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Il panico e la paura di Aldo

Foto di Andrzej da Pixabay

Aldo è un appassionato di Aikido, arte marziale giapponese che ha praticato a Roma per tanti anni. Al suo trasferimento a Parigi continua la sua pratica presso un centro della capitale e frequenta la palestra quattro volte alla settimana ed il sabato da una mano con i giovani allievi, su richiesta del suo Maestro. E' molto apprezzato ed assai preparato tecnicamente anche per la sua permanenza di quasi un anno in Giappone presso un Maestro che è una leggenda dell'Aikido. In Italia aveva lavorato come autista di bus di linea nella sua Roma, lavoro troppo stressante a turni che gli rendeva difficile frequentare la palestra. Su indicazione di un allievo decide di traferirsi in Francia per divenire autista Uber a Parigi. Quando non lavora è in palestra, sua passione e vita.

Aldo è un bel ragazzo, fisico asciutto e muscoloso, simpatico e solare. Sempre pronto ad aiutare gli altri sia in palestra che al di fuori, entusiasta e curioso. Il suo sogno è potere avere una piccola palestra e diventare insegnante di Aikido quando dovrà lasciare le competizioni.

Come tutti gli atleti spesso ha avuto incidenti e infortuni ma niente di serio, lividi e costole incrinate fanno parte del corredo del "Samurai".

Quando riesce a mettere da parte una certa somma, acquista un biglietto per tornare in Giappone e si iscrive ad "un Master" di perfezionamento di Aikido, propedeutico a farlo diventare insegnante della disciplina.

Mentre è in volo per il Giappone Aldo sente di non avere molto appetito, certo è l'emozione di tornare nel paese del Sol Levante per alcuni mesi e mangia svogliatamente.

Ma il peggio sta per cominciare (parole sue): ha nausea e dopo nemmeno mezz'ora deve correre in bagno a vomitare quel poco che ha mangiato. Aldo è bianco come un cencio, gli tremano le mani, il cuore va a mille e si sente in panico. Chiede aiuto ad un passeggero che gli offre due Xanax.

Al primo giorno di corso alla palestra con gli altri allievi al cospetto del Maestro, Aldo quasi non riesce a parlare per presentarsi, nuovamente è bianco come un cencio con il cuore a mille e sente un freddo esagerato.

Il Maestro lo invita ad uscire dal "materassino" mentre lo fa accudire dai suoi collaboratori. Ancora una crisi di angoscia, Aldo non si capacita di stare così male. 

Torna in stanza e deve chiamare il medico dell'hotel. Gli vengono prescritti farmaci ansiolitici per alcuni mesi di terapia. Per farla breve Aldo deve rinunciare al corso, non se la sente proprio di andare avanti. Vuole solo tornare a casa nemmeno a Parigi ma a Roma, dai genitori in pensiero per lui.

Rientrato a Roma si rinchiude in casa, deluso, sofferente e demoralizzato. Mai avrebbe pensato potesse capitare una cosa del genere a lui! Un suo allievo di Parigi gli indica il mio nome e "obtorto collo" ci sentiamo via Skype ma non è un incontro facile, Aldo sembra l'ombra di quel giovane atleta di Akido, solare ed entusiasta. Riesco "a convincerlo" a sentirci almeno qualche volta via Skype, poi si vedrà. Gli chiedo dei sogni ma non ricorda nulla, dorme come un piombo per via dei farmaci che assume. Sento di dovere essere molto più "interventista" di quanto auspicabile, credo che dopo qualche seduta Aldo avrebbe "lasciato il colpo" e smesso gli incontri.

Mi gioco la carta dell'Aikido. Marco, un mio cugino romano lo ha praticato per molti anni. Mi invento questo "atto": Marco si aspetta che Aldo lo chiami per parlare assieme, uso mio cugino come "medium" tra me e Aldo per mobilizzare qualcosa. Non ho certezza del risultato ma se non si tenta..!

Marco propone ad Aldo di incontrarsi di persona, si vedono a Roma in centro e parlano per un po'. Mio cugino mi riferisce che lo ha visto proprio spento, vuoto ed impaurito. IMPAURITO: mi colpisce questa acuta osservazione di Marco, impaurito di cosa, uno come Aldo che non dovrebbe avere paura di nulla...

