Claire e la sua famiglia


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Claire è una ragazza trentenne che si è rivolta a Soremax per una grave sofferenza anoressica con cui ha “convissuto” sin da adolescente.
Sin dalle prime sedute Claire parla della sua storia familiare molto difficile, i suoi genitori sono sempre stati duri e maneschi nei comportamenti tra loro e con i figli.
Il padre di Claire aveva iniziato a lavorare come meccanico, poi un po’ alla volta aveva aperto una sua officina ed attualmente ha una importante concessionaria di auto, nella quale lavorano entrambi i figli, Claire alle pratiche di immatricolazione ed il fratello alle vendite.
Nel racconto di Claire il padre quando rientrava alla sera dal lavoro spesso era bevuto, il che innescava litigi con la moglie e, non di rado, volavano sberle tra i due e se i figli intervenivano erano botte anche per loro.
In particolare modo il padre se la prendeva con il ragazzo, che portava con sé già da adolescente a lavorare in officina.
La madre nel racconto di Claire ha sempre colluso, provocava l’uomo e lo insultava, e poi erano botte per tutti, in una specie di follia collettiva.
Claire aveva sempre lavorato con il padre, prima nell’officina, poi nella concessionaria, sfruttata e pagata una miseria. Il fratello è anch’esso sottomesso al padre, di fatto non ha alcun potere decisionale, si pavoneggia solo con le grosse auto che vendono.
Sino a tre anni fa Claire ha vissuto in casa con i genitori, poi con una piccola eredità di una zia è riuscita a comperarsi un monolocale ed è andata a vivere da sola, con grande gioia.

Il contatto con Soremax era dovuto alla preoccupazione per il suo eccessivo dimagrimento, è un anoressica restrittiva che spesso è stata ricoverata per brevi periodi in ospedale per svenimenti, tachicardie ed amenorrea.
Riferisce di avere sempre avuto difficoltà con il cibo, sin da piccola non mangiava e ciò faceva adirare il padre che voleva i figli belli robusti e in “carne”.
A scuola andava male, svogliata e molto isolata dai compagni. Ricorda lunghi pomeriggi da sola a casa. Dai 13 anni il dimagrimento si era accentuato ed erano stati consultati vari medici che avevano prescritto vitamine e ricostituenti, che lei non assumeva mai, di nascosto dai genitori.

Claire era sempre molto isolata e ben contenta, anche per la sua magrezza, di non interessare ai ragazzi.
La ragazza ha imparato a convivere tutti questi anni con la sua grande sofferenza anoressica, alternata a cedimenti bulimici durante i quali ha abusato di ansiolitici e antidepressivi, oltre all’uso scriteriato di lassativi.
Terminate le scuole dell’obbligo tramite una conoscente aveva trovato un lavoretto da apprendista da una parrucchiera ma, con la consueta durezza il padre l’aveva costretta a lasciare la parrucchiera per iniziare a lavorare con lui in officina, senza contratto e per quattro soldi.

Le prime sedute con Claire sono state difficili, era molto emozionata e parlava a fatica, grandi sospiri, occhi lucidi e gesti nervosi con la testa spesso china.
Con fatica Claire ha parlato della sua paura per il cibo, che considera un nemico, un veleno che deve allontanare da sé al massimo. La famiglia è fonte soltanto di dolore ed angoscia, nemmeno il fratello è dalla sua parte, preso anche lui nel vortice della sofferenza.
Claire si era chiusa in un mutismo doloroso in cui le sole urla erano quelle del suo sintomo anoressico, peraltro invisibile ai familiari.
Soltanto alcune amiche l’hanno aiutata a cercarsi una casa da sola e provare a chiedere un aumento rispetto alla paga da fame decisa dal padre. Con grande fatica mi racconta che pochi giorni prima il fratello, decisamente bevuto, aveva cercato di baciarla, invano… Non solo, aveva minacciato di picchiarla se avesse detto qualcosa ai genitori.
Un sogno che porta in seduta indica bene il tema narrativo che l’angoscia: “… Sono in un parco a leggere un libro poi d’improvviso tutte le persone scompaiono e non riesco a capire perché. Di colpo vedo un animale tipo leone o tigre che viene verso di me con fare minaccioso. Vorrei urlare ma la voce non mi esce e sono terrorizzata di essere mangiata viva dalla bestia… Mi sveglio angosciata e tremante”.

Nel sogno la ragazza ha potuto “dare parola”, al terrore di essere “mangiata” dalle altre persone. Lavoriamo su questa emozione profonda che caratterizza tutta la sua vita e sostiene le sue paure. Si decide anche ad affrontare il fratello che è costretto a scusarsi e per “riparare” all’episodio dovrà proteggerla dal padre ogni qualvolta necessario.
Dopo qualche mese dall’inizio del lavoro individuale accade un episodio che Claire vive come una importante discontinuità rispetto a quanto avrebbe fatto normalmente: al padre viene notificata una multa per eccesso di velocità e annesso provvedimento di ritiro della patente.
Claire apprende che il padre, come niente fosse, esige dalla figlia di incolparsi del fatto per evitare a lui la dura sanzione.
Claire per la prima volta risponde di no al padre, non ha alcuna intenzione di pagare per lui, è stufa di subire e farsi maltrattare! Il fratello, memore della promessa fatta la sostiene e protegge dall’ira del padre.
Per il padre è uno choc, che i figli si ribellino non è nemmeno pensabile, urla davanti a tutti nella concessionaria e, choc ulteriore, gli impiegati che assistono alla scena si mettono a ridere!
Qualcosa si rompe nelle dinamiche familiari e Claire si sente più leggera e capisce che la terapia le sta permettendo di vivere, vivere come mai avrebbe potuto.
Come dice il proverbio la fortuna è cieca ma la sfortuna ci vede benissimo, il “povero” papà ha a breve un nuovo choc: la sua potente auto ferma davanti casa viene rubata! Claire non nasconde la sua gioia per l’accaduto, dice che Dio esiste davvero!
Al contempo Claire ha altri pensieri dato che si trova di fronte ad una contingenza per lei inaspettata e fuori dal controllo che attua in tanti atti della sua vita: un giovane meccanico della concessionaria, carino e timido, le chiede di uscire.
Claire è colpita perché il ragazzo le lascia un bigliettino con il suo nome accanto ad un tulipano, sul tavolo dell’ufficio.
Me ne parla a lungo in seduta, è emozionata e le fa piacere, ma la paura è grande.
I tulipani sono i fiori preferiti di Claire e questo piccolo atto del giovane fa si che la ragazza accetti di uscire con lui.
Iniziano a frequentarsi, passo passo il giovane mostra che le vuole bene ed apprezza la dolcezza di questa ragazza che spesso si comporta come un’istrice, per via delle sue paure.
Da un anno il sintomo è attenuato, Claire ci convive ma la sua vita non è più scandita dall’enorme sofferenza di prima; ha lasciato la concessionaria del padre e lavora nell’officina del giovane meccanico, suo attuale fidanzato.
Mi dice sorridendo: “… L’animale credo proprio non riuscirà più a mangiarmi…”


