Featured Slider

Visualizzazione post con etichetta obesità. Mostra tutti i post

Emma e Manon

© Pexels

Emma e Manon sono madre e figlia. Anni fa il papà è mancato per un’incidente d’auto mentre rientrava da un viaggio di lavoro. Manon aveva nove anni e conserva un buon ricordo del papà, che la faceva giocare ed era molto dolce con lei. Emma aveva dovuto “riprendersi” subito dal drammatico evento per proteggere Manon e farla crescere con tutto l’affetto e l’attenzione possibile. Proprio per questo aveva deciso di lavorare part time per seguire la figliola e dedicarle del tempo nel dopo scuola. Ne consegue che le due donne sono molto legate e “complici” nella vita però la madre non aveva mai dimenticato il suo ruolo e la sua funzione educativa.
Manon ha le idee chiare, vuole studiare legge per diventare avvocato ed occuparsi soprattutto di diritto familiare, che sente più come una missione che come lavoro.
La mamma la sostiene in questa sua aspirazione, ne è anche orgogliosa, come ne sarebbe stato anche il papà.
Emma da quando è mancato il marito ha perso molto la voglia di cucinare in casa, prepara dei semplici piatti e sovente si arrangia con dei surgelati che ha in casa. Manon invece si dedica alla cucina con passione e sempre più spesso è lei che cucina per entrambe. A Manon piace cucinare piatti complessi che prepara con cura ed “offre” alla mamma per invogliarla ad assaggiare delle bontà.
Chi vede assieme le due donne rimane colpito: sembrano sorelle, molto simili di viso e corporatura, spesso poi vestite in modo simile.
Al termine della maturità Manon si iscrive a legge che frequenta con grande dedizione ed interesse e supera gli esami senza fatica. La mamma la sostiene poi a fare un anno in Erasmus all’estero, per affinare la sua formazione. La scelta va all’Università per Stranieri di Perugia in Italia, anche per motivi affettivi, dato che il nonno materno di Emma era nativo proprio di Perugia.
Manon trova una sistemazione a Perugia con altre due ragazze francesi che studiano lingue ed apprezza il buon vivere nella città che accoglie studenti di tutto il mondo.
Ha anche qualche flirt con dei ragazzi ma sono solo storielle, il suo obiettivo è chiaro, tornare a Nizza per intraprendere la carriera di avvocato come ha ben previsto.
Quando torna la prima volta a Nizza da Perugia trova la mamma triste ed “appesantita”, certo la lontananza ha i suoi effetti soprattutto su Emma. Durante le vacanze natalizie Manon si rende conto che la mamma si abbuffa di piatti salati e dolci in gran quantità. Ne parla con la mamma che minimizza e le dice che invecchiando è diventata golosa e quindi non deve preoccuparsi. Una sera dopo cena Manon scopre la mamma in bagno intenta a vomitare il copioso cibo che ha mangiato poco prima. È spaventata e preoccupata, non sa che fare ed affronta la mamma direttamente. Emma le confessa che da molto si abbuffa e poi vomita a volte alterna giorni di digiuno e poi si ricomincia. Manon vuole aiutare la mamma, comprende che sta male da tempo e che il distacco a Perugia ha accentuato la sua sofferenza che si riversa sul cibo.
Vorrebbe accompagnare la mamma dal medico per parlarne con lui ma la mamma si rifiuta perché dice di vergognarsi troppo.
Manon si sente impotente ed angosciata, sa di essere la sola che può aiutare la mamma ma non sa che fare. Ha un’idea, propone (quasi impone) alla mamma, che può fare il tele-travail, di seguirla a Perugia ed affittare un monolocale assieme per tutti i mesi restanti.
Non solo, tramite un suo professore contatta uno psicologo e convince la mamma ad andare tutte e due in seduta. Iniziano il percorso di terapia familiare che lascia emergere la mai sopita sofferenza della mamma per il grave lutto e la fatica psicologica, al limite dell’annullamento di sé, per seguire e proteggere Manon.
Ma per lavorare su tali temi occorre continuare le sedute a Nizza. Il caso vuole che il professore che ha consigliato Manon mi conosca per un seminario di formazione svolto proprio a Perugia, anni fa. Il collega mi invia le due donne, per proseguire i colloqui di coppia. Dagli incontri emerge chiaramente che Emma non si è mai concessa nulla, vive della luce riflessa e dell’orgoglio per la figlia ma ha eclissato se stessa. Questa consapevolezza si scontra con i sensi di colpa di Emma che non si “autorizza” a vivere per se stessa, come se ciò portasse via qualcosa alla figliola. Verbalizzare ciò è il passo iniziale per un processo di “differenziazione” delle due donne, che non vuole dire perdersi ma invece valorizzare le differenze.
Di comune accordo Manon “costringe” la mamma a fare la spesa e cucinare le pietanze per loro due con una dieta sana e bilanciata e mangiano assieme in un momento conviviale. Per Emma non è facile, ovviamente, anche perché si ritrova ad avere del tempo per sé che potrà occupare in qualcosa che desidera e le piace. Si iscrive ad una Associazione che aiuta i bambini a fare i compiti dopo la scuola, sfruttando le sue conoscenze di materie scientifiche. Emma un giorno in seduta verbalizza che “riempire” il suo tempo le permette di percepire molto meno il vuoto che altrimenti poteva colmare soltanto abbuffandosi per poi sentirsi in colpa per il cedimento psicologico che viveva.
Il lavoro continua…

