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Paura, sospetto e delazione

 

© Martino Nicoletti

L'antropologo Martino Nicoletti reduce da un soggiorno in Francia, ci narra la sua esperienza all'aeroporto internazionale di Nantes, in attesa del volo per l'Italia.

Da una parte ci racconta con sollievo che all'aeroporto non vi è più l'obbligo della mascherina, al contempo però egli ha una sensazione "strana". Orbene da li a pochi attimi incrocia un folto gruppo di militari armati all'interno dell'aeroporto stesso, con il fucile appoggiato alla spalla, quindi in stato di pattugliamento ed allarme.

La sua mente vola al ricordo dei pesanti controlli ai tempi del terrorismo internazionale pur in mancanza, al momento, di allarme esplicito per il terrorismo.

Con sua sorpresa quando è nel gate per imbarcarsi è attratto dagli schermi che negli aeroporti di solito trasmettono previsioni meteo, pubblicità e notizie di attualità. La sua attenzione è colpita da un cartone animato che sollecita i passeggeri in transito a prestare molta attenzione ad eventuali borse, zainetti o bagagli all'apparenza incustoditi da segnalare prontamente alla sicurezza o alla Polizia.

Niente di strano, lo sappiamo tutti ed è un consueto messaggio in spazi di transito in qualunque parte del mondo.

Ma, il cartone animato prosegue con altre situazioni. Ad esempio: un passeggero vede una porta semi aperta e quindi avvisa la sicurezza, chissà mai che non si nasconda un pericolo.

Altra immagine: una signora prende una foto all'interno dell'aeroporto ed allora il buon passeggero dotato di gran senso civico ha un sospetto e prontamente avvisa la sicurezza.

Anche una persona accaldata, stanca e semi nascosta dietro una colonna è fonte di sospetto, potrebbe essere un terrorista ed il buon cittadino si sente in dovere di avvisare la Polizia.

Nicoletti poi osserva che le figure del cartone animato, peraltro assai ben fatto sono senza mascherina, ma non hanno volto, quindi nessuna espressione. 

Quindi "esseri" mossi dall'allarmismo e dal sospetto non fanno altro che individuare situazioni potenzialmente pericolose e fare il loro buon dovere di denunciare alla hostess o al poliziotto che sta facendo la ronda, il loro sospetto. 

Nicoletti osserva che ora che il Covid sembra dietro di noi, non ci sono più il Green Pass ed il pericolo terrorismo, si cerca di instillare nelle persone un allarme continuo. Le persone vengono tenute costantemente ad un livello di percezione di pericolo ed insicurezza, spaventate e con la sensazione che qualcosa di grave può arrivare di colpo. Non solo: il cittadino dovrebbe essere anche un "poliziotto", guardarsi attorno attento a denunciare potenziali o manifesti pericoli.

A tal proposito viene in mente il film drammatico "Le vita degli altri" girato a Berlino est ai tempi della Stasi, ogni cittadino non è solo poliziotto ma anche "agente segreto". Invece della fiducia, della concordia o del semplice "rapporto neutro" tra le persone, c'è sempre del sospetto in un clima di pericolo imminente, il che giustifica la delazione.

Nicoletti scrive che tra poco non serviranno nemmeno più le telecamere, "il bravo cittadino" sarà egli stesso una telecamera in grado di osservare e denunciare eventuali persone o situazioni di pericolo.

Esagerazione direte voi! Però ci ricordiamo ancora gli inviti, nel mentre dei confinamenti, a denunciare i vicini riuniti a cena con amici e non solo con i familiari, o chi usciva senza motivo ben oltre la distanza permessa. Dall'inizio della "pandemia" è stato tutto un allontanare fisicamente (e non solo) le persone, impedire di darsi la mano, figuriamoci abbracciarsi, spaventare vecchi e giovani per il contagio, dividere e contrapporre vaccinati e non, costringere all'uso del green pass e poi di quello "rafforzato". Il tutto in un clima costante di paura con bollettini di guerra su morti e contagi.

Ricordo ancora il giorno di Natale del 2020 a Milano. Mia moglie ed io avevamo a pranzo i cognati e la giovane nipote. Ebbene per le regole anti contagio solo due persone dello stesso nucleo familiare potevano stare nella stessa vettura. Quindi le due donne sono venute in auto e nostro cognato in moto con un freddo cane. Un bicchiere di ottimo vino rosso l'ha rimesso in sesto dopo la freddata che si è preso... No comment!

