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Emma e Manon

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Emma e Manon sono madre e figlia. Anni fa il papà è mancato per un’incidente d’auto mentre rientrava da un viaggio di lavoro. Manon aveva nove anni e conserva un buon ricordo del papà, che la faceva giocare ed era molto dolce con lei. Emma aveva dovuto “riprendersi” subito dal drammatico evento per proteggere Manon e farla crescere con tutto l’affetto e l’attenzione possibile. Proprio per questo aveva deciso di lavorare part time per seguire la figliola e dedicarle del tempo nel dopo scuola. Ne consegue che le due donne sono molto legate e “complici” nella vita però la madre non aveva mai dimenticato il suo ruolo e la sua funzione educativa.
Manon ha le idee chiare, vuole studiare legge per diventare avvocato ed occuparsi soprattutto di diritto familiare, che sente più come una missione che come lavoro.
La mamma la sostiene in questa sua aspirazione, ne è anche orgogliosa, come ne sarebbe stato anche il papà.
Emma da quando è mancato il marito ha perso molto la voglia di cucinare in casa, prepara dei semplici piatti e sovente si arrangia con dei surgelati che ha in casa. Manon invece si dedica alla cucina con passione e sempre più spesso è lei che cucina per entrambe. A Manon piace cucinare piatti complessi che prepara con cura ed “offre” alla mamma per invogliarla ad assaggiare delle bontà.
Chi vede assieme le due donne rimane colpito: sembrano sorelle, molto simili di viso e corporatura, spesso poi vestite in modo simile.
Al termine della maturità Manon si iscrive a legge che frequenta con grande dedizione ed interesse e supera gli esami senza fatica. La mamma la sostiene poi a fare un anno in Erasmus all’estero, per affinare la sua formazione. La scelta va all’Università per Stranieri di Perugia in Italia, anche per motivi affettivi, dato che il nonno materno di Emma era nativo proprio di Perugia.
Manon trova una sistemazione a Perugia con altre due ragazze francesi che studiano lingue ed apprezza il buon vivere nella città che accoglie studenti di tutto il mondo.
Ha anche qualche flirt con dei ragazzi ma sono solo storielle, il suo obiettivo è chiaro, tornare a Nizza per intraprendere la carriera di avvocato come ha ben previsto.
Quando torna la prima volta a Nizza da Perugia trova la mamma triste ed “appesantita”, certo la lontananza ha i suoi effetti soprattutto su Emma. Durante le vacanze natalizie Manon si rende conto che la mamma si abbuffa di piatti salati e dolci in gran quantità. Ne parla con la mamma che minimizza e le dice che invecchiando è diventata golosa e quindi non deve preoccuparsi. Una sera dopo cena Manon scopre la mamma in bagno intenta a vomitare il copioso cibo che ha mangiato poco prima. È spaventata e preoccupata, non sa che fare ed affronta la mamma direttamente. Emma le confessa che da molto si abbuffa e poi vomita a volte alterna giorni di digiuno e poi si ricomincia. Manon vuole aiutare la mamma, comprende che sta male da tempo e che il distacco a Perugia ha accentuato la sua sofferenza che si riversa sul cibo.
Vorrebbe accompagnare la mamma dal medico per parlarne con lui ma la mamma si rifiuta perché dice di vergognarsi troppo.
Manon si sente impotente ed angosciata, sa di essere la sola che può aiutare la mamma ma non sa che fare. Ha un’idea, propone (quasi impone) alla mamma, che può fare il tele-travail, di seguirla a Perugia ed affittare un monolocale assieme per tutti i mesi restanti.
Non solo, tramite un suo professore contatta uno psicologo e convince la mamma ad andare tutte e due in seduta. Iniziano il percorso di terapia familiare che lascia emergere la mai sopita sofferenza della mamma per il grave lutto e la fatica psicologica, al limite dell’annullamento di sé, per seguire e proteggere Manon.
Ma per lavorare su tali temi occorre continuare le sedute a Nizza. Il caso vuole che il professore che ha consigliato Manon mi conosca per un seminario di formazione svolto proprio a Perugia, anni fa. Il collega mi invia le due donne, per proseguire i colloqui di coppia. Dagli incontri emerge chiaramente che Emma non si è mai concessa nulla, vive della luce riflessa e dell’orgoglio per la figlia ma ha eclissato se stessa. Questa consapevolezza si scontra con i sensi di colpa di Emma che non si “autorizza” a vivere per se stessa, come se ciò portasse via qualcosa alla figliola. Verbalizzare ciò è il passo iniziale per un processo di “differenziazione” delle due donne, che non vuole dire perdersi ma invece valorizzare le differenze.
Di comune accordo Manon “costringe” la mamma a fare la spesa e cucinare le pietanze per loro due con una dieta sana e bilanciata e mangiano assieme in un momento conviviale. Per Emma non è facile, ovviamente, anche perché si ritrova ad avere del tempo per sé che potrà occupare in qualcosa che desidera e le piace. Si iscrive ad una Associazione che aiuta i bambini a fare i compiti dopo la scuola, sfruttando le sue conoscenze di materie scientifiche. Emma un giorno in seduta verbalizza che “riempire” il suo tempo le permette di percepire molto meno il vuoto che altrimenti poteva colmare soltanto abbuffandosi per poi sentirsi in colpa per il cedimento psicologico che viveva.
Il lavoro continua…