Il testo è redatto nel rispetto del Codice della Privacy-GDPR-regolamento UE 2016/679













Isabelle

  

© Pexels

Isabelle
ricorda che sin da ragazzina è stata “in carne”, terribile espressione per dire grassa.
Siccome era simpatica e generosa i compagni di classe la coinvolgevano sempre nei loro giochi ma nell’attività fisica era in grande imbarazzo. Impacciata e goffa, si era fatta fare dal medico un certificato per non svolgere ginnastica a scuola come le altre ragazze.
In adolescenza per qualche anno aveva perso peso ed era proprio contenta, aveva avuto per due anni un flirt con un ragazzo, poi di colpo lui era sparito. Non solo, il ragazzo si era messo con una sua amica. Risultato: aveva perso amica e ragazzo. Da allora si era rifugiata nel cibo, aveva sempre voglia di sgranocchiare qualcosa, soprattutto dolci, pur sapendo che le facevano male.
I genitori le avevano tentate tutte, con le buone e con le cattive: diete, controlli medici e ginnastica, invano. Una serie di colloqui con uno psicologo avevano attenuato la “fame” di Isabelle, ma lei aveva deciso di interrompere le sedute.
Ora Isabelle è una giovane donna di 26 anni, ha studiato informatica, sua passione, e lavora in una grande azienda. Ha praticamente provato tutte le diete possibili, all’inizio riesce a perdere peso ma nel giro di uno-due mesi perde il controllo e riprende il peso con in più delusione e rabbia per lo scacco subito.
É stata anche ricoverata presso un centro specializzato ma ha interrotto il programma di cura dopo tre settimane perché si sentiva “in prigione”.
Vive ancora con i genitori (è figlia unica) ed i rapporti familiari sono buoni.
Il cruccio dei genitori è vederla da sola senza un compagno, lei che è una ragazza cosí brava e sensibile. Ha avuto una relazione con un collega di lavoro, anch’egli sovrappeso e così ci dice Isabelle: “Abbiamo lo stesso cruccio, non ci piacciamo ma stare soli è doloroso”. La storia va avanti tra alti e bassi per un paio di anni poi il ragazzo si trasferisce in una sede estera dell’azienda.
É uno choc per Isabelle, lui le assicura che anche a distanza la loro storia potrà continuare ma lei ha una bruttissima sensazione. Inizialmente riescono a vedersi almeno una volta al mese poi le cose si fanno difficili. Il ragazzo si allontana sempre più sino a quando Isabelle in un momento di rabbia decide di chiudere la storia. Lui “sparisce” e conferma ad Isabelle che la storia era finita già da tempo, purtroppo. Gli effetti di questa rottura sono molto pesanti per Isabelle: prende ancora peso, dorme male e spesso la sera beve dei superalcolici per… aiutarsi a dormire.
Le giornate di Isabelle sono tutte uguali, si alza, va al lavoro, rientra e mangia. Il sabato e la domenica guarda delle serie televisive e… mangia.
I genitori sono disperati perché Isabelle sembra essersi “lasciata andare”, non ha interesse per nulla, non vede persone e mangia, mangia… La costringono “obtorto collo” a consultare un nutrizionista (uno dei tanti) che però ha con lei un approccio diverso. Anziché parlare di diete, cibi ed abbinamenti, le propone il test PCS che noi di Soremax abbiamo preparato: una serie di venti domande volte a conoscere il rapporto tra le emozioni ed il cibo. Infatti pensiamo che se non si parte dall’intima connessione tra il mangiare e le nostre emozioni non ha senso parlare di calorie, zuccheri e nutrienti…
Il test incuriosisce un pò Isabelle, stupita che il nutrizionista non le prescriva una dieta (che lei sa bene non funzionerà). I dati del test evidenziano aspetti emozionali legati al senso di abbandono ed una profonda nostalgia. Questi elementi vanno ovviamente inseriti e compresi nella storia di Isabelle, per cui il nutrizionista le suggerisce un incontro con Soremax con la promessa che non si parlerà assolutamente di cibo e diete.
Con questa rassicurazione Isabelle ci incontra. Il colloquio è difficile, Isabelle è sfiduciata ed arrabbiata con il mondo e, soprattutto, con se stessa. Riusciamo a concordare altri appuntamenti volti a capire l’origine dei suoi sentimenti di abbandono e nostalgia. Poco alla volta emerge il profondo dolore per un trasferimento quando aveva otto anni, da un paesino tranquillo alla grande metropoli, che Isabelle ha vissuto malissimo. Non ne aveva mai parlato con suoi genitori per non preoccuparli ma si sentiva proprio perduta, senza le sue amichette di scuola. Ad un certo punto della seduta si ricorda che rubava dei soldini in casa per comperare di nascosto delle merendine che mangiava a scuola. Il cibo per lei cominciava ad essere un “ansiolitico”, le permetteva di vivere senza percepire troppo dolore. Passiamo poi al doloroso capitolo degli abbandoni dei ragazzi che ancora la fanno soffrire enormemente. Ci dice che il vuoto che percepisce può essere colmato solo con il cibo, che la riempie e stordisce al contempo.
Verbalizzare questi aspetti è l’inizio del lavoro psicologico per Isabelle, ma occorre affrontare “di petto” il totale disordine alimentare della giovane.
Isabelle ci aveva raccontato che talvolta mangiava dei cibi ancora parzialmente surgelati, tanto per riempire, non per nutrirsi!
Come Soremax utilizziamo gli aspetti sensoriali-gustativi del cibo per un approccio più sano al cibo stesso, slegati dalla conta delle calorie o da altri aspetti “tecnici” dell’approccio all’alimentazione che sappiamo essere troppo spesso fallimentari per le diete di queste persone.
Sapore, colore, piacere, gusto e umami (il quinto gusto) sono gli assi di lavoro di Soremax per approcciare il cibo come un piacere, un ritrovato desiderio di assumere ciò che ci piace e fa bene.
In parallelo alle sedute psicologiche Isabelle viene “accompagnata” a fare la spesa, conoscere i vari alimenti, abbinarli ed apprezzarne profumo e gusto (per lei totalmente estranei).
È un lavoro delicato da fare assieme a noi di Soremax, per permettere ad Isabelle di acquisire consapevolezza di sé nella riscoperta del cibo come piacere e non “nemico” o veleno.
Isabelle è poi stimolata a recuperare un minimo di vita sociale, incontrare persone e non passare i fine settimana davanti alla televisione…
Sapendo che le piacciono gli animali la convinciamo ad offrirsi come volontaria presso un’Associazione. Dapprima esita poi si convince e inizia a partecipare alle attività di raccolta fondi ed a seguire alcuni cagnolini abbandonati ed in carico all’Associazione stessa.
Non passa neanche un mese ed un bel setter (abbandonato) “la sceglie” ed Isabelle decide di portarlo a casa. I genitori sono contrari, non hanno mai avuto animali in casa e la madre ha paura dei cani! Breve battaglia casalinga ed, ovviamente, il setter ora è ben piazzato in casa ed è la gioia di tutti e tre per la sua dolcezza e giocosità.
Il lavoro continua, Isabelle è consapevole che questo è solo l’inizio di un percorso che potrà fare accompagnata da Soremax ma che esige (responsabilmente) che lei contribuisca al buon esito finale, senza sentirsi in colpa, “sbagliata” o malata…