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Sophie e il desiderio

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Sophie è una vivace e bella ragazza che vive in un paesino lontano un centinaio di chilometri da Parigi. Non ama il suo villaggio e decide di andare a studiare nella capitale, ottima occasione per allontanarsi da casa, dato che con i genitori e la sorella minore non si trova bene. Studia informatica che è la sua grande passione sin da adolescente. È molto concentrata nello studio e si concede ben poche distrazioni, condivide la casa con altre due ragazze serie e studiose come lei. Negli anni precedenti l’università aveva avuto brevi storielle con suoi coetanei, ma niente di serio, come dice lei. Trova i ragazzi poco responsabili, concentrati solo a divertirsi e bere. Da quando è a Parigi raramente esce alla sera e solo con le sue coinquiline, fanno “gruppetto” e vanno molto d’accordo. I primi due anni di università passano velocemente, con ottimi risultati agli esami. Va a casa raramente, la scusa dello studio le permette di “mantenere la distanza”.
Tutto procede tranquillamente sino all’arrivo di Gabriel. Gabriel è il fratello di una delle sue coinquiline, e resterà con loro alcuni mesi prima di andare alle isole di Glénans, paradiso dei velisti per un corso avanzato di navigazione. Gabriel è un simpatico ragazzo che ha la passione per la vela e sta studiando per diventare skipper, per unire passione e lavoro.
Sophie si accorge che Gabriel è interessato a lei, le fa sempre complimenti e fa di tutto per uscire con lei. Un fine settimana Gabriel riesce a convincere Sophie ad uscire per andare ad un concerto.
Sophie inizialmente è poco convinta, poi si ricrede, anzi le fa piacere stare con Gabriel che è cortese, simpatico e solare. Qualche momento di imbarazzo al ritorno a casa, Sophie capisce che Gabriel vorrebbe baciarla ma… nulla accade.
Notte tormentata per la nostra Sophie, che si trova attratta da Gabriel ma non può (o non vuole) lasciarsi distrarre dagli studi. Passano le settimane, raramente escono assieme e giusto la sera prima che Gabriel parta per le isole di Glénans, Sophie ha un rapporto con lui. Sono momenti carichi di dolcezza e Sophie quasi non si riconosce per la “facilità” con cui ha accettato la corte di Gabriel. Sophie “impone” però a Gabriel di non contattarla più, è stato un bel momento e niente più, la vita deve riprendere il “giusto corso” ovvero studio, studio ed ancora studio.
Qualche settimana dopo le coinquiline fanno presente a Sophie che mangia troppo poco, spesso non si siede a tavola con loro ed appare molto nervosa ed irascibile. Sophie perde molti chili e mangia solo barrette proteiche per darsi “la carica”.
Perde quasi dieci chili, non ha più le mestruazioni e non ha mai fame, si costringe, o la costringono le coinquiline a mangiare, ma è un tormento.
Per farle contente talvolta mangia con loro ma poi, trucco vecchio come il mondo, va a vomitare in bagno.
Le due ragazze capiscono cosa sta facendo e la prendono di punta: “Sophie, sei in anoressia, fa paura solo vederti…” La reazione di Sophie è violenta, litiga con loro, e decide di lasciare la casa per andare a vivere da sola. In pochi giorni trova una nuova sistemazione e riprende “la solita vita”.
Ma le coinquiline non mollano il colpo, sono ben consapevoli della sofferenza di Sophie ed avvisano i genitori di lei. Intervento “militare” del papà e della mamma di Lucia che piombano a Parigi e trascinano la ragazza dal medico che propone un ricovero in ospedale.
Sophie è infuriata, non vuole andare in ospedale, piuttosto scapperebbe in Guadalupa…!
Il braccio di ferro dura alcune settimane con la vittoria di Sophie ed i genitori disperati che rientrano a casa con la sola “promessa” verbale di Sophia di mangiare un pò di più.
Non solo, i genitori finita l’università vorrebbero che tornasse a casa con loro ma Sophie è irremovibile, cercherà lavoro nel sud della Francia, vicino al mare.
Detto fatto, si trasferisce ad Antibes per lavorare nel vicino polo tecnologico che offre lavoro a tantissimi giovani informatici. Sophie è sempre efficiente al lavoro, apprezzata e responsabile e raramente esce con i colleghi di lavoro. È sempre magrissima e quando non lavora studia per ottenere certificazioni in ambito informatico. Ogni tanto Gabriel, nonostante il “divieto” le manda dei messaggi, cui Sophie risponde in modo freddo ed asettico.
Una sera, uscita tardi dal lavoro appena entrata in macchina per tornare a casa ha un mancamento che descrive così: “…Di colpo tutto è diventato nero, non sentivo più il mio corpo, soltanto il mio respiro sempre più strozzato e sono svenuta. Qualcuno ha visto la scena ed ha aperto lo sportello dell’auto per aiutarmi, mi sono ripresa ma tremavo come una foglia. Una collega mi ha poi accompagnato al pronto soccorso”.
Il medico per scuoterla le dice che potrebbe morire da un momento all’altro, che così facendo butta via la sua vita. Passa poi a toni più concilianti e le suggerisce “caldamente” di consultare uno psicoterapeuta.
Molto spaventata Sophie si decide a prendere rdv con lo psicologo. Vorrebbe una donna ma i tempi di attesa sono lunghi, allora deve “accontentarsi” di incontrare un uomo.
Le sedute sono difficili, Sophie non crede nella psicologia e pensa che il terapeuta farà di tutto per  farla mangiare, cosa che lei non farà mai ed è convinta che sarà tempo perso.
In seduta è sempre “controllata”, parla molto ma non dice nulla di come sta e come si sente “dentro”. È molto infastidita quando le chiedo di Gabriel, quali emozioni abbia toccato dentro di lei l’incontro con il ragazzo. Alla seduta successiva porta un sogno che definisce una stupidaggine: “Sono in vacanza in barca con degli amici e dato che ho molta paura di nuotare chiedo che mi stiano vicino mentre faccio giusto due bracciate. Di colpo mi ritrovo da sola e la barca si allontana… Mi sveglio di colpo in preda al panico!”
Utilizzo questa “finestra” sull’inconscio di Sophie per aprire un varco nelle sue emozioni sempre represse e svalorizzate come fossero inopportune.
Sophie nonostante tenti di scacciare il pensiero (!) pensa spesso al rapporto avuto con Gabriel ed ai brevi momenti passati con lui. Esce dalla seduta scossa e piangente, con un gran senso di vuoto.
In un momento di follia (sue parole), scrive a Gabriel che vorrebbe parlargli.
Gabriel è piacevolmente sorpreso e si danno appuntamento per il fine settimana successivo a Saint-Tropez dove il ragazzo fa lo skipper in una scuola di vela e noleggio di imbarcazioni.
Gabriel quando la vede è scosso, Sophie è davvero troppo magra. L’incontro si rivela ugualmente piacevole per entrambi e Gabriel le chiede di tornare da lui a Saint-Tropez.
In seduta Sophie dice per la prima volta di essersi vista allo specchio con un senso di fastidio: “Sono troppo magra, con nulla di femminile. Come potrò mai piacere a Gabriel, non ho niente attaccato addosso!…”
Con grande fatica riprende a mangiare qualcosa, acquista un vestitino a fiori che pensa possa piacere a Gabriel e delle scarpe con un pò di tacco.
Si incontrano per qualche volta e Sophie una domenica accetta di andare al ristorante con Gabriel, per farlo contento ma soprattutto per fare contenta lei stessa!
Per farla breve si mettono assieme, Sophie si “costringe” a mangiare e tenere dentro di se qualcosa per riprendere fattezze femminili per piacere a Gabriel.
Pur essendo timorosa accetta di andare in barca con Gabriel e, necessariamente, esporre il suo corpo in costume da bagno, cosa che pensava non avrebbe mai fatto neanche presa per il collo!
Sophie e Gabriel ora stanno assieme da oltre un anno, provano entrambi forti sentimenti e di fatto convivono dato che Sophie con il tele-lavoro riesce a passare lunghi periodi a Saint-Tropez da lui.
Ha preso un pò di peso, riesce a mangiare in modo abbastanza variato e tocca anche del vino, che prima si era assolutamente proibito.
Il lavoro psicologico e di parola continua ma la forza più grande che ha ritrovato in se Sophia è il desiderio, desiderio di piacere, di essere vista, di gioire, di essere considerata, di vivere, in ultima istanza: amarsi ed essere amata.

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SOREMAX è Association loi 1901

Journa Officiel RF 31 mai 2024


Soremax è iscritta come Associazione legge 1901 alla Prefettura delle Alpi Marittime 

 

L'associazione, denominata Soremax, ha come scopo lo studio e la gestione delle persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare (DCA), nonché l'accoglienza dei pazienti affetti da DCA e delle rispettive famiglie. La sua azione comprende anche la creazione di gruppi di ascolto e di consulenza, guidati da psicoterapeuti, nonché l'implementazione di percorsi sensoriali e olfattivi all'interno di laboratori di cucina strutturata, supervisionati da chef, biologi ed esperti in comunicazione interpersonale.

Si impegna a operare per il benessere fisico e psicologico degli individui affetti da DCA, favorendo il loro accompagnamento terapeutico e proponendo attività volte a rafforzare la loro autostima e le loro competenze relazionali. 