Il testo è redatto nel rispetto del Codice della Privacy-GDPR-regolamento UE 2016/679













I sintomi di Adriana

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Adriana è una ragazza trentenne che decide di lasciare l’Italia per trasferirsi in Francia e cercare un lavoro più soddisfacente. È infermiera ed ha sempre lavorato all’Ospedale di Taranto, sua città natale, con turni massacranti e basso stipendio. Le spiace allontanarsi dalla famiglia dato che è figlia unica e lascia il fidanzato “storico” dopo dieci anni di relazione in cui lui non si è mai deciso a proporle il matrimonio e Adriana pensa sia ormai una storia troppo sfilacciata. Sente parlare di Nizza da una collega che ha già avviato la procedura per il riconoscimento del titolo di studio per lavorare come infermiera in Francia. Conosce poco Nizza, viene alcune volte come “turista” ed è piacevolmente colpita dalla città. Conosce il francese scolastico e, prima di fare il grande passo, prende lezioni private di lingua. Adriana ora è pronta a trasferirsi, inizialmente alloggia dalla collega italiana che è già inserita in Ospedale ed inizia a lavorare presso una clinica convenzionata. Gli orari sono molto più “normali”, raramente lavora nel fine settimana e lo stipendio più elevato che in Italia. È contenta della sua scelta, ha però difficoltà a legare con le colleghe del lavoro che le sembrano cortesi ma “freddine” nei rapporti interpersonali. Di fatto frequenta solo la sua collega italiana che però sta per trasferirsi a Lione a seguito di una offerta lavorativa molto interessante. I fine settimana spesso sono noiosi quindi decide di iscriversi ad un corso di yoga. Adriana è molto contenta della sua scelta, lo yoga l’aiuta a prendere coscienza di sé, concentrarsi e sente una “buona energia” nelle persone che frequentano con lei il corso. Dopo le lezioni fa spesso uno spuntino in un locale vicino e li conosce Karim, un ragazzo tunisino che non nasconde interesse per lei. Adriana non vorrebbe iniziare una storia ma si lascia convincere dalla dolcezza del ragazzo. Si frequentano per oltre un anno sino a quando, di comune accordo, decidono di andare a convivere in una casetta che affittano assieme. Stanno bene e cominciano a pensare ad avere un figlio, grande desiderio di Adriana, che sente "l’orologio biologico" correre. Un giorno Adriana dimentica il suo cellulare in clinica ed usa quello di Karim per prenotare una pizzeria per la sera stessa. Rimane sorpresa da una seria di chiamate a Karim da parte di una certa Afef. Chiede al ragazzo chi sia ma riceve delle risposte evasive. È perplessa ma non vuole essere “paranoica” e farsi strani film, però “un tarlo” continua a non darle pace… Si ricorda lo “strano” numero e il giorno successivo decide di chiamare direttamente; scopre che è un Hammam: Afef è una delle ragazze del centro, con tanto di foto sul sito e non vi è dubbio che la fanciulla non faccia solo massaggi rilassanti! Potete immaginare lo sconcerto il dolore e la rabbia di Adriana, nello scoprire cosa potesse avere fatto “il suo Karim” con quella ragazza. Lo affronta la sera stessa tra urla e pianti. Karim è costretto dall’evidenza ad ammettere che nel frequentare l’Hammam ha visto parecchie volte Afef, ma spergiura che è “solo” un fatto fisico! Adriana si sente ancor più male, è una bellissima ragazza, cento volte meglio di quella Afef che appare assai volgare, non riesce più a sopportare la situazione e costringe Karim ad uscire immediatamente di casa. I giorni successivi sono un tormento, non riesce a dormire ed ha sempre mal di stomaco, prende dei giorni di malattia e consulta una psichiatra che le prescrive dei farmaci ansiolitici ed ipnotici per dormire. I farmaci sembrano non funzionare con Adriana, anzi hanno un effetto paradossale, è ancora più irrequieta ed insonne. Dopo alcune settimane decide di interrompere le medicine e conta che il solo yoga possa darle pace e serenità. I giorni passano ma Adriana sta sempre male, oltretutto viene a sapere che Karim cerca di contattarla nonostante lei lo abbia bloccato e minacciato di chiamare la Polizia se si fosse fatto ancora vivo. L’insegnante di yoga spesso la ospita a casa sua quando capisce che Adriana è davvero angosciata e potrebbe farsi del male, non solo, la convince a prendere appuntamento con uno psicologo per iniziare un percorso psicoterapico. I colloqui sono difficili per la disperazione che Adriana vive, potete immaginare cosa possa pensare degli uomini… All’inizio delle consultazioni spesso utilizzo il test del copione per capire meglio le dinamiche familiari della persona, utili per poi fare chiarezza su eventi dolorosi attuali e sulle modalità di reazione della persona stessa. Dal test che Adriana compila emerge qualcosa di opaco in riferimento al termine del periodo adolescenziale: le domande successive non portano luce su momenti importanti della sua vita verso i vent’anni. Al colloquio successivo Adriana di colpo è colta da un feroce mal di testa, non riesce più a parlare e deve tornare a casa… La seduta che segue è importante perché Adriana molto commossa mi racconta che verso i vent’anni ha dovuto abortire da sola e di nascosto dai familiari dopo che il ragazzo con cui stava l’aveva lasciata di colpo. Un momento doloroso in cui aveva già vissuto un forte mal di stomaco, insonnia per alcuni mesi e grande male alla testa. Tali sintomi “psicosomatici” si sono ripresentati al momento della separazione da Karim, con il vissuto emozionale di una violenza fatta da un uomo nei suoi confronti allora con l’essere costretta all’aborto ora con il tradimento. Concordiamo che Adriana debba parlare di quell’evento con i genitori, è un segreto troppo pesante da tenere dentro di se, un segreto che la fa sentire troppo in colpa. Rientra in Italia e ne parla con i suoi, e… da li a pochi giorni i sintomi “psicosomatici” si riducono e spariscono. Ovviamente il lavoro psicologico continua, un pò come un lutto che va elaborato lentamente, in un processo di “riparazione” perché Adriana possa tornare a “fidarsi” di un uomo. 