Il testo è redatto nel rispetto del Codice della Privacy-GDPR-regolamento UE 2016/679












 


 

 

Incontri sui disturbi del comportamento alimentare: anoressia, bulimia ed obesità


La rilevanza epidemiologica dei disturbi alimentari su più fasce di età, pone oggi una serie di interrogativi alla psicologia, sia da un punto di vista clinico che teorico.

Se consideriamo l'anoressia, la bulimia e l'obesità, alcune tra le nuove manifestazioni del disagio contemporaneo, può essere utile scandirne una lettura aggiornata che tenga conto delle loro attuale fenomenologia e delle possibili correlazioni con altri quadri sintomatici. In questi incontri vengono trattate le specificità delle relazioni esistenti fra stati psicologici e possibile sviluppo di dipendenze alimentari.


anoressia ed infanzia:

si tratterà della specificità dell'anoressia infantile rispetto a quella adulta, si metteranno in evidenza gli elementi comuni e ciò che crea una differenza legata alla particolare posizione infantile. Si parlerà della funzione genitoriale, soprattutto per quel che riguarda il riconoscimento dei desideri dei bambini, che non sempre coincidono con le loro domande, a volte impossibili.


anoressia ed adolescenza:

l'adolescenza racchiude al suo cuore una delle fasi più traumatiche e rivoluzionarie della vita dell'essere umano: la pubertà. Si tratta di un tempo in cui si verifica il riemergere delle pulsioni dopo la fase di latenza.