Nell'ambito del suo scopo sociale, l'associazione potrà anche stabilire collaborazioni e partenariati con altri professionisti, enti o associazioni, al fine di arricchire le sue attività, estendere il suo campo d'azione e favorire la condivisione di conoscenze e risorse a beneficio delle persone affette da DCA e del loro entourage. 

Queste collaborazioni potranno includere, tra gli altri, professionisti della salute mentale, nutrizionisti, educatori specializzati, nonché qualsiasi altra persona o entità che contribuisca al raggiungimento degli obiettivi dell'associazione.

Tutte queste azioni dovranno essere svolte nel rispetto dei valori e dei principi enunciati negli attuali statuti, nonché in conformità con le disposizioni legali e normative applicabili.





Troubles alimentaires et dynamiques familiales

 

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La pertinence épidémiologique des troubles alimentaires sur plusieurs tranches d’âge pose à Soremax une série de questions d’un point de vue clinique et théorique.

Si nous considérons l’anorexie, la boulimie et l’obésité, certaines des nouvelles manifestations du malaise contemporain, il peut être utile d’en offrir une lecture actualisée tenant compte de leur phénoménologie actuelle. L’apparition des troubles alimentaires est de plus en plus précoce dans ses manifestations (elle se retrouve même chez les enfants) et il est donc nécessaire d’aborder la « fonction parentale » en ce qui concerne la reconnaissance des désirs des enfants eux-mêmes, qui ne coïncident pas toujours avec leurs demandes, parfois impossibles.

Mais c’est l’adolescence le moment où la souffrance anorexique-boulimique émerge, peut-être présente depuis longtemps mais cachée aux membres de la famille. Pourquoi l’adolescence ? L’adolescence renferme en son cœur l’une des phases les plus traumatisantes et révolutionnaires de la vie de l’être humain : la puberté. C’est un temps où les pulsions psychologiques réapparaissent après la phase de latence.

La transformation rapide du corps pousse la personne à se confronter, souvent prématurément, à son identité sexuelle. La relation que les jeunes adolescentes anorexiques-boulimiques entretiennent avec le miroir, objet aimé ou détesté, révèle comment l’image réfléchie du corps leur revient avec des effets d’étrangeté et une profonde angoisse. Qu’est-ce qui les a empêchées de se préparer suffisamment à ce saut existentiel au point qu’elles y répondent par l’anorexie ou la boulimie ? Quels éléments structurent et influencent la lecture que ces filles font du traumatisme de la puberté ? Par exemple : l’influence de la mère dans son rapport avec la féminité, le poids d’un mode de vie qui prend de moins en moins en compte la fragilité et l’incertitude dans lesquelles l’adolescente est immergée, la poussant vers des rôles, des attitudes, des choix qu’elle n’est pas encore en mesure de faire. Les statistiques qui associent l’apparition de l’anorexie-boulimie à l’époque adolescente montrent en effet comment ces symptômes sont des « expédients » pour traverser la crise pubertaire.

Les troubles alimentaires sont notoirement liés à une préoccupation excessive du sujet envers l’image corporelle, une image qui, en particulier dans notre culture, veut se conformer à l’idéal esthétique dominant qui pose comme modèle la minceur du corps. Cet idéal a une incidence particulière dans le monde féminin, car il rend la femme susceptible ou non d’occuper la position d’objet du désir masculin. La relation avec le désir et la sexualité est clairement au centre de ce malaise, montrant tous les aspects symptomatiques qui lient le sujet féminin à un développement psychologique particulièrement complexe. En réalité, l’aménorrhée elle-même, qui accompagne les diverses formes d’anorexie, témoigne de manière symptomatique des effets d’une fermeture à la voie maternelle et féminine et nous amène à nous interroger sur le fait que dans ces tableaux symptomatologiques, apparaît un certain refus, non seulement des capacités reproductives propres à la femme, mais aussi de l’acceptation d’un corps qui, en tant que féminin, prend en compte le plan de la différence sexuelle.

Ce n’est pas par hasard que l’anorexie-boulimie se manifeste souvent comme le résultat d’une dysfonction du lien mère-fille, accentué par le manque du rôle paternel qui caractérise de plus en plus le contexte socio-culturel actuel. La diffusion du malaise concerne le monde féminin dans toutes les tranches d’âge, de l’adolescence à l’âge adulte. Tout comme le ménarche, à la puberté, marque un moment particulièrement délicat dans le développement psycho-affectif, la ménopause est aujourd’hui également une cause récurrente de l’apparition tardive du trouble alimentaire. De plus, les nouveaux contextes familiaux, qui se différencient de la famille traditionnelle par le changement du rôle social des femmes, ont déterminé une nouvelle configuration et une nouvelle redistribution des rôles au sein de la famille, montrant comment la population féminine est aujourd’hui plus que jamais divisée dans différents domaines : de celui maternel à celui affectif et professionnel.

Tous ces éléments amènent Soremax à considérer de plus en plus l’importance de la prise en charge, avec des groupes dédiés, des parents d’adolescents souffrants. Il est nécessaire de procéder à un « traitement de la famille » pour connaître les différents contextes familiaux, en examinant à la fois les différentes caractéristiques des pères et des mères et, dans un second temps, les logiques familiales les plus fréquentes dans les familles de sujets anorexiques-boulimiques. L’objectif est de permettre une récupération des communications intra-familiales pour réduire, autant que possible, les angoisses, les ressentiments, les malentendus et les sentiments de culpabilité.

Mais comment s’orienter face à une personne qui demande de l’aide ?

Les personnes anorexiques ou boulimiques demandent rarement de l’aide, presque toujours la demande de soin est une demande préoccupée de la famille ou de l’école. L’approche d’une fille (ou d’un garçon) souffrante n’est pas facile, on est surtout effrayé par la dangereuse perte de poids dans l’anorexie, ou par les crises de boulimie et le vomissement qui suit chez les boulimiques. L’aspect physique et médicalisé prévaut dans l’approche et, souvent, fait perdre de vue la centralité de la dimension psychologique de cette souffrance.

En bref, pour commencer tout parcours de soin psychologique, qui n’exclut pas de prendre en compte le « corps », il est nécessaire de d’abord construire une alliance thérapeutique avec le sujet souffrant, une alliance qui suppose respect, reconnaissance, empathie, absence de culpabilisation et encore moins de chantage ou d’imposition.


Une séance de groupe


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Sont présentes dans le groupe : Valentina, Silvia, Giada, Ombretta, Stefania, Novella et Francesca.

