Il principio della rana bollita

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Il principio della rana bollita: 

Se si butta una rana in un contenitore di acqua bollente la bestiola, come tocca l’acqua, spicca un salto fulmineo e riesce ad uscirne viva. Se si mette la rana nell’acqua fredda e si riscalda molto lentamente il contenitore fino ad ebollizione, la bestiola finisce bollita senza mostrare alcun segno di reazione e senza tentare di venirne fuori. Conosciamo tutti la metafora: quando un cambiamento viene effettuato in maniera sufficientemente lenta e graduale sfugge alla consapevolezza e non suscita nessuna reazione ed opposizione.

Il principio della rana bollita è utilizzato dal filosofo americano Noam Chomsky in riferimento ai popoli che accettano passivamente restrizioni, vessazioni, scomparsa di valori in totale passività. Medesimo principio può essere usato per il comportamento delle persone passive, remissive, disinteressate e disattente, che si deresponsabilizzano di fronte ai cambiamenti in corso.

Scrive Chomsky: “Se guardiamo ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva alla quale ci abituiamo. Un sacco di cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate e oggi ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti la gran parte delle persone. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità di vivere, si effettuano lentamente ed inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute. Proprio come la rana bollita, cotta a puntino, mentre sguazzava tranquilla nella sua acqua sempre più tiepida."

Anche il sociologo americano Joseph Overton ha lavorato su questi concetti: egli è noto per la sua teoria di ingegneria sociale, conosciuta coma "La Finestra di Overton". Overton ha studiato ed analizzato i meccanismi di persuasione e di manipolazione delle masse. Era particolarmente attratto dal comprendere come si potesse trasformare un’idea inaccettabile per la società in un certo momento storico e dopo alcuni anni essere considerata accettata e "normale".

Overton identifica una sequenza in progressione che consta di sei fasi:

1) Inconcepibile. Potremmo dire l'apertura della "finestra". L'idea o il comportamento è impensabile, rifiutato, spesso considerato orrendo o vietato. Però se ne parla sempre più spesso...

2) Estrema. L'idea o il comportamento è sempre considerato molto negativamente però qualcuno inizia a fare timidi distinguo e propone delle eccezioni.

3) Accettabile. Che si può sintetizzare nel modo seguente:  “Io non lo farei mai, ma perché impedirlo ad altri?” Overton nota poi che alla televisione molti "esperti" affrontano l'argomento che quindi è sempre più diffuso al gran pubblico.

4) Ragionevole. In questa fase Overton nota che l'idea o il comportamento ha perso gran parte dell'aspetto negativo o ripugnante. Si pensa: "Se riguarda poche persone può essere tollerato".

5) Diffusa. L'idea o il comportamento si diffonde rapidamente, sovente tramite i cosiddetti "influencer", che veicolano con la forza della loro persuasione il tema in oggetto.

6) Legalizzata.  L’idea o il comportamento viene accettato, normalizzato e sancito ufficialmente.

Overton si astiene dal connotare "politicamente" la sua analisi. Il suo scopo è approfondire i passaggi tramite i quali un'idea o un comportamento connotato negativamente o proibito può (ovviamente in un tempo adeguato) un po' alla volta divenire accettabile e "normale" per le persone.

Overton è ben consapevole della forza di persuasione dei media (tv e giornali) e dell'opinione pubblica nel fare accettare un po' alla volta idee e comportamenti che qualche anno (o decennio) prima non sarebbero stati mai considerati normali. Overton (morto nel 2003 a soli 43 anni) non aveva ancora conosciuto l'immensa forza di persuasione di Internet e dei Social che stavano nascendo, ad esempio Facebook è del 2004. 

Un classico esempio di finestra di Overton è il proibizionismo negli Stati Uniti. Nel periodo dal 1920 al 1933 negli Stati Uniti d'America tramite il XVIII emendamento e il Volstead Act venne sancito il bando sulla fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcool. Era il cosiddetto "proibizionismo", che tutti noi abbiamo visto in numerosi film americani. Pensate che oggi si potrebbe mai riproporre il "proibizionismo"...?

La finestra di Overton può anche spiegare come alcuni popoli abbiano potuto accettare e condividere idee e comportamenti violenti, razzisti e distruttivi (tipici delle dittature) nel volgere di non molti anni. Il riferimento è ai totalitarismi del nazismo e del comunismo, alle operazioni militari chiamate "missioni di pace" ed alle limitazioni delle libertà fondamentali a causa della pandemia...

Paura, sospetto e delazione

 

© Martino Nicoletti

L'antropologo Martino Nicoletti reduce da un soggiorno in Francia, ci narra la sua esperienza all'aeroporto internazionale di Nantes, in attesa del volo per l'Italia.

Da una parte ci racconta con sollievo che all'aeroporto non vi è più l'obbligo della mascherina, al contempo però egli ha una sensazione "strana". Orbene da li a pochi attimi incrocia un folto gruppo di militari armati all'interno dell'aeroporto stesso, con il fucile appoggiato alla spalla, quindi in stato di pattugliamento ed allarme.