 

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Jeanne

 

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Philippe e Lucie sono i genitori di Jeanne una ragazza ventenne molto brava a scuola, introversa e creativa. Ha una passione per le lingue, desidera perfezionare il suo inglese e sta imparando giapponese e cinese.
Terminate le scuole superiori vuole andare a vivere e studiare in Inghilterra per sei mesi, poi trasferirsi in Cina per qualche anno.
Ha una storiella con Etienne ma di comune accordo decidono di lasciarsi dato che sono poco più che amici ed il giovane non accetterebbe mai una storia a distanza, poi in Cina…
I genitori sono contrari e preoccupati per il suo trasferimento in Cina, paese così lontano, consapevoli che sarà difficile potersi incontrare ma Jeanne è decisa a vivere tale esperienza.
In Inghilterra Jeanne comincia a mangiare poco, dice ai genitori che il cibo è cattivo e costoso.
La prima volta, dopo alcuni mesi, in cui i genitori vedono Jeanne a Cambridge sono molto colpiti, la ragazza è magra, con la pelle bianchissima e con poche forze. Lavora alla sera in un pub e studia in maniera ossessiva l’inglese per giungere ad un ottimo livello prima di partire per la Cina. Jeanne non sembra consapevole del suo stato di salute, non si percepisce magrissima ed attribuisce la stanchezza al lavoro pesante oltre allo studio. I genitori provano ancora a parlarle preoccupati del suo stato di salute ma Jeanne li rassicura, appena potrà partire per la Cina sarà più tranquilla e con un lavoro “normale” per cui il peso si aggiusterà da solo.
Philippe e Lucie rientrano a casa per nulla rassicurati, anzi ancor più in pensiero per la  loro figliola.
Visto che le loro parole non hanno sortito alcun effetto su Jeanne, coinvolgono Etienne l’ex ragazzo di Jeanne, anch’egli preoccupato per la ragazza, che magari potrà essere ascoltato.
Il giovane addirittura va a Cambridge con la scusa di un seminario per incontrare Jeanne.
I due si vedono e trascorrono del tempo assieme, gioiosamente e quasi in un “ritorno di fiamma” che li stupisce e rende contenti. Di tutto possono parlare ad eccezione della magrezza di Jeanne che è proprio argomento tabù. Al rientro Etienne non può che confermare la preoccupazione sua e dei genitori per lo stato di salute di Jeanne, assolutamente refrattaria ai temi del peso, cibo e corpo.
Etienne, che studia psicologia, indica ai genitori Soremax, con l’idea che possano parlare con noi e, magari, pensare qualcosa per aiutare Jeanne.
Ci incontriamo e quando stiamo per ipotizzare una qualche strategia veniamo presi in contropiede da un’improvviso fatto: Jeanne è ricoverata d’urgenza in ospedale per una seria intossicazione alimentare. I genitori ed Etienne volano in Inghilterra da Jeanne che è veramente in una brutta situazione. Non si capisce bene cosa e dove possa avere mangiato qualcosa da farla stare così male. Uno dei medici, ufficiosamente, pensa che Jeanne possa avere abusato di qualche farmaco per dimagrire, acquistato su Internet e poi mangiato schifezze…
Tant’è Jeanne dopo otto giorni in ospedale viene dimessa ed è costretta a tornare a casa con i genitori. Naturalmente Jeanne assicura di essere vittima di una intossicazione e nega la regolare assunzione di farmaci per dimagrire. I genitori sono esasperati e non sanno che fare, solo Etienne riesce ad avere un dialogo con Jeanne che, finalmente, gli confessa l’utilizzo di lassativi per tenere sotto controllo il peso dato che si percepisce grassa e gli chiede di mantenere il segreto con i genitori.
Ora Etienne si trova tra “l’incudine ed il martello”. È davvero in una situazione difficile ma, forte del “ritorno di fiamma” dei sentimenti con Jeanne, decide di affrontarla con decisione e le propone di intraprendere una psicoterapia di coppia con lei.
All’inizio Jeanne si oppone ma per non “perdere” Etienne acconsente a qualche colloquio di coppia. Lui propone Soremax con la promessa di non toccare il tema del cibo, ma affrontare le loro dinamiche di coppia. Jeanne acconsente, anche se molto “tiepida”. Come promesso lavoriamo sulla loro relazione di coppia e sui rispettivi sentimenti. Appare innegabile nello sviluppo dei colloqui che la relazione dei due ragazzi ora è certo molto più solida e positiva.
Jeanne accetta di continuare i colloqui di coppia consapevole che ora occorre affrontare anche la sua sofferenza legata al mangiare, senza girare attorno al tema.
Non è facile per Jeanne, ma il sostegno e l’affetto di Etienne fanno la differenza…
Come sempre affianchiamo al lavoro psicologico, in questo caso di coppia, l’atelier sensoriale-gustativo per un recupero del “piacere” del cibo che per Jeanne è solo tormento e paura per le calorie assunte che per lei significano prendere peso e diventare grassa.
L’atelier di Soremax consente di “scoprire” nutrimenti, abbinamenti ed il quinto gusto l’umami senza calcolare calorie e zuccheri. Per Jeanne tutto ciò è sorprendente ma si accinge di buon grado a seguire la nostra proposta.
Jeanne ha messo qualche chilo di peso ed è sempre molto legata ad Etienne, stanno pensando di andare a vivere assieme e (forse) sposarsi. Per quanto riguarda la Cina al momento il progetto è spostato nel tempo ed eventualmente vedrà i due ragazzi andare assieme…

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Isabelle

  