Valentina commence à parler, à mon invitation, car elle doit en effet rentrer chez elle plus tôt. Elle raconte qu’elle ne se sent pas très bien aujourd’hui, elle a comme la sensation que quelque chose de mauvais va arriver, mais elle ne sait pas quoi : « Avec ma mère, c’est toujours pareil, elle est hystérique ! Maintenant, en plus, elle et mon père m’ont dit que si cette année je ne passe pas tous mes examens, ils ne paieront plus mes frais universitaires, mais je n’arrive pas à étudier. » Thérapeute : « Et qu’avez-vous répondu lorsqu’ils vous ont dit cela ? » Valentina : « Que je ferai de mon mieux. » Thérapeute : « Voilà Valentina, il faut bien comprendre ce que l’on entend par « mieux », car il me semble que c’est un peu cela le problème… » Valentina raconte qu’elle est fatiguée, elle le dit en pleurant, elle n’arrive pas à étudier parce qu’elle est toute la journée à l’université et que le samedi et le dimanche sont les seuls jours où elle peut voir ses amis, à quoi elle ne veut pas renoncer. Valentina continue en disant que ce week-end ne s’est pas bien passé : « Je n’ai fait que manger, cela faisait longtemps que ça ne m’était pas arrivé, même dehors, j’ai mangé des bonbons, des chips, des cochonneries toute la journée. » Elle a aussi vu son ex-petit ami et à cause de cela, elle se sent mal, elle n’arrive pas à faire semblant de rien, c’est absurde qu’il fasse l’ami : « Les choses n’allaient pas bien même avant, mais au moins j’avais quelqu’un, en dehors de ma famille, qui pouvait m’aider. » Elle continue : « Puis ma mère, un jour elle me dit que je ne mange rien, le lendemain elle me dit qu’elle me trouve bien, elle doit se décider, que veut-elle de moi ? » Thérapeute : « Valentina, il me semble que le problème est que, quoi que vous fassiez, ils vous en demanderont toujours plus parce qu’ils ont été habitués ainsi… » Valentina : « Eh bien, j’ai compris, j’étais la bonne petite fille, je restais toujours à la maison pour étudier et en fait j’ai perdu dix kilos en deux mois et ils ne s’en sont même pas aperçus, au moins ils ne râlaient pas tout le temps ! » Thérapeute : « Oui, mais vous ne viviez pas… » Valentina : « C’est vrai aussi… je ne sais pas, je ne sais plus à qui je peux faire confiance… » Les filles du groupe interviennent avec des suggestions. Silvia : « Mais si tu essayais de travailler le samedi et le dimanche, comme ça tu serais indépendante et cela t’aiderait aussi à avoir plus confiance en toi ? » Giada : « Valentina a essayé mais ses parents ne voulaient pas. » Valentina : « Et puis ce sont les seuls jours où je vois mes amis… » Thérapeute : « Bien sûr que c’est un chantage en bonne et due forme. On dirait que vivre en famille, c’est comme vivre en guerre, est-il possible qu’on ne puisse pas être tranquilles…? » Thérapeute : « Et vous, Ombretta, comment allez-vous ? Comment s’est passée cette semaine ? » Ombretta : « C’était un désastre, tout a mal tourné… » Elle raconte avoir eu une grosse dispute avec ses parents à propos de son désir de quitter l’école pour suivre des cours en privé. Après que sa mère lui ait dit qu’il n’en était pas question, elle a commencé à pleurer et à se désespérer au point qu’à un certain moment, elle n’arrivait plus à respirer : « Je me suis complètement rigidifiée, je sentais des picotements dans tout le corps, je ne pouvais plus bouger, pour la première fois de ma vie j’ai eu peur de mourir. » Thérapeute : « Et après, qu’avez-vous fait ? » Ombretta : « Maman a appelé papa qui était en haut chez grand-mère et il est arrivé et m’a immédiatement fait une injection… » Giada : « Quoi ? Quelle injection t’a-t-il faite ? » Ombretta : « Des tranquillisants. » Thérapeute : « Mais des caresses au lieu d’une injection, non ? Peut-être qu’une fille effrayée a plus besoin d’un câlin pour se calmer… » Ombretta : « Oui, comme si… ensuite il m’a aussi donné des gouttes à prendre et il m’a dit, si je sais que tu vomis celles-ci aussi, je me fâche… » « Mais quel rapport ? Quel sens cela a-t-il ? Ma mère, l’autre jour, m’a aussi dit qu’elle ne rechargerait pas mon téléphone portable parce que la veille au soir j’avais mangé des chips… » Les filles demandent des éclaircissements et Ombretta raconte que sa mère ferme le réfrigérateur dans la cave avec un cadenas et que ses parents lui reprochent ce qu’elle dépense pour manger et vomir. Les filles sont stupéfaites par l’attitude des parents d’Ombretta, surtout celle de son père. Ombretta : « Ensuite, pendant deux jours, il a été tout gentil, mais maintenant je le connais et même s’il fait semblant d’être gentil, j’ai peur parce que je sais qu’il redeviendra comme avant. Puis, même quand j’étais malade, moi à leur place j’aurais eu un peu de pitié pour moi, j’ai pleuré toute la journée tellement j’étais mal, et puis le soir à six heures quand je suis allée vomir, il semblait que j’avais mangé une heure avant, je n’avais rien digéré, mais est-ce possible, j’ai une tête dans le ventre ! » Stefania raconte brièvement sa jalousie qu’elle considère excessive : « J’ai mal à l’estomac, j’ai la nausée, je n’arrive pas à dormir… » envers l’ex de son petit ami qui : « …Est brune, mince et très jolie… ». Elle raconte avoir joué au tennis contre elle et que, sous la tension, elle a tout raté : « Comme si cela ne suffisait pas, elle continuait à marquer des points contre moi, je l’aurais tuée. » Francesca : « C’est normal que tu sois jalouse. » Stefania : « Oui, mais je ne suis pas jalouse de manière normale, maintenant je le suis même de mes sœurs… Je suis devenue exactement comme ma mère. » Francesca parle au groupe de l’arrivée imminente de son petit ami de Rome et « …Ce qui l’empêchera de venir au groupe lundi prochain ; et ensuite, elle raconte la fin de son histoire avec Dario et comment, avec lui, elle a aussi perdu les amies qui, elle ne sait pas pourquoi, ont pris son parti. » Le père de Francesca est en revanche très heureux de la fin de cette relation qui a duré quatre ans ; « …Il a toujours été jaloux de lui, imaginez qu’au restaurant quand nous sommes tous les deux, il me présente presque comme sa petite amie… » Thérapeute : « Ce serait mieux qu’il vous traite comme une fille et non comme une épouse !!! » Giada prend la parole pour dire au groupe que son travail l’angoisse beaucoup. « Tous ces vieux déprimés… » mais qui lui assure au moins une sécurité économique. Elle continue avec le récit d’une dispute entre elle et Flavio à propos d’un matelas : « Il ne veut pas dormir sur mon matelas, et il ne veut pas dormir avec le chat. Je peux comprendre que quelqu’un ne veuille pas dormir avec des chats… » Finalement, elle a décidé d’acheter un nouveau matelas, mais ensuite sa mère s’en est mêlée. » Cette intrusion de sa mère a beaucoup dérangé Giada : « Je ne comprends pas pourquoi elle devait s’en mêler, c’était une affaire entre moi et son fils… peut-être qu’elle ne voulait pas nous voir nous disputer, mais je lui ai expliqué que je me dispute deux cent cinquante fois par jour avec son fils. » Thérapeute : « Giada, sentez-vous que vous avez une place dans le groupe ? » Giada commence à pleurer, disant qu’elle ne sait même pas pourquoi elle le fait : « Je ne sais pas pourquoi je pleure maintenant, je ne sais rien… » Novella, à propos de son père, raconte la communion de sa petite cousine de sept ans : « Devant l’église, mon père s’est penché, l’a appelée et lui a indiqué la joue pour qu’elle lui fasse un bisou. Plus tard, au buffet, il y avait un enfant qui n’avait même pas un an et lui, vous auriez dû le voir tout gentil… » J’ai dit à ma mère : « C’est sûr que nous devions rester petits… » et elle m’a dit : « Quelle garce tu es…!!! », « Mais c’est la vérité, c’est une pensée que mon frère et moi partageons. » Puis elle continue : « C’est vrai que mon père a cinquante ans et qu’il n’y a plus d’espoir qu’il change… » Thérapeute : « Eh bien, cinquante ans ce n’est pas si vieux, ne démolissons pas ces hommes ainsi… » Novella : « Eh bien, en fait, il était peut-être aussi rigide quand il avait vingt ans… il est maniaque comme le tien (s’adressant à Ombretta) avec l’ordre, pendant que je fais une tarte, il est déjà là à tout ranger… bon sang, laisse-moi au moins finir ! » « De toute façon, il n’a même pas changé quand, avec ma maladie, je l’ai confronté à son échec. » Francesca raconte aussi que ses parents déménagent ; son père a eu des problèmes financiers et ils ont dû diviser leur grande maison en trois appartements, ils iront dans l’un d’eux. Thérapeute : « Une sorte de retraite… » Francesca : « Oui, heureusement que je n’y vis pas, que j’ai réussi à me faire mon propre espace… » Le thérapeute fait remarquer que dans la séance d’aujourd’hui, des figures très jugeantes émergent…