Nel successivo Skype con Aldo lo interrogo, con decisione, sul tema della paura. Paura di cosa, tanto da avere un effetto così grande su di lui. Niente, non mi racconta nulla di pertinente e onestamente non so che fare, ammetto la mia impotenza e ne parlo con lui. A questo punto con grande esitazione Aldo mi confessa che mesi prima ha avuto dei rapporti con la ragazza delle pulizie della palestra ed è terrorizzato da quando lei gli ha detto in modalità "scherzosa" di fare il test dell'HIV dato che ha avuto tantissimi uomini...

Queste parole hanno avuto un effetto devastante su Aldo, si è sentito in trappola, fregato e ad un passo dal morire di AIDS, proprio lui che è sempre stato attento e cauto, ma con quella ragazza no...

Si è "tenuto dentro" ciò, con il terrore di essersi infettato, malato e di li a poco morire malamente di AIDS.

Finalmente Aldo ha sputato fuori il rospo! Ma è consapevole che dovrà affrontare la paura di fare il test e conoscere il "verdetto".

Ci lavoriamo un paio di mesi, mesi difficili, Aldo è molto ambivalente, alterna fiducia e speranza e momenti in cui si vede già morto, complice il fatto che ha perso qualche chilo di peso...

Gioco nuovamente la carta di mio cugino Marco che lo accompagnerà a fare il test in Ospedale e poi sarà con lui alla lettura dell'esito. Viene il "gran giorno" della consegna del referto che Aldo non ha il coraggio di guardare per primo, tocca a Marco aprire la busta... Il referto è negativo, Aldo non ha contratto l'infezione! Potete immaginare la gioia di entrambi, Aldo è contento come un bambino, non sta nella sua pelle ed abbraccia lungamente Marco.

Aldo rientra a Parigi e torna al suo "tran-tran" abituale, con una promessa a Marco: andranno assieme in Giappone per il Master di Aikido che Aldo non aveva potuto frequentare per gli attacchi di panico.

 

P.S. Lo scritto è redatto nel rispetto del Codice della Privacy, GPDP -  Regolamento UE 2016/679.

 

 


 

 


 

 

 



 



 




 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 


Gli attacchi di panico di Clara

 

© Simran Sood - Unsplash

Clara trova il mio nome tra gli psicologi del réseau voluto dalla Senatrice Laura Garavini, con il sostegno dell'Ambasciata italiana di Parigi e della rete consolare francese, per offrire consulenza psicologica gratuita agli italiani durante la pandemia da Covid-19.

L'idea di parlare con uno psicologo italiano l'ha aiutata a superare la sua timidezza. Mi telefona e quasi non riesco a sentire la sua voce, parla pianissimo, ho la sensazione che non voglia "disturbarmi".

Ci accordiamo per un rendez-vous di persona, finalmente è possibile incontrarsi "fisicamente" dopo il lungo periodo di confinamento.

Clara è minuta, graziosa, vestita più da adolescente che da giovane donna quale è visto che ha appena compiuto 32 anni. Si capisce benissimo che ha pianto prima di venire in seduta, poi spesso nel corso del colloquio le lacrime le scendono e fa una grande tenerezza.

Sempre tra le lacrime mi racconta che è Nizza da alcuni anni, lavora in una società di e-commerce di Monaco in qualità di ingegnere informatico. Svolge il suo lavoro senza particolari difficoltà, è molto preparata ed apprezzata dai colleghi. E' la sola donna nel piccolo gruppo di lavoro, ed i colleghi maschi praticamente l'hanno adottata. Ciò le fa piacere, mi descrive l'ambiente lavorativo in modo positivo, alla pausa pranzo stanno assieme come una famigliola.

Si lamenta però che dal venerdi sera alla domenica troppo spesso resta da sola. Non ha interessi particolari, ama fare lunghe passeggiate sia al mare che nelle colline intorno Nizza, usa spesso i bus dato che ha la patente ma paura di guidare. Per lei, che proviene da un paesino del torinese, tutto è da scoprire.

Ha un buon stipendio (lavora a Monaco) che le ha permesso di affittare una casa in una zona centrale di Nizza, che è il suo rifugio.