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Isabelle
ricorda che sin da ragazzina è stata “in carne”, terribile espressione per dire grassa.
Siccome era simpatica e generosa i compagni di classe la coinvolgevano sempre nei loro giochi ma nell’attività fisica era in grande imbarazzo. Impacciata e goffa, si era fatta fare dal medico un certificato per non svolgere ginnastica a scuola come le altre ragazze.
In adolescenza per qualche anno aveva perso peso ed era proprio contenta, aveva avuto per due anni un flirt con un ragazzo, poi di colpo lui era sparito. Non solo, il ragazzo si era messo con una sua amica. Risultato: aveva perso amica e ragazzo. Da allora si era rifugiata nel cibo, aveva sempre voglia di sgranocchiare qualcosa, soprattutto dolci, pur sapendo che le facevano male.
I genitori le avevano tentate tutte, con le buone e con le cattive: diete, controlli medici e ginnastica, invano. Una serie di colloqui con uno psicologo avevano attenuato la “fame” di Isabelle, ma lei aveva deciso di interrompere le sedute.
Ora Isabelle è una giovane donna di 26 anni, ha studiato informatica, sua passione, e lavora in una grande azienda. Ha praticamente provato tutte le diete possibili, all’inizio riesce a perdere peso ma nel giro di uno-due mesi perde il controllo e riprende il peso con in più delusione e rabbia per lo scacco subito.
É stata anche ricoverata presso un centro specializzato ma ha interrotto il programma di cura dopo tre settimane perché si sentiva “in prigione”.
Vive ancora con i genitori (è figlia unica) ed i rapporti familiari sono buoni.
Il cruccio dei genitori è vederla da sola senza un compagno, lei che è una ragazza cosí brava e sensibile. Ha avuto una relazione con un collega di lavoro, anch’egli sovrappeso e così ci dice Isabelle: “Abbiamo lo stesso cruccio, non ci piacciamo ma stare soli è doloroso”. La storia va avanti tra alti e bassi per un paio di anni poi il ragazzo si trasferisce in una sede estera dell’azienda.
É uno choc per Isabelle, lui le assicura che anche a distanza la loro storia potrà continuare ma lei ha una bruttissima sensazione. Inizialmente riescono a vedersi almeno una volta al mese poi le cose si fanno difficili. Il ragazzo si allontana sempre più sino a quando Isabelle in un momento di rabbia decide di chiudere la storia. Lui “sparisce” e conferma ad Isabelle che la storia era finita già da tempo, purtroppo. Gli effetti di questa rottura sono molto pesanti per Isabelle: prende ancora peso, dorme male e spesso la sera beve dei superalcolici per… aiutarsi a dormire.
Le giornate di Isabelle sono tutte uguali, si alza, va al lavoro, rientra e mangia. Il sabato e la domenica guarda delle serie televisive e… mangia.
I genitori sono disperati perché Isabelle sembra essersi “lasciata andare”, non ha interesse per nulla, non vede persone e mangia, mangia… La costringono “obtorto collo” a consultare un nutrizionista (uno dei tanti) che però ha con lei un approccio diverso. Anziché parlare di diete, cibi ed abbinamenti, le propone il test PCS che noi di Soremax abbiamo preparato: una serie di venti domande volte a conoscere il rapporto tra le emozioni ed il cibo. Infatti pensiamo che se non si parte dall’intima connessione tra il mangiare e le nostre emozioni non ha senso parlare di calorie, zuccheri e nutrienti…