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Le projet Soremax est né de la rencontre de trois professionnels : un biologiste et Chef passionné, un expert en communication et marketing et un psychothérapeute. Il est courant de rencontrer des jeunes femmes (et de plus en plus de jeunes hommes) souffrant de troubles du comportement alimentaire, les fameux TCA. À partir de l'anorexie qui est certainement le symptôme le plus angoissant, avec un risque élevé d'évolution dramatique jusqu'à la mort. La boulimie entraîne également une souffrance psychologique grave et une altération physique, surtout en raison de la pratique quotidienne du vomissement auto-induit. Les preuves cliniques montrent de plus en plus souvent des phases alternées d'anorexie avec des phases de boulimie et les sujets souffrants sont totalement "dépendants" de la maladie et incapables de revenir à une vie normale. Ces troubles éloignent ensuite les personnes souffrantes des autres, du contexte amical, et sont une source de graves conflits entre parents et enfants. C'est pourquoi le projet Soremax veut offrir des espaces de groupe d'écoute et d'accueil de la souffrance des adolescents et de leurs familles respectives. Des moments séparés pour aborder dans un espace protégé, guidés par des professionnels, et faire circuler une parole de plus en plus liée aux émotions profondes des personnes. Cela dans le but de trouver une alliance thérapeutique dans les familles qui tienne compte des besoins et des nécessités à la fois des enfants et des parents. Mais le projet Soremax va au-delà. L'originalité de la proposition réside dans le fait que les sujets souffrants ont besoin de retrouver une relation avec la nourriture, avec l'alimentation, qui est souvent gravement compromis depuis de nombreuses années. L'utilisation de la balance, le compte des calories, des sucres et des graisses de chaque aliment éloigne les personnes du plaisir, du goût et du désir de manger quelque chose qu'ils aiment. À cette fin, nous prévoyons des ateliers de cuisine où l'expérience sensorielle et gustative permet aux personnes souffrantes de se rapprocher de la nourriture non plus comme une menace mais comme une opportunité de retrouver le plaisir lié à la nourriture elle-même. Ce parcours implique un travail de groupe en atelier pour valoriser le moment social et ludique de l'interaction entre les personnes, qui ont trop souvent vécu dans la solitude et l'exclusion.

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L'anorexie masculine

 

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Ces dernières années, le phénomène de l’anorexie-boulimie masculine a pris une importance préoccupante. On peut dire que la crise de la fonction paternelle, fonction représentant symboliquement « la loi », affaiblit depuis longtemps l’aspect identificatoire masculin, plaçant les enfants, futurs adultes masculins, dans une position d’adolescence prolongée et de faible responsabilité face aux enjeux de l’adultité. En résumé, cela peut être défini comme un indicateur d’une crise de l’identité subjective masculine.

Il en résulte que l’idéal du corps, substitut imaginaire d’une identité perçue comme émotionnellement difficile à atteindre, a davantage pénétré le monde masculin ; cela indiquerait l’implosion supplémentaire de l’aspect identificatoire masculin, avec les conséquences que l’on peut observer, notamment dans l’augmentation, bien que encore peu déclarée explicitement, de l’anorexie et de la boulimie masculines.

Je crois qu’il faut également ajouter une forte interrogation des hommes sur le monde féminin, une peur de faire face à l’autre sexe, considéré comme trop énigmatique et anxiogène. Des figures parentales féminines trop possessives conduisent l’homme à tenter de reproduire le modèle autoritaire-possessif avec ses compagnes ou, pour échapper à ce type de relation homme-femme centrée sur le « pouvoir », à une fragilité de l’identité de genre.

Depuis longtemps, on parle d’une forte augmentation de l’utilisation de produits de beauté pour les hommes et d’une attention particulière à l’entretien du corps masculin : j’ai été frappé de découvrir que le premier Hammam milanais, bain turc et lieu de massages cosmétiques et curatifs exclusivement féminin, a dû, sous la pression d’une forte demande masculine, créer un parcours pour les hommes à des jours et des heures différents. Le domaine de la mode, qui extériorise les aspects psychologiques déjà présents dans la société, nous montre un monde masculin éphébique à la poursuite d’idéaux physiques anorexiques.

De même, au sein des familles, le thème de la nourriture prend le dessus sur d’autres sujets de discussion et de confrontation, et il n’y a plus de différence dans l’approche envers les garçons et les filles, qui peuvent manifester des « troubles alimentaires » sous des formes diverses. Regarder la télévision dans les tranches horaires destinées aux jeunes signifie être soumis à un bombardement de collations et de boissons légères de toutes sortes, qui réduisent garçons et filles à de simples corps comme des tubes digestifs à rassasier en continu par les parents.

Un patient en psychothérapie, intelligent et avec un grand sens de l’observation et de l’analyse, me racontait avec une subtile ironie comment, dans la salle de sport qu’il fréquente régulièrement, il entend des discours sur la nourriture, le poids et le corps, exactement superposables entre les hommes et les femmes fréquentant cet endroit, avec des échanges de conseils sur des produits diurétiques ou laxatifs et des barres diététiques coupe-faim. Il observait la même attention et préoccupation envers le corps, le même effort pour contrôler tous les actes de la journée et les émotions associées, de la part des assidus fréquentant. Des discours en salle de sport, on pouvait saisir le puissant appel à l’AVOIR, avoir un corps sculpté (publicité d’une salle de sport connue : « Ici s’entraînent les nouveaux dieux… »). AVOIR tout sous contrôle, par rapport à l’ÊTRE, être en tant que sujet unique avec un fort sentiment d’identité.

De même, les hommes utilisent de plus en plus de signes dans le réel du corps (maquillage du visage, des mains, épilations et opérations cosmétiques du visage) ainsi que des tatouages et des piercings sur toutes les parties du corps. Le thème de la crise de l’identité de genre masculine (on observe d’ailleurs une forte corrélation entre troubles anorexiques-boulimiques et homosexualité) caractérise, selon moi, le versant masculin de cette souffrance. En ce sens, on pourrait dire que la poussée pulsionnelle homosexuelle est une réponse à la difficulté de rencontre avec l’autre sexe, dans la tentative du sujet de se maintenir dans un univers relationnel exclusivement masculin, perçu comme plus tolérable et moins anxiogène.

L’anthropologie nous rappelle que la nature de l’homme est sa culture, et la psychanalyse nous enseigne qu’être homme ou femme ne se résume pas au destin biologique-anatomique du sujet mais au dispositif culturel et symbolique que le sujet est capable d’intérioriser et d’élaborer dans son rapport au monde, dans la rencontre avec les autres êtres humains. Le travail sur la subjectivité est le travail central du parcours de soin proposé par Soremax, on pourrait dire qu’il s’agit d’un voyage à la recherche de l’expressivité et de la créativité que le sujet a mises en échec en lui-même, conséquence de son expérience de vie.

Cohérent avec cela, le parcours Soremax ne traite ni n’analyse les thèmes de la nourriture, du poids et du corps comme des aspects dysfonctionnels à rectifier et à « normaliser » mais interroge le sujet sur son incapacité (qui au cours du travail thérapeutique devient capacité) à s’émouvoir, vivre, souffrir et se réjouir, en un mot : aimer. 

 

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La nostalgie de Sara

 

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Sara est une jeune femme qui vit en Sardaigne et est une cuisinière accomplie. Elle cuisinait pour toute la famille, avec la plus grande appréciation de ses parents et de ses frères. Elle cuisinait mais mangeait rarement avec eux à table et ne s’est jamais sentie capable de faire de son talent un travail. Pendant l'été, elle travaille comme serveuse et, étant donné qu'en hiver en Sardaigne elle est au chômage, elle décide à contrecœur de suivre son frère Matteo pour aller sur le "continent", près de Rome.

Matteo est également serveur dans un restaurant renommé des Castelli Romani et pourra initialement héberger Sara chez lui. Les deux ne se sont jamais très bien entendus et, après moins d'un an, Sara décide de quitter Matteo pour chercher "fortune" ailleurs.

Un client du restaurant parle à Sara de la Côte d'Azur : la mer, la nature, de beaux endroits et beaucoup de travail pour une personne comme elle, sérieuse et précise. Sara a réussi à économiser un peu d'argent et décide de se lancer. Elle s'installe à Cannes, trouvant d'abord un logement en colocation. Elle commence comme serveuse dans un petit restaurant français, et le propriétaire décèle en elle la passion pour le travail et le sérieux. Sara travaille énormément parce qu'elle veut montrer aux autres (et surtout à elle-même) qu'elle vaut quelque chose et qu'elle est une bonne personne.

Elle aime beaucoup la Côte d'Azur et la mer qui lui rappelle un peu sa Sardaigne. Elle achète un scooter et en profite dès qu'elle a du temps pour faire des tours dans les villages voisins et le long de la côte.

Elle a toujours été une solitaire, elle n'a pas beaucoup d'intérêts à part le travail. Elle suit juste un cours de français de base mais évite les occasions de rencontrer les autres élèves.

