Storie di bilinguismo: evento APSI

 

 

L'APSI organizza questo interessante evento a Parigi. 

 

La ricchezza del bilinguismo o del plurilinguismo e oggi innegabile, eppure questa danza delle lingue, nella parola e nel pensiero di noi espatriati, è sempre fonte di riflessioni e di questioni.

Noi vogliamo interrogare il bilinguismo dal punto di vista clinico, a partire dalla nostra esperienza di psicologi italiani in Francia, confrontati nel nostro lavoro a una pluralità di realtà linguistiche, e consapevoli che la scelta della lingua da usare in un’analisi o in una psicoterapia non è mai casuale e tocca quella materialità della parola che ci è cara nel nostro lavoro quotidiano con i pazienti.

Vogliamo inoltre dialogare con scrittori e artisti, ma anche con un pubblico più vasto: con genitori espatriati che ancora, a volte, ci chiedono se il bilinguismo sia un ostacolo o uno stimolo nello sviluppo psico-cognitivo del loro bambino.

Vogliamo dialogare con gli insegnanti e gli educatori, con i giovani, gli studenti, gli adulti e gli anziani italiani che vivono in Francia.

La lingua madre ha per ciascuno di noi un valore singolare che varia a seconda della nostra storia, dell’epoca della nostra emigrazione, del contesto sociale e culturale dove viviamo.

Vogliamo riflettere sul bilinguismo italo-francese, ma anche sul plurilinguismo in generale, dal punto di vista clinico e a partire dagli affetti, dalle inibizioni, dalle nevrosi, dalle paure, dalle emozioni, che orientano e colorano il nostro modo di essere e di costruire i legami sociali.

Vi aspettiamo numerosi per condividere con noi le vostre esperienze e le vostre storie di italiani in Francia, bilingui esperti, principianti o in potenza.

Cinzia Crosali


 

Il panico e la paura di Aldo

Foto di Andrzej da Pixabay

Aldo è un appassionato di Aikido, arte marziale giapponese che ha praticato a Roma per tanti anni. Al suo trasferimento a Parigi continua la sua pratica presso un centro della capitale e frequenta la palestra quattro volte alla settimana ed il sabato da una mano con i giovani allievi, su richiesta del suo Maestro. E' molto apprezzato ed assai preparato tecnicamente anche per la sua permanenza di quasi un anno in Giappone presso un Maestro che è una leggenda dell'Aikido. In Italia aveva lavorato come autista di bus di linea nella sua Roma, lavoro troppo stressante a turni che gli rendeva difficile frequentare la palestra. Su indicazione di un allievo decide di traferirsi in Francia per divenire autista Uber a Parigi. Quando non lavora è in palestra, sua passione e vita.

Aldo è un bel ragazzo, fisico asciutto e muscoloso, simpatico e solare. Sempre pronto ad aiutare gli altri sia in palestra che al di fuori, entusiasta e curioso. Il suo sogno è potere avere una piccola palestra e diventare insegnante di Aikido quando dovrà lasciare le competizioni.

Come tutti gli atleti spesso ha avuto incidenti e infortuni ma niente di serio, lividi e costole incrinate fanno parte del corredo del "Samurai".

Quando riesce a mettere da parte una certa somma, acquista un biglietto per tornare in Giappone e si iscrive ad "un Master" di perfezionamento di Aikido, propedeutico a farlo diventare insegnante della disciplina.

Mentre è in volo per il Giappone Aldo sente di non avere molto appetito, certo è l'emozione di tornare nel paese del Sol Levante per alcuni mesi e mangia svogliatamente.

Ma il peggio sta per cominciare (parole sue): ha nausea e dopo nemmeno mezz'ora deve correre in bagno a vomitare quel poco che ha mangiato. Aldo è bianco come un cencio, gli tremano le mani, il cuore va a mille e si sente in panico. Chiede aiuto ad un passeggero che gli offre due Xanax.

