nel vederla partire, però consapevoli che nel paesino non ha chance di trovare un lavoro di qualche interesse, mentre i due ragazzi già lavorano con il padre ed a loro va bene così.
Valerie non ha un diploma, non ha mai avuto voglia di studiare e non ha particolari interessi. A Nizza trova lavoro come cameriera in un ristorante sul lungo mare.
Condivide la casa con altre due ragazze francesi, sistemazione che valuta positiva dato che le tre ragazze si frequentano anche extra lavoro, piacevolmente.
Valerie è sempre stata magra e curata nel suo aspetto, piace ai ragazzi ed ha avuto una storia con un suo coetaneo che descrive come timido ed affettuoso. Sono stati assieme per due anni poi, di comune accordo, si sono lasciati perché: “…La nostra relazione era ormai spenta, solo routine e niente progetti per il futuro…”
Valerie, spinta dalle due coinquiline inizia a bere vino e talvolta super-alcolici, tira tardi nei locali, va a ballare e sente che la vita nella “grande città” fa proprio per lei.
Conosce alcuni ragazzi ma non si sente pronta per una relazione importante, vuole divertirsi e non pensare, per il momento, al futuro.
Con le coinquiline decidono di fare una vacanza assieme in Corsica per tre tre settimane in un villaggio. L’esperienza del villaggio piace molto a Valerie, mare, sole e divertimento alla sera con tanti ragazzi simpatici che “flirtano” con le tre amiche.
Un ragazzo in particolare modo entra assai in confidenza con Valerie. Henri è uno degli animatori del villaggio, bello, simpatico, atletico, sempre sorridente. Avete ben capito il seguito, hanno una storia al villaggio che poteva terminare li, ma….
Ma Valerie ed il ragazzo decidono di continuare la storia anche se Henri deve restare sull’isola per il suo lavoro praticamente tutto l’anno.
Complici i viaggi low cost in aereo riescono a vedersi ogni mese o in Corsica o a Nizza e tutto sembra volgere al meglio tra i due ragazzi.
Non solo, Valerie comincia a pensare di trasferirsi in Corsica per trovare una casetta con Henri ed andare a convivere. Ne parlano spesso e tutto sembra fattibile in tempi brevi.
Un giorno Valerie percepisce Henri “freddo e lontano”, non capisce bene cosa accada e non riesce ad avere risposte dal ragazzo. Dovevano vedersi da li a qualche giorno ma Henri tentenna e non fissa una data per il loro incontro. Per farla breve Valerie “sente” che Henri le nasconde qualcosa di molto importante. Di colpo il ragazzo “sparisce”, non risponde ai messaggi ne al telefono, come fosse morto.
Valerie recupera il telefono di un ragazzo dello stesso villaggio e gli chiede di Henri. La risposta è un tonfo al cuore per Valerie. Il ragazzo le dice che è venuta la moglie di Henri al villaggio per restare con lui ora che è incinta!
Panico, delusione, rabbia e sgomento, Valerie è distrutta. L’effetto su di lei è devastante, non dorme per giorni, non mangia, piange, si prende un mese di malattia ed assume psicofarmaci. Le coinquiline fanno il possibile per starle vicino ma è assai difficile, Valerie sembra una zombie. Perde rapidamente peso, beve solo acqua ed a parole dice di volersi uccidere. Le coinquiline sono terrorizzate, sono certe che Valerie non dice sul serio ma è il segno dell’enorme sofferenza per quanto accaduto.
Passano alcuni mesi in cui Valerie riprende parzialmente il lavoro, è magra da fare paura e non ha più le mestruazioni. Forzata dal suo medico entra in ospedale per alcune settimane, esperienza assai negativa, nelle parole di Valerie. “…Giornate lunghissime segnate solo dal momento dei pasti sotto l’occhio vigile ed inquisitorio delle infermiere. Cibo senza alcun gusto e tanta noia. Tante altre ragazze come me, disperate ed “invisibili”…”
Esce dall’ospedale con un paio di chili in più ma sempre depressa e ferita nel suo animo.
Va avanti così per un anno, Valerie è sempre magrissima ed è terrorizzata di mangiare, appena assume qualcosa sente lo stomaco scoppiare ed ha spesso voglia di vomitare.
Le coinquiline la “prendono di peso” e costringono a fissare un appuntamento con Soremax, e l’accompagnano al rdv con la speranza di potere ritrovare l’amica che sembra ormai solo lasciarsi andare senza alcun desiderio.
Per potere comprendere la paura del cibo che Valerie sente per lei minaccioso, potenzialmente velenoso e quindi impossibile ad essere assunto come nutrimento le proponiamo il nostro test PCS.
Il test PCS vuole indagare le emozioni profonde che impediscono a Valerie di approcciarsi agli alimenti per quello che dovrebbero essere: nutrimento si, ma anche (e soprattutto) gusto, piacere, profumo ed appagamento.
Il test prevede anche una serie di assaggi (carote, pomodorini, Parmigiano Reggiano, olive, Feta…) e dagli assaggi possiamo raccogliere preziose informazioni sulla connessione tra il cibo e le emozioni di Valerie. Tali connessioni cibo-emozioni, sono l’avvio del lavoro terapeutico e di ripresa di un’alimentazione in cui il sapore, l’odore ed il gusto tornano ad essere basilari.
Il lavoro psicologico e terapeutico dei colloqui va di pari passo con la ripresa del piacere del cibo, in un processo che vede entrambi i versanti da indagare per consentire a Valerie di superare lo choc del “tradimento” di Henri, riprendere a vivere appieno ed, ovviamente, alimentarsi senza percepire il cibo come veleno o nemico da cui restare ben alla lontana.

Il testo è redatto nel rispetto del Codice della Privacy-GDPR-regolamento UE 2016/679