Sa principale préoccupation est de retourner en Sardaigne chez elle, dès que possible. Elle se rend compte que cela devient parfois une obsession, vérifiant continuellement les sites pour les vols à bas prix et essayant de "rassembler des jours" pour rentrer chez elle.

Sara a de moins en moins d'appétit, elle cesse de cuisiner pour elle-même, achète des plats préparés, mange debout ou devant la télévision et continue à perdre du poids. Elle n'a jamais faim, se retrouve rapidement en sous-poids et n'a plus de règles. Évidemment, les effets se voient également au travail, parfois elle arrive en retard et est distraite. Son patron, bien qu'affectueusement, la réprimande et est sincèrement inquiet pour elle.

Elle essaie l'acupuncture pour l'appétit, fait quelques séances chez un bon médecin qui lui fait comprendre que quelque chose de plus profond la tourmente. Sara ne croit pas en la "psychologie", selon elle, si quelqu'un va mal, il doit faire des examens, puis avoir un diagnostic et prendre le bon médicament ! Simple et linéaire...

Le médecin acupuncteur comprend bien comment "fonctionne" sa patiente, Sara ne veut pas se poser des questions inconfortables pour comprendre comment sortir de son malaise.

Après le cycle de séances d'acupuncture, Sara est "forcée" par le médecin de consulter un psychologue. Nous nous rencontrons une première fois, puis une deuxième et ainsi de suite. Le fait de parler en italien nous sauve, jamais elle ne serait allée voir un psychologue français. Je dois dire que petit à petit, une sympathie réciproque s'est créée, elle m'a fait mourir de rire en me racontant la préparation détaillée du "porceddu", plat traditionnel sarde accompagné (évidemment) de vin Cannonau, qu'elle prépare divinement ! Le récit des fortes traditions alimentaires sardes m'a convaincu que le profond malaise de Sara était lié à la nostalgie de sa terre. Une nostalgie pour elle jamais apaisée et maintenant devenue déchirante.

Sara "fonctionne" psychologiquement sur le sens du devoir, de la responsabilité et du sacrifice. C'est une belle fille mais elle n'achète rien pour elle, ne se maquille pas, n'a ni loisirs ni passions. Elle est consciente que maintenant la nourriture, ou plutôt la privation de nourriture, est la seule chose qui l'intéresse vraiment mais c'est aussi son tourment et sa dépendance.

Sara vient toujours en séance ponctuelle et collaborative mais j'ai l'impression que très peu de choses bougent psychologiquement en elle. Elle est de plus en plus maigre et fatiguée, et moi aussi j'ai peur qu'elle ne s'effondre sans force d'un moment à l'autre. Je décide de la prendre à contre-pied avec le thème de la nostalgie de sa terre. Il ne lui est tout simplement pas possible de vivre loin de la Sardaigne, pour elle c'est insoutenable et cela pourrait même la mener à la mort !

J'admets avoir été directif et je lui ai "imposé" de demander un arrêt maladie et de retourner chez elle en Sardaigne pour un moment. De plus, elle a la "mission" de chercher du travail sur son île, puis éventuellement de réaliser son désir d'avoir une petite entreprise à elle. Ce désir est toujours resté caché en elle, convaincue de ne pas être capable de faire quelque chose de bon toute seule.

Sara, revenue sur sa terre, reprend lentement à manger (miraculeusement, comme elle dit…) et décide de quitter son travail à Cannes. Elle reprend un peu de force et prend contact pour trouver du travail toujours comme serveuse. Son cousin Lino lui donne une idée, pourquoi ne pas louer un petit espace dans son village au bord de la mer et proposer de la "street food". Sara est effrayée et nous en parlons longuement via Skype, mais comme elle dit "...On ne revient pas en arrière...". En peu de temps, Sara ouvre un petit local où elle prépare et frit des seadas, un dessert typique de la tradition sarde, parfait comme "street food" pour les touristes et les vacanciers du village.

Sara prend du poids, elle fait toujours attention à ce qu'elle mange mais elle est épanouie et est forcée par son travail de se lier avec beaucoup de gens, en forçant sa réticence naturelle.

En résumé : Sara est maintenant contente de son choix, elle travaille intensément et a repris à s'occuper d'elle-même et se permet de petites gratifications. Avoir repris du poids signifie qu'elle doit de nouveau faire face à sa féminité. Elle est attirée par un garçon mais ne se sent pas encore prête pour une relation, elle me dit : "...Laissons le temps au temps, je ne veux pas me précipiter mais me sentir bien avec moi-même, on verra après...".

Bonne chance, Sara...

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Les troubles alimentaires


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Les troubles alimentaires sont parmi les manifestations les plus fréquentes du malaise contemporain. L'anorexie, la boulimie et l'obésité, ces troubles alimentaires, font leur apparition principalement à l'adolescence. La transformation soudaine du corps pousse le sujet à se confronter prématurément à son identité sexuelle. Le rapport que les jeunes adolescents anorexiques-boulimiques entretiennent avec le miroir, objet aimé ou détesté, révèle comment l'image reflétée du corps leur revient avec des effets d'étrangeté et une profonde angoisse. Qu'a-t-il empêché ces personnes d'arriver suffisamment préparées à ce saut existentiel au point de répondre par l'anorexie ou la boulimie? Quelle lecture ces jeunes filles font-elles du traumatisme de la puberté : l'incidence de la mère dans sa relation avec la féminité, le rôle de la figure paternelle, le poids d'un style de vie qui tient de moins en moins compte de la fragilité et de l'incertitude dans lesquelles l'adolescent est plongé, le tirant vers des rôles, des attitudes et des choix qu'il n'est pas encore en mesure de faire. Les troubles alimentaires sont notoirement liés à une préoccupation excessive que le sujet porte envers son image corporelle, une image qui, particulièrement dans notre culture, cherche à correspondre à l'idéal esthétique dominant plaçant la minceur du corps comme modèle. Cet idéal a une incidence particulière dans le monde féminin, rendant la femme plus ou moins susceptible d'occuper la position d'objet du désir masculin. La relation avec le désir et la sexualité est clairement au cœur de ce malaise, montrant tous les aspects symptomatiques liant le sujet féminin à un développement psychologique particulièrement complexe. Il n'est pas surprenant que l'anorexie-boulimie se manifeste souvent comme résultat d'un dysfonctionnement du lien mère-fille, accentué par le manque du rôle paternel qui caractérise de plus en plus le contexte socioculturel actuel. La diffusion du malaise concerne le monde féminin dans toutes les tranches d'âge, de l'adolescence à l'âge adulte. Mais le malaise adolescent concerne également le genre masculin, avec des pourcentages inférieurs à l'incidence féminine car les garçons cachent davantage leur malaise, éprouvant une grande honte à ce sujet. La honte, la dissimulation, l'évitement ou la sous-estimation du problème sont à la base de ces souffrances, en effet les personnes anorexiques ou boulimiques demandent rarement de l'aide, presque toujours l'"alerte" vient de la famille ou de l'école. Et pour "briser" le secret, rien de mieux que d'avoir accès à un groupe de parole qui est un précieux début pour un possible chemin de prise de conscience et de guérison. Un groupe qui garantit le respect de la souffrance, le partage, l'absence de jugement, et la liberté de parole et de... silence.

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Nourriture et culture


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Le rapport avec la nourriture est fondamental pour l'être humain, non seulement d'un point de vue nutritionnel, mais aussi culturel et émotionnel. Le lait, maternel ou artificiel, représente le premier aliment avec lequel le bébé entre en contact, assumant un rôle crucial non seulement pour la nutrition, mais aussi pour la construction du lien avec la mère. Les pleurs du nouveau-né affamé et la satisfaction qui suit le repas créent une expérience primaire qui module le rapport avec le monde extérieur.

La nourriture comme médiateur culturel et social

Au-delà de sa valeur nutritive, la nourriture assume une dimension sociale significative, se transmettant de génération en génération et façonnant l'identité d'un peuple. De nombreux rites religieux et non incluent des aliments et des boissons spécifiques, et les célébrations se déroulent souvent autour de tables bien garnies. Le banquet représente un moment de convivialité, réunissant la famille et créant un lieu d'échange et d'affection.