La sua mente vola al ricordo dei pesanti controlli ai tempi del terrorismo internazionale pur in mancanza, al momento, di allarme esplicito per il terrorismo.

Con sua sorpresa quando è nel gate per imbarcarsi è attratto dagli schermi che negli aeroporti di solito trasmettono previsioni meteo, pubblicità e notizie di attualità. La sua attenzione è colpita da un cartone animato che sollecita i passeggeri in transito a prestare molta attenzione ad eventuali borse, zainetti o bagagli all'apparenza incustoditi da segnalare prontamente alla sicurezza o alla Polizia.

Niente di strano, lo sappiamo tutti ed è un consueto messaggio in spazi di transito in qualunque parte del mondo.

Ma, il cartone animato prosegue con altre situazioni. Ad esempio: un passeggero vede una porta semi aperta e quindi avvisa la sicurezza, chissà mai che non si nasconda un pericolo.

Altra immagine: una signora prende una foto all'interno dell'aeroporto ed allora il buon passeggero dotato di gran senso civico ha un sospetto e prontamente avvisa la sicurezza.

Anche una persona accaldata, stanca e semi nascosta dietro una colonna è fonte di sospetto, potrebbe essere un terrorista ed il buon cittadino si sente in dovere di avvisare la Polizia.

Nicoletti poi osserva che le figure del cartone animato, peraltro assai ben fatto sono senza mascherina, ma non hanno volto, quindi nessuna espressione. 

Quindi "esseri" mossi dall'allarmismo e dal sospetto non fanno altro che individuare situazioni potenzialmente pericolose e fare il loro buon dovere di denunciare alla hostess o al poliziotto che sta facendo la ronda, il loro sospetto. 

Nicoletti osserva che ora che il Covid sembra dietro di noi, non ci sono più il Green Pass ed il pericolo terrorismo, si cerca di instillare nelle persone un allarme continuo. Le persone vengono tenute costantemente ad un livello di percezione di pericolo ed insicurezza, spaventate e con la sensazione che qualcosa di grave può arrivare di colpo. Non solo: il cittadino dovrebbe essere anche un "poliziotto", guardarsi attorno attento a denunciare potenziali o manifesti pericoli.

A tal proposito viene in mente il film drammatico "Le vita degli altri" girato a Berlino est ai tempi della Stasi, ogni cittadino non è solo poliziotto ma anche "agente segreto". Invece della fiducia, della concordia o del semplice "rapporto neutro" tra le persone, c'è sempre del sospetto in un clima di pericolo imminente, il che giustifica la delazione.

Nicoletti scrive che tra poco non serviranno nemmeno più le telecamere, "il bravo cittadino" sarà egli stesso una telecamera in grado di osservare e denunciare eventuali persone o situazioni di pericolo.

Esagerazione direte voi! Però ci ricordiamo ancora gli inviti, nel mentre dei confinamenti, a denunciare i vicini riuniti a cena con amici e non solo con i familiari, o chi usciva senza motivo ben oltre la distanza permessa. Dall'inizio della "pandemia" è stato tutto un allontanare fisicamente (e non solo) le persone, impedire di darsi la mano, figuriamoci abbracciarsi, spaventare vecchi e giovani per il contagio, dividere e contrapporre vaccinati e non, costringere all'uso del green pass e poi di quello "rafforzato". Il tutto in un clima costante di paura con bollettini di guerra su morti e contagi.

Ricordo ancora il giorno di Natale del 2020 a Milano. Mia moglie ed io avevamo a pranzo i cognati e la giovane nipote. Ebbene per le regole anti contagio solo due persone dello stesso nucleo familiare potevano stare nella stessa vettura. Quindi le due donne sono venute in auto e nostro cognato in moto con un freddo cane. Un bicchiere di ottimo vino rosso l'ha rimesso in sesto dopo la freddata che si è preso... No comment!

BUT THE SHOW MUST GO ON...



 




 

le relazioni "tossiche"