Al primo giorno di corso alla palestra con gli altri allievi al cospetto del Maestro, Aldo quasi non riesce a parlare per presentarsi, nuovamente è bianco come un cencio con il cuore a mille e sente un freddo esagerato.

Il Maestro lo invita ad uscire dal "materassino" mentre lo fa accudire dai suoi collaboratori. Ancora una crisi di angoscia, Aldo non si capacita di stare così male. 

Torna in stanza e deve chiamare il medico dell'hotel. Gli vengono prescritti farmaci ansiolitici per alcuni mesi di terapia. Per farla breve Aldo deve rinunciare al corso, non se la sente proprio di andare avanti. Vuole solo tornare a casa nemmeno a Parigi ma a Roma, dai genitori in pensiero per lui.

Rientrato a Roma si rinchiude in casa, deluso, sofferente e demoralizzato. Mai avrebbe pensato potesse capitare una cosa del genere a lui! Un suo allievo di Parigi gli indica il mio nome e "obtorto collo" ci sentiamo via Skype ma non è un incontro facile, Aldo sembra l'ombra di quel giovane atleta di Akido, solare ed entusiasta. Riesco "a convincerlo" a sentirci almeno qualche volta via Skype, poi si vedrà. Gli chiedo dei sogni ma non ricorda nulla, dorme come un piombo per via dei farmaci che assume. Sento di dovere essere molto più "interventista" di quanto auspicabile, credo che dopo qualche seduta Aldo avrebbe "lasciato il colpo" e smesso gli incontri.

Mi gioco la carta dell'Aikido. Marco, un mio cugino romano lo ha praticato per molti anni. Mi invento questo "atto": Marco si aspetta che Aldo lo chiami per parlare assieme, uso mio cugino come "medium" tra me e Aldo per mobilizzare qualcosa. Non ho certezza del risultato ma se non si tenta..!

Marco propone ad Aldo di incontrarsi di persona, si vedono a Roma in centro e parlano per un po'. Mio cugino mi riferisce che lo ha visto proprio spento, vuoto ed impaurito. IMPAURITO: mi colpisce questa acuta osservazione di Marco, impaurito di cosa, uno come Aldo che non dovrebbe avere paura di nulla...

Nel successivo Skype con Aldo lo interrogo, con decisione, sul tema della paura. Paura di cosa, tanto da avere un effetto così grande su di lui. Niente, non mi racconta nulla di pertinente e onestamente non so che fare, ammetto la mia impotenza e ne parlo con lui. A questo punto con grande esitazione Aldo mi confessa che mesi prima ha avuto dei rapporti con la ragazza delle pulizie della palestra ed è terrorizzato da quando lei gli ha detto in modalità "scherzosa" di fare il test dell'HIV dato che ha avuto tantissimi uomini...

Queste parole hanno avuto un effetto devastante su Aldo, si è sentito in trappola, fregato e ad un passo dal morire di AIDS, proprio lui che è sempre stato attento e cauto, ma con quella ragazza no...

Si è "tenuto dentro" ciò, con il terrore di essersi infettato, malato e di li a poco morire malamente di AIDS.

Finalmente Aldo ha sputato fuori il rospo! Ma è consapevole che dovrà affrontare la paura di fare il test e conoscere il "verdetto".

Ci lavoriamo un paio di mesi, mesi difficili, Aldo è molto ambivalente, alterna fiducia e speranza e momenti in cui si vede già morto, complice il fatto che ha perso qualche chilo di peso...

Gioco nuovamente la carta di mio cugino Marco che lo accompagnerà a fare il test in Ospedale e poi sarà con lui alla lettura dell'esito. Viene il "gran giorno" della consegna del referto che Aldo non ha il coraggio di guardare per primo, tocca a Marco aprire la busta... Il referto è negativo, Aldo non ha contratto l'infezione! Potete immaginare la gioia di entrambi, Aldo è contento come un bambino, non sta nella sua pelle ed abbraccia lungamente Marco.