La nourriture comme "organisateur émotionnel"

La nourriture imprègne notre vie et notre culture, devenant un véritable "organisateur émotionnel" avec lequel nous devons tous composer. Des expériences communes comme maigrir lors d'un voyage en Inde ou grossir aux États-Unis, prendre du poids pour faire plaisir aux mamans ou aux belles-mères ou associer le chocolat au confort émotionnel démontrent le lien profond entre nourriture et émotions.

Poids corporel : joie ou tourment ?

L'apport alimentaire est étroitement lié au chiffre que la balance nous indique : le poids corporel, source de joie pour certains et de tourment pour d'autres. Des moments de conflit avec la nourriture ou avec certains aliments sont fréquents et souvent associés à des situations émotionnelles ou familiales, à des changements attendus ou non dans notre vie. Des exemples courants incluent la perte de poids pendant les chagrins d'amour, la prise de poids après le mariage ou la frustration d'une mère face à un enfant qui ne mange pas. Ces moments ne sont pas toujours le symptôme de pathologies, mais reflètent la complexité du rapport entre nourriture et émotions.

Paysages alimentaires contemporains : variété et contradictions

De nos jours, l'offre alimentaire est plus variée que jamais, en termes de qualité, de quantité et de convivialité. On peut en effet manger à toute heure du jour et de la nuit. Quatre coordonnées culturelles semblent définir le panorama alimentaire contemporain :

* Nourriture authentique: identifiée comme savoureuse et simple, liée aux traditions régionales (pâtes, riz, poisson, viande, fromages, produits laitiers)
* Nourriture ethnique: à valeur culturelle et tendance, elle représente une alternative aux cuisines régionales, mais n'a pas d'impact significatif
* Fast-food: nourriture standardisée comme McDonald's, identique dans le monde entier et caractérisée par un excès de calories, de sucres et de gras. Malgré ses effets négatifs sur la santé, elle est très appréciée, surtout par les jeunes.
* Nourriture biologique: basée sur le respect de l'écosystème agricole, elle valorise la fertilité naturelle du sol et la biodiversité, en excluant les produits chimiques et les OGM.

Happy hour : nourriture, boissons et convivialité

L'happy hour, né dans les pays anglo-saxons, consiste en des réductions sur les boissons et les apéritifs proposés par les bars et les restaurants pendant une période donnée. Diffusé également en Italie et France il remplace souvent le dîner pour beaucoup, offrant une alternative au repas solitaire devant la télévision.

Réflexions et questions ouvertes

Chaque individu peut se placer dans ces coordonnées culturelles, où il le préfère, sans que cela soit le signe d'un mauvais rapport avec la nourriture. Cependant, il est important de réfléchir au lien entre nourriture, poids et corps, souvent vécu de manière conflictuelle. La nourriture que nous consommons au fil du temps modifie notre corps et influence notre rapport avec lui, générant des questions auxquelles chacun doit trouver des réponses.

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La responsabilità è sempre del soggetto...


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Mi piace ricordare un testo fondamentale dell'amico Massimo Recalcati con cui ho lavorato lungamente a Milano all'ABA, nello studio e cura della sofferenza anoressica e bulimica. Nelle brevi righe che seguono è ben indicata la "manovra" etica della rettifica soggettiva, preliminare ad ogni lavoro terapeutico.


Quello che dobbiamo fare nei colloqui preliminari è portare un soggetto a riconoscere la sua implicazione in ciò che lamenta. A riconoscere in che modo alimenta attivamente ciò che lo fa soffrire. La rettifica soggettiva è, quindi, una manovra etica: la responsabilità del male non è dell'Altro, ma del soggetto. È il motto etico che sostiene la psicoanalisi: la responsabilità è sempre del soggetto, non dell'Altro [...] Sostenere la responsabilità assoluta del soggetto non significa attribuirgli le responsabilità dell'Altro. Significa che anche il soggetto che avrà subito abusi o violenze sarà responsabile non di questi abusi o violenze, ma di quello che ne farà nella sua vita. Si "accomoderà" nella posizione della vittima o assumerà eticamente ciò che gli Altri hanno fatto di lui, facendo qualcosa di ciò che gli è stato fatto?

"La pratica del colloquio clinico. Una prospettiva lacaniana" di Massimo Recalcati, Raffaello Cortina Editore, Milano 2017

Groupes de soutien pour les parents de filles souffrant de troubles alimentaires



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Comme vous le savez, pendant de nombreuses années, j'ai travaillé dans des associations et des centres spécialisés dans le traitement des troubles alimentaires tels que l'anorexie, la boulimie, l'obésité, etc...
La clientèle était composée en grande partie d'adolescents et de jeunes femmes et hommes, et les parents de nos patients n'étaient pas impliqués dans le processus de traitement.
Cela était dû au fait que les patients eux-mêmes ne voulaient pas que leurs parents soient impliqués, et très souvent, la condition préalable était que nous, les thérapeutes, n'acceptions même pas les appels téléphoniques ou les contacts des pères ou des mères !
L'expérience nous a ensuite amenés à reconsidérer cette position : il est vrai que les parents et les enfants abordent la souffrance liée aux troubles alimentaires avec des perspectives éloignées et apparemment inconciliables.
Nous avons d'abord rencontré les parents des patients que nous traitions dans un espace qui leur était dédié, sans interférence avec les enfants. Les parents que nous rencontrions étaient porteurs d'une grande angoisse face à la situation créée au sein de leur famille. Ils alternaient entre des moments de dépression, de colère, d'impuissance et parfois de "résignation inconditionnelle" face à la maladie de leurs enfants.
Surtout les mères étaient bouleversées et se sentaient coupables de ce qui se passait, sans pouvoir exprimer cette souffrance à leurs enfants. Parfois, il y avait des "dialogues" entre parents et enfants qui se terminaient presque toujours par des disputes, des affrontements et de la colère mutuelle.
En bref, un dialogue interrompu et chargé de colère et de mécompréhension qui accentuait la distance entre les générations.
Honnêtement, il faut dire que en tant que thérapeutes, notre perception initiale des parents des patientes souffrant de troubles alimentaires était négative, avec une culpabilité sous-jacente pour ce qui se passait. Les filles n'étaient pas prises en compte correctement, elles recevaient des objets et de l'argent mais pas d'attention et de respect pour leurs propres désirs, parfois elles étaient infantilisées et parfois considérées comme déjà adultes même si elles n'avaient que seize ou dix-sept ans.
Cependant, dès que nous parvenions à explorer davantage les émotions et la douleur des parents, des espaces de compréhension et de partage utiles pour "améliorer" les dynamiques familiales, même dysfonctionnelles, s'ouvraient.
L'expérience nous a amenés à reconsidérer le rôle et la fonction des parents par rapport à la souffrance de leurs filles.
Nous avons donc décidé de constituer des groupes de soutien pour les parents, exactement comme nous le faisions déjà pour les filles et les garçons confrontés à la souffrance anorexique-boulimique.
Eh bien, les groupes de parents étaient un moment précieux de connaissance, de conscience et de croissance psychologique pour les participants. Les pères et les mères parlaient de leur souffrance, de leur colère et de leur impuissance face à leurs filles anorexiques ou boulimiques.
Nous avons empiriquement observé que si les parents suivaient un groupe thérapeutique, la relation avec leurs filles anorexiques pouvait changer et s'améliorer. Les moments de conflit étaient réduits, parfois il était même possible d'avoir un débat "civilisé" : les pères et les mères pouvaient assumer leur rôle parental sans tomber dans des positions amicales ou antagonistes.
Surtout la colère et l'impuissance, que les parents ressentaient trop souvent, pouvaient s'atténuer et être exprimées au sein de la famille.
Souvent, le travail avec les parents était délibérément séparé du travail avec les filles, à la demande expresse ou à notre perception, car le dialogue au sein d'une famille s'il est absent ne peut pas être recréé "sur commande". Cependant, il était souvent possible "d'entrecroiser" le travail des parents avec celui des filles et, soyons honnêtes, cela était souvent satisfaisant pour les deux parties. Un dialogue familial retrouvé réduisait l'angoisse et la colère au sein de la famille et, curieusement, agissait également sur le symptôme, qui pouvait s'atténuer dans ses effets les plus évidents, qu'il s'agisse d'anorexie, de boulimie, de vomissements, de crises de boulimie ou d'une combinaison de ces symptômes.
J'ai rencontré de nombreuses familles et j'ai animé des groupes de parents avec la conviction que les aider est un pas extrêmement important pour aider leurs filles et fils souffrant de troubles du comportement alimentaire.
Je ne remets pas en question le fait que de nombreux parents aient plus ou moins de responsabilité dans le déclenchement de la souffrance anorexique-boulimique de leurs filles. Cependant, si l'on sort de la logique de les percevoir toujours comme "coupables", il est possible de les aider à comprendre où ils ont "mal agi", à leur demander de faire plus attention à ce qu'ils disent et font, à adopter une position d'écoute empathique et non jugeante qui ne pourrait qu'aggraver la situation.
L'expérience nous a confirmé ce que nous avions supposé : si le travail thérapeutique des filles est accompagné d'un travail parallèle avec les parents, il est possible de traiter la souffrance des filles en moins de temps, avec de bons résultats et une rémission des symptômes. Comme le disait le parent d'une adolescente de seize ans gravement anorexique : "Il n'y a pas de gagnant et de perdant, soit nous gagnons tous ensemble, soit nous perdons tous...".
C'est précisément en raison de cette prise de conscience que dans le projet Soremax, nous avons décidé de constituer des groupes de parents de filles anorexiques-boulimiques. Des groupes qui peuvent se réunir chaque semaine pour donner une voix et un sens à l'angoisse des pères et des mères confrontés à une fille ou un fils souffrant de troubles du comportement alimentaire.
Ces groupes seront animés par moi-même et Giovanni Sorrentino dans le rôle de facilitateurs de la circulation de la parole, du partage d'expériences et de préoccupations. Il va de soi que le groupe lui-même pourra ensuite, avec le temps, devenir un lieu de réflexion et de croissance psychologique pour les parents et leur permettre d'améliorer leur relation avec leurs filles et fils.