Il test incuriosisce un pò Isabelle, stupita che il nutrizionista non le prescriva una dieta (che lei sa bene non funzionerà). I dati del test evidenziano aspetti emozionali legati al senso di abbandono ed una profonda nostalgia. Questi elementi vanno ovviamente inseriti e compresi nella storia di Isabelle, per cui il nutrizionista le suggerisce un incontro con Soremax con la promessa che non si parlerà assolutamente di cibo e diete.
Con questa rassicurazione Isabelle ci incontra. Il colloquio è difficile, Isabelle è sfiduciata ed arrabbiata con il mondo e, soprattutto, con se stessa. Riusciamo a concordare altri appuntamenti volti a capire l’origine dei suoi sentimenti di abbandono e nostalgia. Poco alla volta emerge il profondo dolore per un trasferimento quando aveva otto anni, da un paesino tranquillo alla grande metropoli, che Isabelle ha vissuto malissimo. Non ne aveva mai parlato con suoi genitori per non preoccuparli ma si sentiva proprio perduta, senza le sue amichette di scuola. Ad un certo punto della seduta si ricorda che rubava dei soldini in casa per comperare di nascosto delle merendine che mangiava a scuola. Il cibo per lei cominciava ad essere un “ansiolitico”, le permetteva di vivere senza percepire troppo dolore. Passiamo poi al doloroso capitolo degli abbandoni dei ragazzi che ancora la fanno soffrire enormemente. Ci dice che il vuoto che percepisce può essere colmato solo con il cibo, che la riempie e stordisce al contempo.
Verbalizzare questi aspetti è l’inizio del lavoro psicologico per Isabelle, ma occorre affrontare “di petto” il totale disordine alimentare della giovane.
Isabelle ci aveva raccontato che talvolta mangiava dei cibi ancora parzialmente surgelati, tanto per riempire, non per nutrirsi!
Come Soremax utilizziamo gli aspetti sensoriali-gustativi del cibo per un approccio più sano al cibo stesso, slegati dalla conta delle calorie o da altri aspetti “tecnici” dell’approccio all’alimentazione che sappiamo essere troppo spesso fallimentari per le diete di queste persone.
Sapore, colore, piacere, gusto e umami (il quinto gusto) sono gli assi di lavoro di Soremax per approcciare il cibo come un piacere, un ritrovato desiderio di assumere ciò che ci piace e fa bene.
In parallelo alle sedute psicologiche Isabelle viene “accompagnata” a fare la spesa, conoscere i vari alimenti, abbinarli ed apprezzarne profumo e gusto (per lei totalmente estranei).
È un lavoro delicato da fare assieme a noi di Soremax, per permettere ad Isabelle di acquisire consapevolezza di sé nella riscoperta del cibo come piacere e non “nemico” o veleno.
Isabelle è poi stimolata a recuperare un minimo di vita sociale, incontrare persone e non passare i fine settimana davanti alla televisione…
Sapendo che le piacciono gli animali la convinciamo ad offrirsi come volontaria presso un’Associazione. Dapprima esita poi si convince e inizia a partecipare alle attività di raccolta fondi ed a seguire alcuni cagnolini abbandonati ed in carico all’Associazione stessa.
Non passa neanche un mese ed un bel setter (abbandonato) “la sceglie” ed Isabelle decide di portarlo a casa. I genitori sono contrari, non hanno mai avuto animali in casa e la madre ha paura dei cani! Breve battaglia casalinga ed, ovviamente, il setter ora è ben piazzato in casa ed è la gioia di tutti e tre per la sua dolcezza e giocosità.
Il lavoro continua, Isabelle è consapevole che questo è solo l’inizio di un percorso che potrà fare accompagnata da Soremax ma che esige (responsabilmente) che lei contribuisca al buon esito finale, senza sentirsi in colpa, “sbagliata” o malata…