Aldo rientra a Parigi e torna al suo "tran-tran" abituale, con una promessa a Marco: andranno assieme in Giappone per il Master di Aikido che Aldo non aveva potuto frequentare per gli attacchi di panico.

 

P.S. Lo scritto è redatto nel rispetto del Codice della Privacy, GPDP -  Regolamento UE 2016/679.

 

 


 

 


 

 

 



 



 




 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 


Maurizio e Serena

Foto di Jean-Paul Jandrain da Pixabay

Maurizio e Serena sono cresciuti a Torino e si conoscono da molti anni, sin dai tempi del liceo. Hanno poi studiato entrambi Architettura, comune passione.

Per le note difficoltà ad avere dei contratti stabili in Italia decidono di trasferirsi a Nizza, che conoscono bene, ed iniziano a lavorare presso due studi di architetti italiani.

Alloggiano nello "studio" dei genitori di Serena, senza pagare affitto e nel giro di un anno con i loro stipendi possono considerarsi abbastanza a posto e cominciano a pensare al matrimonio.

Iniziano l'avventura delle nozze con tutte le incombenze del caso, ovviamente con la supervisione delle due mamme che come da tradizione intervengono a "gamba tesa" molto spesso. I genitori vorrebbero il matrimonio a Torino ma i due ragazzi si impuntano per celebrare le nozze a Nizza. Vada per Nizza, familiari ed amici verranno in Costa Azzurra per il loro matrimonio.

Preparativi frenetici, ormai la data è stabilita e mancano solo pochi mesi. Nel tempo libero Maurizio ama fare delle escursioni in bicicletta con un'associazione di appassionati come lui, nelle zone attorno a Nizza. Serena non è della partita, proprio non ama la bicicletta.

Tra le partecipanti alle escursioni in bicicletta c'è Corinne, una bella ragazza francese che non nasconde un certo interesse per Maurizio. Ella sa bene che lui sta per sposarsi ma non le importa.

Avrete già capito il seguito, a pochi mesi dal matrimonio di Maurizio i due hanno una fugace relazione.

Maurizio, pieno di sensi di colpa, dopo pochi incontri decide di interrompere la relazione e si rifuta di vedere ancora Corinne. Il tutto sarebbe rimasto nascosto e segreto ma il diavolo fa le pentole ma non i coperchi!

I cellulari sono gioie e dolori, in questo caso dolori immensi: Serena casualmente intravede un messaggio in cui Corinne scrive a Maurizio per convincerlo ad incontrarsi ancora...

Potete immaginare il pandemonio, Serena butta fuori di casa Maurizio che va in albergo, non solo, lei racconta a tutti ciò che ha fatto il suo fidanzato che l'ha tradita, ad un passo dal matrimonio per giunta.

Intervento dei rispettivi genitori, parole grosse e dramma per le due mamme che sembrano le più colpite dal tradimento, più ancora di Serena. Saltano le nozze, parentado che si schiera contro Maurizio che l'ha fatta davvero grossa!

Maurizio mi contatta tramite un conoscente, è distrutto e non sa che fare. Lo incontro un po' di volte e mi faccio l'idea che sia caduto come "una pera cotta" nelle braccia di Corinne. Mi convinco che sia stata solo una storia di sesso, Maurizio tiene molto a Serena ma non ha saputo fermarsi per tempo, ed ha rovinato tutto.

Quando la mamma di Serena viene a sapere che incontro Maurizio anch'ella mi vuole incontrare. Così pure la mamma di Maurizio ed un po' alla volta ricevo quasi tutti gli interessati alla triste vicenda. Di fatto vengo "utilizzato" dai membri delle due famiglie come un punto di contatto, li ricevo singolarmente e, credetemi, non è facile per me restare "equidistante".

Sono tutti sinceramente devastati dalla vicenda, attoniti e delusi per quanto fatto da Maurizio che, dal canto suo, si considera proprio una schifezza!