Pour en savoir plus : Soremax


 

Gruppi per genitori di ragazze che soffrono di disturbi alimentari


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Come sapete per molti anni ho lavorato in Associazioni e Centri specializzati nella cura dei disturbi alimentari: anoressia, bulimia, obesità e via dicendo.

L'utenza era composta in grandissima parte da adolescenti e giovani donne ed uomini ed i genitori dei nostri pazienti non erano coinvolti nel processo di cura.

Ciò a motivo del fatto che le stesse pazienti non volevano che i genitori fossero coinvolti, anzi molto spesso la precondizione era che noi terapeuti non accettassimo nemmeno telefonate o contatti vari dal papà o dalla mamma!

L'esperienza ci ha portato successivamente a riconsiderare tale posizione: vero è che genitori e figli affrontano la sofferenza legata ai disturbi alimentari da prospettive lontane tra loro ed all'apparenza inconciliabili.

Dapprima abbiamo incontrato i genitori di pazienti in cura da noi però in uno spazio a loro dedicato senza che vi fossero interferenze con i figli. I genitori che incontravamo erano portatori di grande angoscia per la situazione creatasi in famiglia. Alternavano momenti di depressione, rabbia, impotenza e talvolta di "resa incondizionata" rispetto alla malattia dei figli.

Soprattutto le mamme erano sconvolte e si sentivano in colpa per quanto accadeva, senza riuscire a dare parola di tale sofferenza con i figli. Talvolta vi erano "dialoghi" genitori-figli che finivano quasi sempre in litigio, scontro e rabbia reciproca.

Insomma un dialogo interrotto e carico di rabbia e incomprensione che faceva aumentare la distanza tra le generazioni.

Va onestamente detto che come terapeuti inizialmente la percezione dei genitori delle pazienti sofferenti di disturbi alimentari era connotata negativamente con una sottesa colpevolizzazione per quanto stava accadendo. Figlie che non venivano tenute in giusto conto, ricevevano oggetti e soldi ma non attenzione e rispetto per i propri desideri, talvolta erano infantilizzate e talvolta considerate già grandi anche se avevano solo sedici-diciassette anni.

Però appena si riusciva a entrare di più nelle emozione e nel dolore dei genitori, si aprivano spazi di comprensione e condivisione utili per "migliorare" le dinamiche familiari certo disfunzionali.

L'esperienza ci ha portato a rivedere il ruolo e la funzione dei genitori rispetto alla sofferenza delle figlie.

Abbiamo allora deciso di costituire dei gruppi di ascolto per i genitori esattamente come già facevamo per le ragazze ed i ragazzi alle prese con la sofferenza anoressico-bulimica. 

Ebbene i gruppi di genitori costituivano un momento prezioso di conoscenza, consapevolezza e crescita psicologica per i partecipanti. Padri e madri che raccontavano della sofferenza, rabbia ed impotenza a riguardo delle figlie anoressiche o bulimiche.

Abbiamo osservato empiricamente che se i genitori seguivano un gruppo terapeutico, la relazione con le figlie anoressiche poteva cambiare e migliorare. Si riducevano i momenti di scontro, talvolta addirittura era possibile un confronto "civile": padri e madri riuscivano a tenere la loro funzione genitoriale senza scivolare in posizioni di tipo amicale o contrappositive.

Soprattutto la rabbia e l'impotenza, che troppo spesso sentivano i genitori, poteva attenuarsi ed essere messa in parola all'interno della famiglia.

Sovente il lavoro con i genitori era volutamente separato dal lavoro delle figlie, ad espressa richiesta o per nostra percezione dato che il dialogo all'interno di una famiglia se manca non si può ricreare "a comando". Spesso però era possibile "incrociare" il lavoro dei genitori con quello delle figlie e, diciamolo onestamente, con reciproca soddisfazione. Un dialogo familiare ritrovato riduceva l'angoscia e la rabbia nei membri della famiglia e, guarda caso, interveniva anche sul sintomo che poteva attenuarsi negli effetti più evidenti, che fosse anoressia, bulimia, vomito, abbuffate o una miscela di tali sintomi.

Ho incontrato moltissime coppie e condotto gruppi di genitori con la consapevolezza che aiutare loro è un passo estremamente importante per aiutare le loro figliole ed i figlioli con disturbi del comportamento alimentare.

Non metto in dubbio che tanti genitori abbiano responsabilità più o meno determinanti nello scatenamento della sofferenza anoressico-bulimica delle figlie. Però se si esce dalla logica del percepirli sempre "colpevoli" è possibile aiutarli a capire dove hanno "sbagliato", accompagnarli a porre maggiore attenzione a ciò che dicono e fanno, assumere una posizione di ascolto empatico e non giudicante che potrebbe solo peggiorare la situazione.

L'esperienza ci ha confermato quanto ipotizzato, se il lavoro terapeutico delle figlie è accompagnato dal parallelo lavoro dei genitori è possibile affrontare la sofferenza delle figlie in tempi ridotti, con buoni risultati e remissione dei sintomi. Come diceva il genitore di una ragazzina sedicenne gravemente anoressica: "Non c'è uno che vince e uno perde, o vinciamo tutti assieme o perdiamo tutti...".

Proprio per questa consapevolezza nel progetto Soremax abbiamo deciso di costituire dei gruppi in presenza di genitori di ragazze anoressico-bulimiche. Gruppi che si possono riunire settimanalmente per dare parola e senso all'angoscia di padri e madri coinvolti nell'affrontare una ragazza o un ragazzo che soffre di disturbi del comportamento alimentare.

Questi gruppi saranno condotti da me e da Giovanni Sorrentino nella funzione di facilitatori della circolazione della parola, della condivisione di esperienze e di preoccupazioni. Va da se che il gruppo stesso potrà poi, con il passare del tempo, divenire luogo di elaborazione e crescita psicologica per i genitori e permettere loro di migliorare la relazione con le figlie ed i figli.

Per saperne di più : Soremax













 

Groupes de soutien

  

Bonjour, tous les jeudis de 18h à 19h sur Soremax.org il est possible de participer à des groupes de soutien en visioconférence pour les personnes souffrant de troubles alimentaires. L'espace est gratuit, confidentiel et vous avez la possibilité d'interagir ou simplement d'écouter, selon vos préférences.
Des experts sont présents pour faciliter les échanges entre les participants, dans un moment de parole et de partage des souffrances liées au thème de l'alimentation.
Lien pour vous connecter: https://meet.jit.si/Soremax-Visio-FRA