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Löic


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Löic è un ragazzo trentenne che lavora in un’agenzia immobiliare da molti anni.
É apprezzato e ben visto dal titolare e dai colleghi per la sua professionalità e correttezza.
Tiene molto al suo aspetto e veste sempre con grande gusto ed attenzione ai dettagli, che siano una certa scarpa, una camicia o una giacca elegante.
Piuttosto riservato non ama parlare della sua vita extra lavorativa e raramente partecipa ad aperitivi tra colleghi. Racconta però spesso di viaggi avventurosi in luoghi bellissimi con piccoli gruppi di partecipanti. In agenzia i colleghi non sanno se Löic ha una ragazza o se, magari, è così riservato perché non vuole far sapere che è gay.
Tant’é, Löic lavora con ottimi risultati ed un buon guadagno, più che meritato.
Un giorno un suo collega intravvede sul suo tavolo di lavoro un farmaco utilizzato per perdere peso.
Ingenuamente chiede perché ne fa uso, dato che Löic è sicuramente in forma e certo non ha del grasso addosso.
Löic appare molto contrariato dalla domanda, non sa bene cosa rispondere ed appare piuttosto aggressivo con il collega.
Altri colleghi, casualmente, assistono alla scena e cercano di pacificare l’atmosfera ma Löic è molto scosso, risentito e di colpo esce dall’agenzia tra lo stupore dei colleghi.
Martine, una sua collega, dispiaciuta per quanto accaduto, lo segue per rassicurarlo ma viene respinta e si ritrova investita di parole sgradevoli…
In agenzia rimangono tutti colpiti e dispiaciuti dall’accaduto, è un fulmine a ciel sereno.
Il giorno successivo Löic non va al lavoro, si da malato e non risponde alle telefonate del capo e dei colleghi. Anzi, resta “in malattia” per una settimana con i colleghi sempre più sconcertati e dispiaciuti.
Quando rientra al lavoro nessuno fa cenno all’accaduto, ovviamente nemmeno lui.
Martine, che lo aveva seguito fuori dall’ufficio, non riesce a fare finta di nulla e “dolcemente” gli parla per capire qualcosa ed offrire la sua sincera amicizia.
Si vedono alla sera in un bar e Löic con gli occhi umidi le dice che sta molto male e non vuole mostrarsi bisognoso agli altri ma non ce la fa più e scoppia a piangere.
Martine è molto scossa ed ora comprende la grande sofferenza sempre nascosta di Löic. Con grande delicatezza attende che Löic prosegua per dare conto del motivo di tanta angoscia e dolore: apprende così che il giovane è anoressico da tanti anni, mangia sempre le solite due o tre cose e non sgarra mai. Non solo, va molto spesso in palestra per bruciare calorie e da qualche settimana è riuscito a farsi prescrivere da un medico dei farmaci per “dimagrire” visto che si percepisce grasso !
Appare chiaro ora il motivo dei comportamenti “bizzarri” di Löic, il segreto che cercava di mantenere in ufficio ed il suo essere sempre “controllato” e algido.
Martine si preoccupa per Löic e si offre di dargli delle indicazioni per potere accedere a colloqui o gruppi per affrontare la sua sofferenza che gli distrugge la vita.
Martine su internet trova Soremax che gli pare possa essere un’occasione per Löic di iniziare ad affrontare il suo dolore e la sua sofferenza aiutato da altre persone.
Löic giunge al colloquio accompagnato da Martine, che si rivela davvero amica e vero sostegno per il ragazzo.
Colpisce sin da subito che Löic mangi due o tre alimenti, totalmente inadatti a fornirgli vitamine, calorie e nutrimento necessario ad un giovane uomo. Parla di se come grasso e sempre alla ricerca di un modo per perdere peso sia con la ginnastica che con la dieta da “prigioniero di guerra” ed ultimamente con i farmaci che gli danno effetti collaterali come forti mal di testa.
É una situazione davvero complessa ma in qualche modo ora Löic ha rotto il suo segreto con Martine che è ben decisa a fare qualcosa per il collega che sente umanamente fragile e bisognoso.
Il nostro approccio in questo caso privilegia l’aspetto del nutrimento, del cibo, che per Löic è veleno, rifiuto, rischio di ingrassare per lui che già si percepisce sovrappeso.
Il test PCS che gli proponiamo ci da molte informazioni a cavallo tra gli aspetti psicologici e le emozioni rispetto all’assumere certi alimenti o meno.
È un primo approccio che ci aiuta a proporre a Löic di imparare a conoscere il cibo nell’aspetto di sapore, colore, profumo, abbinamenti e modo di cottura per ritrovare ricordi ed emozioni ben fissate nella sua mente sia negli aspetti negativi che positivi.
Un primo passo per cercare di mettere ordine in un “disordine” totale di Löic rispetto al cibo, senza contare calorie e zuccheri ma valorizzando gli aspetti sensoriali nell’atto del mangiare.
Löic è molto perplesso ma consapevole che si trova in un vicolo cieco e deve fare qualcosa e dare fiducia a qualcuno.
Nel giro di qualche mese Löic inizia ad assaporare cibi che non mangiava da anni, abbandona i farmaci “per dimagrire” e riesce a ridurre l’ossessione per l’attività fisica in palestra.
Il lavoro sensoriale sul cibo è affiancato dalle sedute psicologiche per dare parola alla sua angoscia e sostenerlo nel difficile percorso che ha intrapreso, consapevole che se si arriva “sul fondo del bidone” non si può che risalire!
Utilizziamo altri test psicologici per avere elementi riferiti alle vicende familiari, alla storia di Löic, per aiutarlo a rivedere e riconoscere l’origine della sua sofferenza nascosta per così tanti anni agli altri.
Il lavoro è in corso, Martine è sempre molto vicina a Löic e di vero sincero supporto. I più “maligni” dicono che i due hanno iniziato una storia, si vedono assiduamente e fanno coppia fissa…