La vicenda prende una svolta quando la mamma di Serena vuole vedere Maurizio al mio studio, incrociare il suo sguardo e dirgli... non so cosa! Organizzo l'incontro a tre (con l'assenso di Maurizio) ed onestamente mi sarei aspettato parole di fuoco della mamma rivolte a Maurizio con l'incontro burrascoso al limite del dramma. Non va come mi sarei aspettato: con gli occhi pieni di lacrime la mamma di Serena abbraccia Maurizio e restano così a lungo senza parlare.

D'improvviso si apre uno spiraglio nel dramma: la mamma di Serena propone un incontro "diretto" dei due ragazzi in mia presenza.

Acconsento, non senza preoccupazione, all'incontro di Serena e Maurizio. Serena è incazzata nera (giustamente), ma vorrebbe salvare quanto di buono c'era stato nella loro lunga storia. Maurizio manca poco che collassi da tanto è angosciato e addolorato e viene tempestato dai rimbrotti di Serena che sembra un fiume in piena. Mi trovo a fare l'arbitro di un incontro di boxe, per evitare che Maurizio finisca a terra quasi morto!

Ne usciamo malconci ma vivi, anzi Serena propone un secondo rdv dopo pochi giorni. Per farla breve gli incontri diretti tra Serena e Maurizio si susseguono per oltre un mese. Sinceramente sono contento della piega presa dagli eventi, sento autentico il "pentimento" di Maurizio che sarebbe disposto a camminare sui carboni ardenti per farsi perdonare...

Serena pretende da Maurizio un percoso di terapia di coppia con me, dato che ormai sono "di famiglia".

Lavoriamo assieme per quasi un anno, i due ragazzi riescono a "recuperare" parti importanti della loro storia, il sentimento che li lega è ancora forte e condiviso. Serena perdona Maurizio, l'ha visto stare così male, sinceramente colpito e pieno di vergogna per quanto ha fatto. 

Serena sente di potere nuovamente affrontare il tema delle nozze: Maurizio vuole dimostrarle quanto ci tiene e decidono una nuova data. Giusto per evitare qualche "fantasma" di troppo si sposeranno a Torino, meglio per tutti...

 

 

P.S. Lo scritto è redatto nel rispetto del Codice della Privacy, GPDP -  Regolamento UE 2016/679.

 


 

 





Lucia e Gaia.

Photo: Elena Leya da Unsplash

Avevo conosciuto Lucia tanti anni fa quando lavoravo all'ABA di Milano, l'associazione per lo studio e la cura dell'anoressia e bulimia. Era giunta da noi molto sottopeso, sfiduciata da anni di cure mediche che non avevano sortito alcun risultato, con i farmaci prendeva un po' di peso, poi nei mesi successivi tornava magrissima senza mai appetito.

Mi aveva colpito sin da subito la sua intelligenza, aveva studiato fisica laureandosi brillantemente e dopo una permanenza negli USA per un master aveva iniziato a lavorare al CERN di Ginevra.

Racconta che la sua vita era fatta di giornate pienissime in laboratorio compresi i fine settimana, giusto a casa per dormire e lavarsi, nessun contatto con esseri umani a parte i fugaci scambi con i colleghi. Non aveva bisogno di mangiare, qualche yogurt, lattughe e barrette energetiche alla bisogna.

Dopo un anno così un giorno non si presenta al lavoro, i colleghi preoccupati la cercano a casa e trovano in stato confusionale, non si regge in piedi e la fanno ricoverare in ospedale. La diagnosi è severa: cachessia anoressica. I genitori vanno a prenderla a Ginevra e la portano a Milano al S. Raffaele per le cure del caso, con un ricovero di quattro mesi per cui è costretta a lasciare il lavoro.

Ovviamente riprende peso, "bombata" di farmaci e con alimentazione forzata. Ma la sua testa rimane "anoressica", non le interessa mangiare, non le serve!

Viene dimessa con la promessa (forzata) di farsi seguire da un centro specializzato, dato che ha rischiato di morire ed ovviamente non è in grado di capire quando la sua situazione fisica è al limite, con i familiari angosciati che non sanno più che fare con lei.