BUT THE SHOW MUST GO ON...



 




 

Psicologia e Coronavirus: Come Gestire Emotivamente Questo Difficile Periodo?


Photo : ©Jorge Flores
Riporto l'intervista apparsa su Monaco Italia Magazine, della giornalista Angela Valenti Durazzo, che ringrazio.

Proteggersi dall’epidemia del Covid-19 avendo cura anche della nostra “salute psicologica”. Abbiamo chiesto a Massimo Felici, psicologo e psicoterapeuta italiano a Nizza, come gestire emotivamente, soprattutto per gli italiani all’estero spesso distanti dalle loro famiglie, il tempo che manca alla fine di questo difficile periodo.
Massimo Felici quali sono i motivi principali per cui si rivolgono a lei gli italiani che vivono e lavorano a Nizza, imprenditori, commercianti, ristoratori, studenti ecc?
Mi dicono principalmente di avere paura o di essere tristi. Sono questi i due motivi prevalenti per cui le persone, soprattutto donne e ragazzi, si rivolgono a me. Le prime perché si interrogano di più ed esprimono con più facilità i sentimenti. I secondi, invece sono in gran parte studenti dell’università di Nizza Sophia Antipolis che si sentono tagliati fuori, lontani da casa, dalla famiglia, dagli affetti. Per questo mi sono reso disponibile online, gratuitamente, durante il Covid-19 anche al sabato e alla domenica.
Come si può padroneggiare dunque la paura?
Per prima cosa dobbiamo accettare che la paura è normale e sana. La paura serve per evitare guai: se vedo un animale feroce infatti ho paura e scappo. Serve a proteggerci e a pensare alle soluzioni. Molti mi parlano anche di panico, ma bisogna fare attenzione alle parole. Panico significa perdere il contatto con gli altri. La paura, invece, si affronta se una una persona si sente parte di una comunità, poiché siamo tutti colpiti come comunità dalla pandemia. Per esempio, vicino a me, le persone per ridurre il disagio e lo stress del confinamento salutano quelli del palazzo di fronte e questa è una forma di sana socialità che contrasta paura e stress. Per fare un esempio: spesso il bambino ha paura del buio ma se prende per mano un amichetto o la mamma o il papà, in due la paura si gestisce meglio.
Tenersi costantemente informati ci rassicura?
Ci sono persone che mi hanno raccontato di passare la notte sveglie su internet a guardare le notizie sul coronavirus. E questa ricerca compulsiva è assolutamente da evitare. Essere informati va bene ma bisogna ridurre l’overdose di notizie che non sempre tra l’altro rassicurano, poiché talvolta si contraddicono. 
E cosa dobbiamo dire ai bambini per rassicurarli durante il confinamento a casa?
Dobbiamo stare innanzitutto attenti alle emozioni che trasmettiamo e spiegargli che “abbiamo tutti paura”, rassicurare non vuole dire infatti raccontare bugie. E poi rispettare una quotidianità che comprenda regole della giornata chiare, orari, niente tute e pigiami in casa, se no si scivola nella depressione, social media, ma non passare l’intera giornata su internet e telefonini. E poi le emozioni positive sono fonte di serenità, quindi dipingere, leggere, creare, assecondare una propria passione, fare ginnastica, approfittare per riflettere sulle cose della vita, non lasciarsi sconfiggere dal virus prima ancora di avere “combattuto”. 
Quale atteggiamento avremo quando ci metteremo alle spalle questa pandemia che sta sconvolgendo il mondo?
Quando ne usciremo ci sarà presumibilmente, gran voglia di vivere, i rapporti umani verranno rivisti, non solo in negativo, ma anche in positivo. Si vedrà l’importanza di esserci posti degli interrogativi e la voglia di rimetterci in gioco. Non dimentichiamoci che gli Italiani hanno grandi risorse che si vedono nei momenti drammatici. Inoltre, usciti di casa, ritroveremo le bellezze della nostra Italia.

di Angela Valenti Durazzo

Logo : ©Monaco Italia Magazine

Guida anti-stress per i cittadini a casa

Opuscolo pubblicato dal Consiglio Nazionale Ordine Psicologi per tutti noi in quarantena a casa


