A proposito di bullismo...


© Ordine Psicologi della Lombardia

L’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha avviato, a partire dal 2016, un progetto specifico volto alla promozione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC) all’interno e all’esterno della comunità professionale degli psicologi, ritenendo che la stessa possa rappresentare uno strumento fondamentale per comprendere ed esercitare al meglio la professione in tutte le sue declinazioni, in particolare con bambini e adolescenti. Partendo dalle riflessioni inerenti la conoscenza della CRC, alla luce dei principi del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani e sulla scia della salienza contingente di alcune emergenze sociali attuali, è nata l’idea di approfondire, in un quadro normativo, clinico e trasversalmente centrato sulla promozione e prevenzione nell’ambito dei diritti umani, i fenomeni di bullismo e cyberbullismo. L’obiettivo di questo opuscolo, nonché del lavoro che ha visto la creazione di un decalogo ad hoc, “Decalogo per gli adulti per battere il bullismo”, è di creare strumenti semplici e comprensibili di sensibilizzazione e divulgazione professionale su queste tematiche, rilevanti sul piano professionale e impattanti sul piano sociale e di violazione dei diritti. Le domande basilari da cui siamo partiti sono: la categoria degli psicologi è pronta ad affrontare questa nuova sfida offrendo una risposta professionale consapevole e competente su tutti i piani? Come può il Codice Deontologico ispirare un’azione professionale corretta e coerente e al contempo integrata in un sistema di protezione più ampio? Quanto è conosciuto il lavoro dello psicologo nelle sue declinazioni specifiche? Quanto bisogno c’è, ancora, di definire standard e omogeneità a livello della società e della comunità professionale? Alcune risposte iniziali sono contenute in questo opuscolo e si inseriscono nel solco di un grande movimento ordinistico che a partire dal 2014 è nato in Lombardia e si è inserito in una più ampia azione che a livello italiano e mondiale orienta verso un’integrazione necessaria fra l’azione professionale in chiave deontologica e un’educazione di massa ai diritti e al diritto per tutte le professioni sanitarie e sociali. Riccardo Bettiga Psicologo psicoterapeuta Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia Le prevaricazioni e i soprusi, spesso perpetrati di fronte a colludenti spettatori e molte volte connotati da violenza e umiliazione, sono un problema che esiste da sempre fra i giovani e che ne caratterizza in negativo alcune fasi dello sviluppo. A scopo descrittivo basti ricordare la perfetta caratterizzazione letteraria, divenuta stereotipica, di Franti, contenuta nel libro Cuore. Negli anni però le dinamiche sociali, le caratteristiche individuali e con esse il fenomeno stesso hanno cambiato forma e diffusione trasformandosi in quelli che oggi riconosciamo specificatamente come atti di bullismo e cyberbullismo. La platea dei potenziali spettatori è aumentata, è cresciuto il fenomeno del disimpegno morale ed è aumentato enormemente il valore sociale dell’immagine e dell’identità costruita nel mondo virtuale. Così, quelli che erano soprusi, si sono trasformati sempre più in devastanti traumi identitari. Proprio parlando di ciò, ricordiamo la prima vittima riconosciuta di cyberbullismo, Carolina Picchio, e la prima legge sul cyberbullismo, L. 29 del maggio 2017, n. 71, entrata in vigore il 18 giugno 2017. Tale norma definisce per la prima volta il ruolo della scuola nelle attività di prevenzione e promozione e, pur in un’ottica parziale, apre all’attenzione del legislatore il problema legato a questi fenomeni. Una buona parte del lavoro degli psicologi e di tutti gli operatori che si occupano di disagio infantile e adolescenziale si interfaccia necessariamente con differenti forme di violenza. Il fenomeno del bullismo però è differente, è una violenza che intacca dimensioni sempre più ampie e complesse della vita dei ragazzi e le professioni coinvolte devono quindi avere competenze sempre più elevate all’interno dei processi di presa in carico tanto delle vittime quanto del bullo, tanto nella fase preventiva quanto in quella valutativa e nell’intervento. Tale complessità clinica ci fa capire che oggi non si può pensare di lavorare senza l’inserimento di uno psicologo professionista all’interno delle reti di prevenzione e promozione del bullismo. L’intervento psicologico, infatti, si configura come una risorsa preziosa e utile per comprendere il fenomeno, ma anche per supportare la rete di protezione e le istituzioni nella stesura di progetti preventivi e di interventi professionali complessi, trasversali dall’intimità individuale alla realtà sociale più estesa. Secondo Amnesty International il bullismo è una violazione dei diritti umani, poiché lede la dignità di chi lo subisce ed è contrario ai principi fondamentali quali l’inclusione, la partecipazione e la non discriminazione. La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) è il primo strumento di tutela internazionale a sancire le diverse tipologie di diritti umani: civili, culturali, economici, politici e sociali. I quattro principi fondamentali devono orientare leggi, interventi e contesti che coinvolgano le persone da zero a diciotto anni. L’Italia ha ratificato la CRC nel 1991, legge 176. Nello studiare il fenomeno del bullismo diretto e indiretto-relazionale nelle sue molteplici manifestazioni e nell’analizzare i singoli casi è importante ragionare in termini di violazione e tutela dei diritti, tenendo conto dei principi enunciati nella CRC, che sono fortemente interagenti, considerando tutti i soggetti coinvolti che concorrono a costruire i contesti di discriminazione, violazione dei diritti e cristallizzazione dei ruoli. I quattro principi fondamentali della Convenzione da tenere sempre in considerazione sono: 

• Principio di non discriminazione art. 2, impegna gli Stati membri ad assicurare i diritti enunciati a tutti i minori, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione del bambino e dei genitori. 

• Superiore interesse del bambino, art. 3, prevede che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, l’interesse superiore del bambino debba essere una considerazione preminente. 

• Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo, art. 6, prevede il riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sopravvivenza e lo sviluppo fisico e psicologico. 

• Ascolto delle opinioni del bambino, art.12 prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardano. L’attuazione del principio comporta il dovere, per gli adulti, di ascoltare il bambino tenendone in considerazione le opinioni. La CRC considera l’ascolto delle opinioni anche in base all’età. 

 


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