È figlia unica e raramente torna a casa in Italia, i genitori sono "brave persone" che non si sono mai mosse da casa. Dopo il Politecnico di Torino ha lavorato alcuni anni in una piccola società informatica e mi dice:

"Tanto lavoro, missioni in continuazione in giro per il nord Italia e stipendio non commisurato (guarda caso) fintantoché ho deciso di lasciare. Per caso ho trovato un'opportunità a Monaco e senza indugio mi sono  trasferita, ero sorpresa del mio coraggio. Amo la vita tranquilla, magari un pò monotona ma non sono ambiziosa e so accontentarmi".

La "calma" della sua vita è turbata nel momento in cui un ragazzo francese che lavora nel piccolo supermercato sotto casa sua manifesta un qualche interesse per lei. Si danno del tu e spesso scambiano quattro chiacchiere...

Quando il ragazzo la invita per un aperitivo Clara è indecisa. Si vergogna un po', dato che non si reputa carina ma le sue serate sono troppo spesso vuote.

Accetta di uscire e qui inizia (parole sue) "Qualcosa che mai avrei immaginato..."

Per farla breve si innamora del ragazzo, fanno coppia fissa, lui è premuroso, sorridente e pieno di iniziative. I weekend sono all'insegna di gradevoli gite nella nostra Regione.

Il ragazzo contraccambia i sentimenti, si divertono e spesso, nonostante il divieto di spostamenti nel mentre del confinamento, il ragazzo dorme da lei.

Eccezionalmente un sabato Clara deve lavorare per un aggiornamento al sistema informatico. Ha previsto tutta la giornata ma se la cava per l'ora di pranzo. Anziché prendere il solito bus va a casa a piedi. Ad un semaforo vede l'auto del suo ragazzo (ne è sicura) con una fanciulla vicino. Non solo, si danno dei baci e si abbracciano...

Resta pietrificata, non sa come ma arriva a casa, si butta sul divano e vorrebbe morire!

Il suo corpo non risponde, mentre il cuore va a mille ed è preda di un'angoscia immensa. Non riesce a stare in piedi, barcolla è distrutta. Quando il ragazzo la cerca alla sera, ignaro di tutto, Clara non risponde, lo blocca e cancella tutti i numeri...

Ovviamente non è in grado di andare al lavoro, prende malattia che la fa sentire in colpa dato che si deve inventare una dolorosa riacutizzazione della (vera) sciatica. Per un paio di settimane ha spesso "attacchi di panico", angoscia e nausea al solo pensiero del ragazzo, mangia per disperazione e dorme pochissime ore per notte.

Finalmente riesce a telefonarmi.

Dapprima affrontiamo i suoi "attacchi di panico", che non stanno a significare che è perduta e sconfitta ma le dicono che deve "fermare tutto" e porsi al centro della sua vita e proteggersi!

Chiunque di noi può avere un attacco di panico, non è appannaggio dei deboli o fragili. È un violento tsunami emotivo che ci costringe a rivedere tutta la nostra vita.

Inizio il mio lavoro con lei per cercare di comprendere le sue aspettative nei confronti del "mondo degli uomini". Un padre gran brava persona ma "svirilizzato", sempre presente ma offuscato dalla figura della madre. Poi occorre analizzare la storia "a caccia" di episodi o situazioni che avrebbero potuto (e dovuto) metterla in allarme.

Un po' alla volta le tornano alla mente piccoli episodi che aveva trascurato per via dell'innamoramento.

Giusto un esempio: una sera aveva visto nella borsa del ragazzo un secondo cellulare, spento. 

"È per il lavoro, non è importante" aveva detto lui. Clara in seduta aggiunge: "Ma un cassiere di supermercato ha un cellulare apposta?! Dovevo farglielo accendere! Che ingenua sono stata..."

Per farla breve, dolorosamente, Clara è costretta a mettere in serie dei piccoli segnali che aveva trascurato. Non aveva fatto domande, preteso chiarimenti, espresso perplessità. Dice: "Praticamente mi sono consegnata totalmente nelle sue mani, che stupida...". Clara poi racconta dei sogni, o meglio incubi, in cui (guarda caso) delle persone le portano via qualcosa o la mettono in disparte o le fanno del male volutamente. 