Photo © CNOP


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Crediti immagine: ©Rapahel Perez
Utilizzo volutamente un'immagine del pittore naif Raphael Perez in occasione della ricorrenza dell'attentato di Nizza del 14 luglio 2016.
Si è scritto molto, polemizzato, analizzato il fenomeno a livello nazionale ed europeo, si è parlato di guerra di religione (come se non fossero bastate le varie Crociate) per cercare di comprendere il fenomeno terroristico. Vorrei porre attenzione alle coordinate emotive che tali eventi scatenano in tutti noi, pur con reazioni comportamentali diverse tra loro. Alcune persone volevano a tutti i costi vedere i luoghi dell'attentato, fotografare, mentre altre nemmeno potevano pensare di passare ove si era consumata una tale strage.
Tali eventi sono definiti dalla psicologia traumatici. Una definizione appropriata recita:

"Possiamo definire traumatico un evento che una persona ha vissuto, cui ha assistito o si è confrontata e che ha implicato morte, rischio di morte, gravi lesioni o una minaccia all’integrità fisica propria o altrui. Non solo, la reazione della persona a tale evento ha comportato grande paura, orrore ed un sentimento di impotenza."

La definizione coniuga due aspetti del fenomeno, l'evento terribile in sé e la reazione soggettiva della persona a tale evento. Tutto ciò peraltro accade in un tempo breve ed è come se non fossimo in grado di mentalizzare e "digerire" ciò che si produce. La realtà è traumatica, violenta e ci sentiamo impotenti e soverchiati da quanto accade, con terrore di essere feriti o di potere morire.
E' innegabile che l'attentato di Nizza, come molti altri prima e, purtroppo successivi, è stato un evento traumatico collettivo. Nizza è sempre stata percepita come città prevalentemente votata al turismo, al divertimento "invasa" da tantissimi italiani residenti tra pensionati e giovani laureati impiegati nelle aziende locali.
Nemmeno lontanamente potevamo avere la percezione del pericolo di un attentato qui a Nizza, anche se la Francia era già stata duramente colpita da simili tragici eventi. Nizza aveva "la guardia abbassata" le persone pensavano solo a divertirsi, cercare uno spazio per vedere i fuochi alla sera, bere, cantare e divertirsi.
A posteriori tutto questo mette il brivido alla schiena, io stesso temevo per i festeggiamenti a Parigi, di certo obiettivo percepito più "sensibile".
Il resto è purtroppo triste cronaca, un uomo solo, psicologicamente instabile, con figli (!) ha programmato e realizzato tale attentato artigianale, con un camion vuoto (niente esplosivi) e con armi finte che gli avevano venduto degli albanesi...
Ha scorrazzato per oltre un chilometro e mezzo a zig-zag tra la folla sulla Promenade des Anglais e investito quante più persone poteva.
Il sentimento prevalente era infatti di sgomento, per tale azione, totalmente inaspettata e drammaticamente efficace.
Per settimane l'aspetto choccante era proprio lo sgomento, poi il lutto ha soverchiato tutte le altre emozioni. Lutto che si materializzava in fiori, candele, bigliettini, manifestazioni spontanee di persone per commemorare e pregare. 
Sappiamo che gli attentatori oltre al danno umano (morti e feriti) contano sulla paura come effetto moltiplicatore di tali eventi. E la paura ancora adesso aleggia per Nizza, martedi scorso in Cours Saleya, affollata di persone per una partita di calcio dei mondiali in corso, a seguito di un forte ed inaspettato rumore la folla ha iniziato a scappare ed ha travolto tavoli e sedie: risultato 30 feriti.
La paura è ancora riscontrabile nei discorsi di molte persone, timorose di andare in luoghi aperti come al chiuso, inquiete e reattive appena sentono una sirena o rumori forti di qualsiasi genere.
Non è mai scomparso anche un altro sentimento: la rabbia, rivolta soprattutto alla moltitudine di "arabi" francesi, che peraltro hanno pagato un triste tributo di morti proprio per mano del loro "connazionale".
Ad oggi però dobbiamo dire sinceramente che la città globalmente ha reagito, anche alla paura, certo il tempo attenua ogni dramma e l'elaborazione del lutto passa proprio per una presa di distanza dalle emozioni violente iniziali. 
Mi piace concludere con la citazione freudiana che l'Eros vuole a tutti i costi prevalere sulla paura e la morte, Thanatos

Attentato di Nizza : 86 morti, di cui 6 italiani e 200 feriti di cui 50 gravi