 
© Anastasia Skylar - Unsplash
 
Silvia è una ragazza bella e fine, sempre ben vestita (è un suo vezzo). Intelligente e brillante negli studi si è laureata in una prestigiosa università italiana poi ha conseguito un master in Inghilterra. Mi racconta che al liceo aveva molti ragazzi che "le facevano il filo" ma non era particolarmente interessata agli spasimanti. Aveva avuto delle storielle, ma niente di serio.
All'università aveva incontrato Giacomo, quattro anni di relazione con alti e bassi ma non si sentiva innamorata. Per perfezionare i suoi studi Silvia decide di frequentare un master biennale a Londra. Al momento di partire lei e Giacomo avevano deciso di chiudere la storia, senza particolare sofferenza.
Il master è impegnativo e col passare dei mesi Silvia si accorge che la simpatia per David, un assistente del suo professore di tesi, sta trasformandosi in qualcosa di più forte.
Per farla breve accetta di vederlo al di fuori dell'università ed iniziano una storia di grande passione, complicità e segretezza (parole sue) dato che sanno bene che sarebbe mal vista in ambito accademico.
Silvia trascorre sempre più tempo a casa di David, si sente innamorata e ricambiata.
Tutto procede bene, rendono pubblica la loro relazione agli altri e Silvia va a vivere a casa di David.
Il master si conclude e Silvia trova lavoro presso uno studio legale assai quotato, di fatto "sponsorizzata" da David.
Gli anni passano e, certi della loro relazione, decidono di provare ad avere un bambino.
Nel giro di pochi mesi Silvia è incinta, la gravidanza si svolge serenamente e, con gioia di entrambi, nasce Arianna. Decidono entrambi che Silvia resti a casa con la bimba per seguirla almeno qualche anno. Quando Arianna ha sei mesi David ha un'opportunità come visiting professor per un anno presso una università americana. Un anno lontani ma poi sarebbe rientrato a Londra.
Silvia, pur non felice acconsente, dal punto di vista accademico sa che è molto interessante per il suo compagno.
Scade  l'anno e nulla accade, anzi David nonostante sia sollecitato, resta sempre negli USA. A questo punto Silvia ha i primi attacchi di panico intervallati da grande rabbia verso David.
Addirittura il padre di Silvia vola negli States per capire cos'ha in testa David. Si incontrano ed arrivano alle mani! Il papà di Silvia è un uomo semplice ed assai robusto e quando perde la pazienza "stende" David in strada davanti a diversi testimoni. David chiama la Polizia ed il padre riesce in modo avventuroso a rientrare in Italia.
Tragedia! Silvia è distrutta, così pure la sua famiglia. Potete immaginare le difficoltà di Silvia con una bimba piccola, lontano dai familiari e senza un lavoro.
Per farla breve Silvia decide di rientrare in Italia nella casa familiare, con il pieno appoggio dei genitori, sempre nella totale assenza di notizie di David.
Dopo sei anni dalla nascita di Arianna, David di colpo ricompare. A Silvia sembra di essere in un film (parole sue), come niente fosse David torna, si scusa con il capo cosparso di cenere e chiede perdono...
Il padre di Silvia vorrebbe picchiarlo ancora ma, per il bene della figlia e della bimba soprassiede, soprattutto quando sa che David ha ritirato la denuncia contro di lui.
David "si giustifica" per il suo comportamento dato che proviene da una famiglia assai religiosa di fede ebraica che ha preso molto male la relazione del figlio con Silvia. Solo dopo tanti anni i genitori di David hanno accettato la relazione "mista" e la nascita di Arianna. Tant'è, si mettono assieme nuovamente e David sembra davvero pentito e meritevole di un perdono anche se molto sofferto da parte di tutti.
Decidono di tornare nuovamente a Londra ove David potrà proseguire la sua carriera universitaria. Non passa nemmeno un anno e David è sempre più insofferente, cerca di spostarsi in altre università importanti soprattutto oltreoceano. Silvia è sconcertata, è un incubo già visto!
Un giorno scopre una bustina nella macchina di David, la nasconde e porta da un amico che le conferma essere cocaina. Silvia non sa cosa le accade, è terrorizzata da questa scoperta ma teme di perdere di nuovo David e decide di fare finta di nulla nonostante la sua sofferenza.
L'amico di Silvia, che conosce tutta la storia ed ora sa anche dell'uso di cocaina da parte di David, interviene duramente, "la ricatta" e costringe a chiedere aiuto ad uno psicologo, dato che Silvia è ormai totalmente dipendente nella "relazione tossica" con David.
Così Silvia mi contatta tramite Skype ed iniziamo un percorso a distanza. Iniziare un percorso di psicoterapia dietro una costrizione è quanto di più assurdo si possa pensare. Per potere lavorare occorre essere "liberi" di scegliere, non basta essere sofferenti e bisognosi.
Con questo intendimento lavoro alcuni mesi perchè Silvia passi dalla posizione di "povera vittima bisognosa" a quella di soggetto che vuole affrontare e capire quanto le è accaduto e ciò che non le permette di essere donna e madre appieno.
Potremmo dire una fase preparatoria al lavoro vero e proprio di psicoterapia per affrontare la dipendenza affettiva, che non ha nulla a che fare con l'amore. Soprattutto è un percorso doloroso, senza rincorrere facili colpevoli (e David certo è un soggetto tossico) ma per affrontare l'attitudine di Silvia a porsi come vittima nei confronti di certi uomini.
Se si riesce a superare questa fase, e non è scontato, allora è possibile passare al "secondo tempo del film", comprendere appieno la trama, i personaggi e le responsabilità di ciascuno. 
E' davvero un viaggio di conoscenza, importante, necessario, catartico direi, perchè la persona possa non trovarsi più in relazioni che di amoroso non hanno nulla, dato che la "dipendenza" affettiva, anche se non tossica, è pur sempre distruttiva e la morte del vero amore.

 
  
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