Mi fermo qui dato che il lavoro è in corso e sono sicuro che Clara potrà affrontare la prossima storia con un ragazzo con ben altra consapevolezza, "centratura" su di sé dato che ha molto da offrire affettivamente in uno scambio alla pari e nella completa sincerità.



P.S. Lo scritto è redatto nel rispetto del Codice della Privacy, GPDP -  Regolamento UE 2016/679.





 


Gli attacchi di panico


         
Carlo sale in macchina per tornare a casa dal liceo di Milano ove insegna come supplente di latino e greco. Sta per avviare l'auto quando si rende conto che il suo cuore va a mille e quasi gli manca il respiro.
Cerca di calmarsi, è completamente sudato, vorrebbe uscire dall'auto per chiedere aiuto ma è come "bloccato", in preda ad un'ansia smisurata e, apparentemente, senza motivo.
Cerca di respirare lentamente ma con scarsi risultati, si sente immerso in una sensazione di impotenza che lo spaventa tantissimo.
Dopo alcuni minuti, che a lui sono sembrati ore, un collega si avvicina alla macchina, intuisce che qualcosa non va e dopo avere aperto la portiera gli parla e tenta di rassicurarlo...
Poco alla volta Carlo sembra riprendere il controllo su di sé, il cuore rallenta il suo battito e il sudore si asciuga. Le parole del collega sembrano averlo riportato alla vita!
Carlo dopo tale episodio si è rivolto al suo medico di base per cercare di capire cosa gli era successo, ed il sanitario, attento e preparato, dopo avere escluso evidenze mediche, ha parlato di attacco di panico ed anziché prescrivere i soliti ansiolitici gli ha suggerito di consultare uno psicologo per affrontare tale sofferenza.
L'attacco di panico può accadere a ciascuno di noi, senza predilezione di età, sesso o che,  e sembra essere in gran aumento nella nostra epoca. 
Potremmo descriverlo come un subitaneo impatto con il terrore, un sentimento di impotenza che ci annienta, l'idea di "essere perduti".
La psicoanalisi ha molto studiato l'attacco di panico e colto nella difficoltà della persona che ha tale sofferenza l'impossibilità di soddisfare aspettative, aspirazioni, obiettivi di altri o che egli stesso si prefigge al punto da non ascoltare e considerare i propri bisogni, desideri e … limiti!
Scrivevo prima che tale sofferenza è sicuramente in grande aumento nel nostro tempo: ciò darebbe corpo all'interpretazione che se le aspettative sociali, lavorative, di performance dei nostri anni sono sempre più elevate, molte persone si trovano in conflitto tra ciò che la società esige loro ed i propri desideri e le proprie aspettative. Possiamo leggere l'attacco di panico come una sofferenza, un conflitto tra la persona e la pressione della società. La persona cerca di adeguarsi, accelera, stringe i denti e non ascolta i propri desideri profondi o sacrifica quanto di più intimo ha in se. L'attacco di panico lo pietrifica, lo spaventa e gli ricorda che prima ci sono le sue istanze emotive e sociali, poi le aspettative della società.
Il nostro Carlo intraprende un percorso di psicoterapia ed in tempi brevi mette a fuoco l'aspetto conflittuale tra il diventare ciò che i genitori (pur legittimamente) gli chiedono, ovvero essere un bravo insegnante di latino e greco di un liceo milanese, dato che i familiari hanno fatto tanti sacrifici per farlo studiare (è figlio unico) ed un profondo desiderio di recarsi a fare l'insegnante in sud America, con un'associazione che ha conosciuto un anno prima.
Dare ascolto ai genitori, che ama tantissimo, o dare ascolto a Carlo?
L'attacco di panico colpisce come un fulmine, non si può aspettare altro tempo, occorre capire cosa è in gioco per la persona, senza ipocrisie e false soluzioni.
Carlo da qualche anno è in Ecuador, a Quito, in una scuola ove insegna la lingua italiana a bambini e ragazzi. Ogni tanto facciamo ancora una chiaccherata, magia di Skype che ci permette di parlare e vederci pur essendo così lontani.

Photo by Niklas Hamann on Unsplash