Ricordo ancora la sua prima seduta al mio gruppo ABA del lunedi alle 18. Entra e saluta le altre ragazze, è molto formale e cortese, si siede in modo composto ed osserva con i suoi occhioni le altre partecipanti.

Tace a lungo ed ascolta i racconti, poi mi chiede se può parlare. Ovviamente si, ed ha modo di narrare la sua storia pur a grandi linee. Mi colpisce anche la sua memoria, riesce a ripetere tutto quanto detto dalle altre ragazze e da me come se avesse registrato, è impressionante!

Non ispira simpatia, le altre ragazze sono un po' in soggezione per il suo modo di fare distaccato e che lascia cadere dall'alto le sue parole. Passano i mesi di terapia di gruppo e Lucia sembra li di passaggio, si capisce bene che ascolta (e registra) tutto ma in cuor suo pensa di trovarsi con delle poverette sempliciotte e lamentose, lo psicologo poi dice solo banalità... Anch'io provo sentimenti controversi, mi fa molta pena ma anche rabbia per il suo modo sussiegoso di porsi nelle relazioni. Una seduta ingaggia uno scontro "culturale" con me, ha letto tutto Freud (che ovviamente ricorda benissimo) e cerca di mettermi in scacco. Cado nel tranello per qualche battuta poi riesco a "riprendermi" dato che faccio il terapeuta, non sono li per operazioni di potere o scontri con le pazienti!

Mentre dice con orgoglio al gruppo che conosce Freud meglio di me, in modo del tutto inaspettato Gaia si alza dalla sedia e si mette di fronte a lei e a "muso duro" le urla di smettere di fare la stronza, ha rotto le scatole a tutto il gruppo ed al terapeuta, non la sopportiamo più...

Anch'io sono sorpreso dalla reazione di Gaia, poi cala un silenzio densissimo nel gruppo. Dopo un po' Lucia cambia faccia, inizia a tremare, mentre piange balbetta qualcosa e chiede aiuto. Alcune ragazze si alzano e la abbracciano mentre Gaia, che l'aveva affrontata con decisione, si inginocchia davanti a lei e le prende le mani.

Lucia piange calde lacrime, non la smette più, singhiozza e chiede aiuto... La terapia si conclude in anticipo sull'orario definito, Lucia viene accompagnata a casa dal suo gruppo, anch'io sono colpito e scosso da quanto accaduto.

Da quel momento Lucia "torna sulla terra" sta male, ha bisogno di aiuto, ha paura di morire e non sa che fare. Il gruppo la tratta con affetto e lei stessa si rende conto che da sola non potrà fare niente di buono per se, la sua intelligenza la porta a flirtare con la morte e il suo corpo non sente fame, sete e dolore.

Lucia per oltre un anno lavora nel gruppo mostrando che oltre alla sua testa ha anche un'anima ed un corpo, infatti prende un po' di peso e non viene più percepita come la "fredda e distaccata stronza" che aveva impersonato nei tempi passati.

Quando sta meglio decide di interrompere la terapia, nonostante la contrarietà delle compagne e mia.

La perdo di vista per anni, notizie frammentarie la danno al lavoro in Inghilterra o negli USA...

Un giorno ricevo un messaggio WhatsApp: "... Sono Lucia, si ricorda di me? Sono di passaggio a Milano e vorrei salutarla..." Ci incontriamo in studio e Lucia si presenta con un fagottino in braccio. E' Thomas il bimbo che ha avuto un anno fa con il suo compagno, anch'egli un fisico conosciuto al lavoro al Caltech di Pasadena. 

Non posso nascondere la gioia di quell'incontro, vedere Lucia con il bimbo ha del "miracoloso". Ma le sorprese non sono finite, sotto al mio studio l'aspetta Gaia, sono rimaste sempre in contatto e sono molto "vicine" emotivamente...



P.S. Lo scritto è redatto nel rispetto del Codice della Privacy, GPDP -  Regolamento UE 2016/679.