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Céline e Carla

  

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Celine, una ragazza diciassettenne ci consulta dato che è molto preoccupata per la sorella minore di  due anni, Carla, che da alcuni mesi mangia molto poco e svogliatamente. Celine poi scopre che Carla nasconde del cibo nella stanza, cibo che poi getta via senza farsi accorgere. Le due sorelle vanno molto d’accordo e sono complici in quello che fanno. Carla chiede a Celine di non dire nulla del suo mangiare ai genitori, di mantenere il segreto.
Genitori che parlano poco con le loro figliole, sono entrambi lavoratori per non fare mancare nulla in casa, soprattutto il padre che fa degli extra lavorativi per consentire un tenore di vita più elevato a tutti loro.
Ovviamente Celine è combattuta tra il rispettare il volere della sorella e la preoccupazione per un comportamento che sa potenzialmente pericoloso.
Per molti mesi le cose vanno avanti cosí sino quando una sera Carla rientra a casa ubriaca.
I genitori non sembrano fare molto caso a Carla mentre Celine è estremamente preoccupata per la sorella e non sa bene cosa fare.
Soprattutto é stupita per il fatto che i genitori non sembrano vedere nulla, parlano poco con le ragazze e sembrano tenere solo al loro rendimento scolastico, che per la cronaca è ottimo per entrambe.
Celine chiede un colloquio all’infermiera della scuola (che entrambe le ragazze frequentano) per avere un consiglio e capire meglio come comportarsi con Carla. L’infermiera si offre di incontrare in modo riservato Carla per parlare assieme e tentare di affrontare la sua sofferenza.
Carla si rifiuta, anzi è arrabbiata con Celine che in qualche modo ha “rotto” il segreto che le aveva chiesto di mantenere.
Celine quindi si ritrova al punto di partenza, non sa che fare e Carla ora è arrabbiata con lei per avere parlato della sua sofferenza ad un “estraneo” a scuola.
Carla poi peggiora, mangia sempre meno e fa esercizi di step per bruciare calorie, nella quasi totale indifferenza dei genitori.
Celine non riesce più a fare finta di nulla, si scontra con i genitori mentre Carla è fuori casa e li accusa di essere totalmente ciechi e sordi allo stare male di Carla ed anche alla sua enorme preoccupazione dato che sembra l’unica consapevole di quanto accade in famiglia!
Su consiglio dell’infermiera della scuola Celine contatta Soremax per avere aiuto.
La incontriamo ed è veramente preoccupata (ed arrabbiata) dato che sente di essere lei “genitore” di Carla con i veri genitori che sembrano ben poco consapevoli di quanto accade in famiglia.
La situazione è complicata, Celine si ritrova in mezzo ma non si sente di voltare la testa mentre la sorella deperisce a vista d’occhio con i genitori “assenti” e irresponsabili.
Con il suo assenso le proponiamo di convocare i genitori per esprimere la preoccupazione di Celine per Carla e capire quanto siano in grado di cogliere ció che accade in famiglia, la sofferenza della figliola minore ed il rischio di una condotta anoressica per una ragazza adolescente. Il padre si rifiuta di incontrarci, solo la madre si presenta ma in modalità “molto difesa”.
