Emma e Manon

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Emma e Manon sono madre e figlia. Anni fa il papà è mancato per un’incidente d’auto mentre rientrava da un viaggio di lavoro. Manon aveva nove anni e conserva un buon ricordo del papà, che la faceva giocare ed era molto dolce con lei. Emma aveva dovuto “riprendersi” subito dal drammatico evento per proteggere Manon e farla crescere con tutto l’affetto e l’attenzione possibile. Proprio per questo aveva deciso di lavorare part time per seguire la figliola e dedicarle del tempo nel dopo scuola. Ne consegue che le due donne sono molto legate e “complici” nella vita però la madre non aveva mai dimenticato il suo ruolo e la sua funzione educativa.
Manon ha le idee chiare, vuole studiare legge per diventare avvocato ed occuparsi soprattutto di diritto familiare, che sente più come una missione che come lavoro.
La mamma la sostiene in questa sua aspirazione, ne è anche orgogliosa, come ne sarebbe stato anche il papà.
Emma da quando è mancato il marito ha perso molto la voglia di cucinare in casa, prepara dei semplici piatti e sovente si arrangia con dei surgelati che ha in casa. Manon invece si dedica alla cucina con passione e sempre più spesso è lei che cucina per entrambe. A Manon piace cucinare piatti complessi che prepara con cura ed “offre” alla mamma per invogliarla ad assaggiare delle bontà.
Chi vede assieme le due donne rimane colpito: sembrano sorelle, molto simili di viso e corporatura, spesso poi vestite in modo simile.
Al termine della maturità Manon si iscrive a legge che frequenta con grande dedizione ed interesse e supera gli esami senza fatica. La mamma la sostiene poi a fare un anno in Erasmus all’estero, per affinare la sua formazione. La scelta va all’Università per Stranieri di Perugia in Italia, anche per motivi affettivi, dato che il nonno materno di Emma era nativo proprio di Perugia.
Manon trova una sistemazione a Perugia con altre due ragazze francesi che studiano lingue ed apprezza il buon vivere nella città che accoglie studenti di tutto il mondo.
Ha anche qualche flirt con dei ragazzi ma sono solo storielle, il suo obiettivo è chiaro, tornare a Nizza per intraprendere la carriera di avvocato come ha ben previsto.
Quando torna la prima volta a Nizza da Perugia trova la mamma triste ed “appesantita”, certo la lontananza ha i suoi effetti soprattutto su Emma. Durante le vacanze natalizie Manon si rende conto che la mamma si abbuffa di piatti salati e dolci in gran quantità. Ne parla con la mamma che minimizza e le dice che invecchiando è diventata golosa e quindi non deve preoccuparsi. Una sera dopo cena Manon scopre la mamma in bagno intenta a vomitare il copioso cibo che ha mangiato poco prima. È spaventata e preoccupata, non sa che fare ed affronta la mamma direttamente. Emma le confessa che da molto si abbuffa e poi vomita a volte alterna giorni di digiuno e poi si ricomincia. Manon vuole aiutare la mamma, comprende che sta male da tempo e che il distacco a Perugia ha accentuato la sua sofferenza che si riversa sul cibo.
Vorrebbe accompagnare la mamma dal medico per parlarne con lui ma la mamma si rifiuta perché dice di vergognarsi troppo.
Manon si sente impotente ed angosciata, sa di essere la sola che può aiutare la mamma ma non sa che fare. Ha un’idea, propone (quasi impone) alla mamma, che può fare il tele-travail, di seguirla a Perugia ed affittare un monolocale assieme per tutti i mesi restanti.
Non solo, tramite un suo professore contatta uno psicologo e convince la mamma ad andare tutte e due in seduta. Iniziano il percorso di terapia familiare che lascia emergere la mai sopita sofferenza della mamma per il grave lutto e la fatica psicologica, al limite dell’annullamento di sé, per seguire e proteggere Manon.
Ma per lavorare su tali temi occorre continuare le sedute a Nizza. Il caso vuole che il professore che ha consigliato Manon mi conosca per un seminario di formazione svolto proprio a Perugia, anni fa. Il collega mi invia le due donne, per proseguire i colloqui di coppia. Dagli incontri emerge chiaramente che Emma non si è mai concessa nulla, vive della luce riflessa e dell’orgoglio per la figlia ma ha eclissato se stessa. Questa consapevolezza si scontra con i sensi di colpa di Emma che non si “autorizza” a vivere per se stessa, come se ciò portasse via qualcosa alla figliola. Verbalizzare ciò è il passo iniziale per un processo di “differenziazione” delle due donne, che non vuole dire perdersi ma invece valorizzare le differenze.
Di comune accordo Manon “costringe” la mamma a fare la spesa e cucinare le pietanze per loro due con una dieta sana e bilanciata e mangiano assieme in un momento conviviale. Per Emma non è facile, ovviamente, anche perché si ritrova ad avere del tempo per sé che potrà occupare in qualcosa che desidera e le piace. Si iscrive ad una Associazione che aiuta i bambini a fare i compiti dopo la scuola, sfruttando le sue conoscenze di materie scientifiche. Emma un giorno in seduta verbalizza che “riempire” il suo tempo le permette di percepire molto meno il vuoto che altrimenti poteva colmare soltanto abbuffandosi per poi sentirsi in colpa per il cedimento psicologico che viveva.
Il lavoro continua…