La repentina trasformazione del corpo trascina il soggetto a confrontarsi, spesso prematuramente, con la propria identità sessuale. Il rapporto che giovani adolescenti anoressico-bulimiche intrattengono con lo specchio, oggetto amato o detestato, rivela come l'immagine riflessa del corpo ritorni loro con effetti di estraniazione e profonda angoscia. Cosa ha impedito loro di arrivare sufficientemente preparate a questo salto esistenziale al punto che vi possono rispondere con l’anoressia o la bulimia? Nel corso degli incontri verranno affrontati i punti che strutturano ed influenzano la lettura che queste ragazze fanno del trauma della pubertà: l'incidenza della madre nel suo rapporto con la femminilità, il peso di una stile di vita che sempre meno tiene conto della fragilità e dell'incertezza in cui l'adolescente è immerso, trascinandolo verso ruoli, atteggiamenti, scelte che ancora non è in grado di fare. Il dato statistico che coniuga l'insorgenza dell'anoressia-bulimia con l'epoca adolescenziale mostra infatti come questi sintomi siano degli “espedienti” per attraversare la crisi puberale.


anoressia e femminilità:

i disturbi alimentari sono notoriamente correlati ad una preoccupazione eccessiva che il soggetto rivolge nei confronti dell'immagine corporea, immagine che, in modo particolare nella nostra cultura, si vuole fare aderire all'ideale estetico dominante che pone come modello la magrezza del corpo. Questo ideale ha un'incidenza particolare nel mondo femminile, in quanto rende la donna suscettibile o meno di occupare la posizione di oggetto del desiderio maschile. Il rapporto col desiderio e con la sessualità è chiaramente al centro di questo disagio, mostrando tutti gli aspetti sintomatici che legano il soggetto femminile ad uno sviluppo psicologico particolarmente complesso. In realtà, l'amenorrea stessa, che accompagna stabilmente le varie forme di anoressia, testimonia sintomaticamente gli effetti di una chiusura alla via materna e femminile (vedi nuove sterilità), e ci porta ad interrogarci sul fatto che in questi quadri sintomatologici, appaia un certo rifiuto, non solo delle capacità riproduttive proprie della donna, ma anche dell'assunzione di un corpo che, in quanto femminile, tenga conto del piano della differenza sessuale.

Non a caso, l'anoressia-bulimia si manifesta spesso come esito di una disfunzione del legame madre-figlia, enfatizzato dalla carenza del ruolo paterno che sempre più caratterizza l'attuale contesto socio-culturale. La diffusione del disagio riguarda il mondo femminile in tutte le fasce d'età, da quella adolescenziale all'età adulta. Così come il menarca, nella pubertà, segna un momento particolarmente delicato nella sviluppo psico-affettivo, anche la menopausa è oggi una causa ricorrente dell'insorgenza tardiva del disturbo alimentare. Inoltre, i nuovi contesti familiari, che si differenziano dalla famiglia tradizionale anche per il cambiamento del ruolo sociale delle donne, hanno determinato una nuova configurazione e una nuova ridistribuzione dei ruoli all'interno della famiglia che mostra come la popolazione di sesso femminile sia oggi più che mai divisa all'interno di diversi ambiti: da quello materno a quello affettivo e professionale.


il trattamento della famiglia:

l’incontro sul trattamento della famiglia si propone di delineare innanzitutto i fondamenti teorici del lavoro con genitori e con le famiglie. Si evidenzierà, anche attraverso esempi clinici, l'importanza dell'utilizzo dei concetti fondamentali della psicoanalisi e si affronteranno le principali

caratteristiche dei diversi contesti familiari, esaminando sia le diverse caratteristiche di padri e madri sia, in un secondo momento, le logiche familiari più frequenti nelle famiglie di soggetti anoressico-bulimici.



come orientarsi di fronte ad una persona che chiede aiuto:

le persone anoressiche o bulimiche raramente chiedono aiuto, quasi sempre la domanda di cura è una domanda preoccupata della famiglia, o della scuola. Questo spiega l'importanza cruciale che nell'anoressia-bulimia occupa il trattamento della persona sofferente con un lavoro preliminare antecedente e strutturante la cura stessa. L'accoglienza si basa su una serie di manovre cliniche che accompagnano e sostengono il paziente nell'avviarsi di un discorso di tipo terapeutico. Se si salta questo snodo logico la cura e' destinata al fallimento.

Nel corso dell'incontro saranno esaminate, in modo dettagliato, le ragioni per cui questo tipo di pazienti vada pensato come sempre "in difetto" di domanda, e i criteri minimi per orientarsi nella difficile evenienza di dovere fare fronte ad una richiesta di aiuto da parte di una persona che presenti tale sofferenza.