Con grande attenzione e delicatezza cerchiamo di capire quanto la madre sia consapevole della sofferenza di Carla e scopriamo (!) che anche la signora era stata anoressica per un lungo periodo a cavallo tra l’adolescenza ed i primi anni del matrimonio. Erano seguite feroci litigate con il marito per via della sua anoressia con il rischio di una separazione se lei non avesse preso del peso e regolarizzato le mestruazioni per restare incinta. In questo modo “forzato” la madre aveva preso peso ed era nata Celine e dopo due anni Carla. Il marito con il suo modo semplice e razionale aveva sempre pensato che non mangiare era una mania delle donne per restare magre, in linea.
I colloqui successivi sono molto più “autentici”, la signora mostra di comprendere bene Carla e la sua sofferenza che ha conosciuto bene ed in prima persona tanti anni prima. Ci dice anche che spesso ha tentato con il marito di parlarne ma lui non vuole sentire nulla dato che basta volere e si mangia, si prende peso senza creare caos in famiglia.
Anzi il marito accusa la moglie di avere “contagiato” la figliola con questa storia dell’anoressia.
Il quadro familiare é molto complesso e difficile da affrontare, tenuto conto che Carla ora capisce che tutti sono al corrente del suo non mangiare ed è parecchio angosciata ed arrabbiata.
Per potere continuare il nostro lavoro dobbiamo contare sul minimo di “alleanza terapeutica” che possiamo instaurare con la mamma, che conosce bene la sofferenza anoressica e in qualche modo ha già cercato di proteggere la figlia pur in modo ambivalente.
Dobbiamo incontrare la signora molte volte per rassicurarla che nessuno ha intenzione di colpevolizzarla per quanto avviene in casa, anzi lei al momento è l’unica persona in grado davvero di aiutare Carla dal suo ruolo di genitore. Va da se che la signora deve affrontare il marito e “costringerlo” almeno ad un incontro con Soremax.
Pur con fatica l’appuntamento si concretizza e, inaspettatamente, Carla vuole essere presente, per “…Dire la sua in prima persona”.
Incontro molto teso come è possibile immaginare, Carla esplode più volte ed attacca il padre e già che c’è anche la madre… La madre poi si decide a parlare alle figliole della sua anoressia prima della loro nascita, nella sorpresa soprattutto di Carla.
Ci tocca fare da “arbitri” del match nella speranza di potere ottenere un minimo di consapevolezza da parte di tutti, passata l’arrabbiatura dei membri della famiglia. Siamo indecisi se proporre altri incontri “tutti assieme” o separati. Decidiamo di giocare il tutto per tutto e vedere la famiglia al completo, genitori e figlie. Il padre si sente “attaccato” dalle sue tre donne e reagisce dicendo che se ne sarebbe andato via di casa.
In effetti va dal fratello per qualche giorno ma non riesce a stare lontano dalla moglie e dalle figliole perché si sente perduto, solo e mutilato!
L’angoscia che prova nello stare lontano dalle “sue donne” lo costringe a tornare ai colloqui familiari ben più disposto ad ascoltare. Soprattutto capire che non mangiare non è per “tenere la linea” ma nasconde emozioni e dolore per chi ne soffre. É un punto di partenza per il padre che rientra a casa accolto con tenerezza dalle “sue donne” che vogliono capisca quanto lui è importante per tutta la famiglia ma ugualmente “deve” ascoltare e parlare con loro di emozioni, desideri e difficoltà senza chiudersi a riccio.
Il lavoro di consapevolezza è in corso, la madre ora può essere molto più vicina a Carla, Celine torna a fare la figlia ed il padre sa quanto è “importante” nella sua famiglia.

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