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I sintomi di Adriana

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Adriana è una ragazza trentenne che decide di lasciare l’Italia per trasferirsi in Francia e cercare un lavoro più soddisfacente. È infermiera ed ha sempre lavorato all’Ospedale di Taranto, sua città natale, con turni massacranti e basso stipendio. Le spiace allontanarsi dalla famiglia dato che è figlia unica e lascia il fidanzato “storico” dopo dieci anni di relazione in cui lui non si è mai deciso a proporle il matrimonio e Adriana pensa sia ormai una storia troppo sfilacciata. Sente parlare di Nizza da una collega che ha già avviato la procedura per il riconoscimento del titolo di studio per lavorare come infermiera in Francia. Conosce poco Nizza, viene alcune volte come “turista” ed è piacevolmente colpita dalla città. Conosce il francese scolastico e, prima di fare il grande passo, prende lezioni private di lingua. Adriana ora è pronta a trasferirsi, inizialmente alloggia dalla collega italiana che è già inserita in Ospedale ed inizia a lavorare presso una clinica convenzionata. Gli orari sono molto più “normali”, raramente lavora nel fine settimana e lo stipendio più elevato che in Italia. È contenta della sua scelta, ha però difficoltà a legare con le colleghe del lavoro che le sembrano cortesi ma “freddine” nei rapporti interpersonali. Di fatto frequenta solo la sua collega italiana che però sta per trasferirsi a Lione a seguito di una offerta lavorativa molto interessante. I fine settimana spesso sono noiosi quindi decide di iscriversi ad un corso di yoga. Adriana è molto contenta della sua scelta, lo yoga l’aiuta a prendere coscienza di sé, concentrarsi e sente una “buona energia” nelle persone che frequentano con lei il corso. Dopo le lezioni fa spesso uno spuntino in un locale vicino e li conosce Karim, un ragazzo tunisino che non nasconde interesse per lei. Adriana non vorrebbe iniziare una storia ma si lascia convincere dalla dolcezza del ragazzo. Si frequentano per oltre un anno sino a quando, di comune accordo, decidono di andare a convivere in una casetta che affittano assieme. Stanno bene e cominciano a pensare ad avere un figlio, grande desiderio di Adriana, che sente "l’orologio biologico" correre. Un giorno Adriana dimentica il suo cellulare in clinica ed usa quello di Karim per prenotare una pizzeria per la sera stessa. Rimane sorpresa da una seria di chiamate a Karim da parte di una certa Afef. Chiede al ragazzo chi sia ma riceve delle risposte evasive. È perplessa ma non vuole essere “paranoica” e farsi strani film, però “un tarlo” continua a non darle pace… Si ricorda lo “strano” numero e il giorno successivo decide di chiamare direttamente; scopre che è un Hammam: Afef è una delle ragazze del centro, con tanto di foto sul sito e non vi è dubbio che la fanciulla non faccia solo massaggi rilassanti! Potete immaginare lo sconcerto il dolore e la rabbia di Adriana, nello scoprire cosa potesse avere fatto “il suo Karim” con quella ragazza. Lo affronta la sera stessa tra urla e pianti. Karim è costretto dall’evidenza ad ammettere che nel frequentare l’Hammam ha visto parecchie volte Afef, ma spergiura che è “solo” un fatto fisico! Adriana si sente ancor più male, è una bellissima ragazza, cento volte meglio di quella Afef che appare assai volgare, non riesce più a sopportare la situazione e costringe Karim ad uscire immediatamente di casa. I giorni successivi sono un tormento, non riesce a dormire ed ha sempre mal di stomaco, prende dei giorni di malattia e consulta una psichiatra che le prescrive dei farmaci ansiolitici ed ipnotici per dormire. I farmaci sembrano non funzionare con Adriana, anzi hanno un effetto paradossale, è ancora più irrequieta ed insonne. Dopo alcune settimane decide di interrompere le medicine e conta che il solo yoga possa darle pace e serenità. I giorni passano ma Adriana sta sempre male, oltretutto viene a sapere che Karim cerca di contattarla nonostante lei lo abbia bloccato e minacciato di chiamare la Polizia se si fosse fatto ancora vivo. L’insegnante di yoga spesso la ospita a casa sua quando capisce che Adriana è davvero angosciata e potrebbe farsi del male, non solo, la convince a prendere appuntamento con uno psicologo per iniziare un percorso psicoterapico. I colloqui sono difficili per la disperazione che Adriana vive, potete immaginare cosa possa pensare degli uomini… All’inizio delle consultazioni spesso utilizzo il test del copione per capire meglio le dinamiche familiari della persona, utili per poi fare chiarezza su eventi dolorosi attuali e sulle modalità di reazione della persona stessa. Dal test che Adriana compila emerge qualcosa di opaco in riferimento al termine del periodo adolescenziale: le domande successive non portano luce su momenti importanti della sua vita verso i vent’anni. Al colloquio successivo Adriana di colpo è colta da un feroce mal di testa, non riesce più a parlare e deve tornare a casa… La seduta che segue è importante perché Adriana molto commossa mi racconta che verso i vent’anni ha dovuto abortire da sola e di nascosto dai familiari dopo che il ragazzo con cui stava l’aveva lasciata di colpo. Un momento doloroso in cui aveva già vissuto un forte mal di stomaco, insonnia per alcuni mesi e grande male alla testa. Tali sintomi “psicosomatici” si sono ripresentati al momento della separazione da Karim, con il vissuto emozionale di una violenza fatta da un uomo nei suoi confronti allora con l’essere costretta all’aborto ora con il tradimento. Concordiamo che Adriana debba parlare di quell’evento con i genitori, è un segreto troppo pesante da tenere dentro di se, un segreto che la fa sentire troppo in colpa. Rientra in Italia e ne parla con i suoi, e… da li a pochi giorni i sintomi “psicosomatici” si riducono e spariscono. Ovviamente il lavoro psicologico continua, un pò come un lutto che va elaborato lentamente, in un processo di “riparazione” perché Adriana possa tornare a “fidarsi” di un uomo. 

 

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