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Michele non dimenticherà mai il giorno in cui mise piede a Parigi. L’aeroporto Charles de Gaulle lo accolse con il suo caos, annunci in francese che scorrevano veloci e il brusio di una città che non dorme mai. Aveva 25 anni, un buon lavoro e un biglietto di sola andata verso un futuro che, almeno nella sua mente, sembrava perfetto.
Le prime settimane furono un turbinio di emozioni. Camminava lungo le rive della Senna come se stesse vivendo in una cartolina, assaporando ogni dettaglio: il profumo del pane appena sfornato, il vociare dei caffè, le note di un violino sul Pont Neuf. Al lavoro, i colleghi erano cordiali, la lingua di lavoro era l’inglese, che Michele parlava molto bene e si sentiva vivo, capace, pronto a conquistare la città dei sogni.
Ma, col passare dei mesi, la magia cominciò a dissolversi. Sempre più spesso doveva confrontarsi con testi, telefonate e riunioni in francese. Michele aveva studiato il francese ma gli sfuggivano le sfumature e molte battute dei colleghi in riunione lo faceva sentire fuori posto. Le mail e le riunioni, un tempo in inglese, divennero fonte di ansia: interpretazioni possibili, sfumature culturali, toni da decifrare. Michele cominciò a controllare decine di volte ogni messaggio prima di inviarlo, con il cuore che batteva forte e le mani che tremavano leggermente.
Il lavoro, da stimolante, diventò opprimente. Le responsabilità crescevano e ogni decisione pesava come un macigno. La sera, nel piccolo monolocale in affitto, il silenzio era il suo peggior nemico. Michele non dormiva più di quattro-cinque ore per notte. Ogni rumore – un clacson, il passo di un vicino, il ticchettio dell’orologio – lo faceva sobbalzare. I pensieri correvano incessanti: “Non sto facendo abbastanza… Non mi adatterò mai… Forse ho sbagliato tutto.”
L’insonnia portò con sé altri sintomi: perdita di appetito, difficoltà a concentrarsi, irritabilità. Le passeggiate nei parchi e le visite ai musei, un tempo fonte di gioia, ora sembravano compiti pesanti. Michele sentiva un senso di colpa verso se stesso: aveva lasciato Catania per un sogno, e invece si sentiva intrappolato in una città che amava ma che allo stesso tempo lo intimidiva.
Fu allora che decise di chiedere aiuto. Iniziò a frequentare una terapeuta italiana che gli propose un percorso di psicoterapia. Michele imparò a osservare i propri pensieri senza esserne travolto. Scoprì che l’ansia poteva essere gestita, che il sonno poteva essere protetto con piccole routine: ridurre la caffeina, respirazioni profonde e meditazione serale.
La terapeuta lo incoraggiò anche a costruire una rete sociale: partecipare a gruppi di expat, corsi di lingua ed eventi culturali. Michele iniziò lentamente a incontrare persone con esperienze simili. Raccontare le proprie difficoltà e ascoltare quelle altrui lo fece sentire meno solo.
Con il tempo, le notti cominciarono a diventare più tranquille. Le giornate di lavoro, pur impegnative, non lo angosciavano più. Imparò a celebrare i piccoli successi: una presentazione in francese senza ansia, un pranzo con un collega, un pomeriggio ad un museo senza sentirsi sopraffatto. La città ora lo spaventava di meno, come un enorme puzzle in cui stava lentamente trovando il suo posto.
Michele poi si rese conto di un aspetto da lui poco considerato, che ora gli pesava sempre più. Il clima di Parigi. I suoi colleghi di lavoro ne erano entusiasti ma lui, catanese di origine, non riusciva proprio ad adattarsi. Gli mancava il sole ed il mare della sua bella terra. Senza pensarci troppo decise di trasferirsi appena un posto di lavoro della sua azienda si liberò nella filiale di Nizza.
Ne parlò con la terapeuta che sostenne la sua decisione ed in poche settimane Michele scese al “sud”. Consapevole dell’importanza del percorso psicologico intrapreso a Parigi cercò anche a Nizza un terapeuta italiano per proseguire il lavoro di introspezione già ben avviato.
Michele aveva vissuto il trasferimento a Nizza come: “Il secondo tempo di un film, in cui la trama si amplia e si comprende meglio la narrazione (parole sue)”.
L’impatto con Nizza era stato molto positivo, anche per il gran numero di italiani trasferiti o residenti nella città. Consapevole dell’importanza di una buona conoscenza del francese si era subito iscritto ad un’associazione culturale per seguire lezioni ed uscite culturali, rigorosamente in francese. Il lavoro di psicoterapia ora poteva mettere a fuoco il suo desiderio di avere una compagna. In seduta aveva ammesso che gran parte del suo volere lasciare Catania era legato ad una delusione amorosa di una sua ex compagna di scuola con cui era stato per molti anni. Lei lo aveva lasciato di colpo per un altro e Michele aveva vissuto delle crisi di angoscia a seguito di ciò.
Nizza invogliava Michele a “socializzare” molto di più. Già nel suo ufficio aveva conosciuto una collega ed un venditore italiani, con cui spesso usciva alla sera per un bicchiere in compagnia.
Anzi meglio, la collega napoletana, che aveva preso in simpatia Michele gli aveva presentato di li a poco una concittadina “single”. Michele e Giovanna hanno così cominciato a frequentarsi e quasi senza accorgersene si sono “messi assieme”.
Michele ora utilizza le sedute per analizzare i suoi sentimenti verso Giovanna che lo attrae molto e che considera una persona di valore. Giovanna dal canto suo è consapevole e desiderosa di avere una relazione appagante con un ragazzo maturo quale è Michele.
Nessuno può sapere cosa riserverà il futuro a Giovanna e Michele. Ora i due ragazzi sono consapevoli e desiderosi di conoscersi e giocare al meglio le carte che il destino ha loro consegnato…
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